È il principio di diritto contenuto nella sentenza della Corte di cassazione n. 4505 del 21 marzo.
Il fatto
La vicenda della sentenza in esame è quella di un consorzio di ricerca che aveva presentato all’ufficio finanziario richiesta di rimborso del credito Iva maturato nell’anno, il quale veniva negato non già sul presupposto dell’inesistenza della ragione di credito vantata, quanto perché, sussistendo una contrapposta e contestata ragione di credito erariale, l’Amministrazione ha disposto il "fermo amministrativo" del rimborso previsto dall’articolo 69, ultimo comma, della legge di contabilità generale dello Stato di cui al regio decreto 2440/1923.
La sospensione del pagamento veniva impugnata dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, che la accoglieva, con analogo esito anche in secondo grado, cui seguiva contestazione in sede di legittimità.
Il giudice a quo era pervenuto a tale conclusione considerando del tutto illegittimo il fermo amministrativo adottato dall’ufficio, peraltro con "chiaro intento persecutorio". Invece, l’ente impositore, nel denunciare violazione dell’articolo 69 richiamato, sostiene che le ragioni del fermo risiedono semplicemente nella sussistenza nei confronti del contribuente di "controcrediti relativi ad altre annualità".
La decisione
La Corte di cassazione accoglie appieno il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sancendo che deve ritenersi legittimo il diniego di rimborso di Iva da parte dell’amministrazione finanziaria, in dipendenza dell’adozione di provvedimento di fermo amministrativo delle somme pretese in restituzione, in ragione della pendenza di controversie tra le parti su rettifiche relative ad altre annualità d’imposta.
Il provvedimento di sospensione del pagamento previsto dall’ultimo comma dell’articolo 69 del regio decreto 2440/1923, costituisce, infatti, una misura cautelare, espressione del potere di autotutela, rivolto a sospendere, in presenza di una ragione di credito della pubblica amministrazione, un eventuale pagamento dovuto, a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dello stesso con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che l’amministrazione abbia, ovvero pretenda di avere, nei confronti del suo creditore. L’adozione del provvedimento richiede, pertanto, soltanto il fumus boni iuris della ragione di credito vantata dall’Amministrazione – da intendere come non irragionevolezza della pretesa stessa – restando, invece, estranea alla natura e alla funzione del provvedimento qualsiasi considerazione di un eventuale periculum in mora, senza che detta disciplina ponga dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. Si tratta, pertanto, di uno strumento, eccezionalmente attribuito all’amministrazione obbligata, atto a differire, in via provvisoria e fino all’eventuale estinzione – totale o parziale – del debito per compensazione, il soddisfacimento di un credito liquido ed esigibile: tale facoltà costituisce indubbia espressione di un potere autoritativo, con funzione di autotutela cautelare, comportante l’affievolimento, sia pur temporaneo, del diritto di credito del privato (Cassazione 1733/2002 e 15382/2002, Corte costituzionale 67/1972).
Occorre considerare che, sulla questione, la giurisprudenza non è sempre stata uniforme. Infatti, l’orientamento opposto a quello prevalente ha affermato che, in tema di rimborsi Iva, l’articolo 38-bis del Dpr 633/1972, prevede, oltre che un’ipotesi di sospensione dell’esecuzione dei rimborsi, in presenza di contestazioni penali, anche un sistema di garanzie che assolve specificamente la funzione di tutelare l’interesse dell’Erario all’eventuale recupero di quanto dovesse risultare indebitamente percepito dal contribuente. Tale disposizione, introducendo una specifica garanzia a favore dell’Amministrazione, "preclude pertanto l’applicazione a detti rimborsi dell’istituto del fermo amministrativo, previsto dall’art. 69 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440" (sentenza n. 27265/2006). Dette conclusioni non sono state condivise (Cassazione 9853/2011), in quanto si tratta di garanzie aventi funzioni diverse: quella apprestata dall’articolo 38-bis del Dpr 633/1972 garantisce per l’ipotesi che il credito al rimborso sia insussistente, mentre quella prevista dall’articolo 69 del regio decreto 2440/1923, garantisce la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti dell’amministrazione.
La Suprema corte è giunta anche ad affermare che l’Amministrazione finanziaria non può sospendere il rimborso dell’imposta in attesa della definizione del giudizio tributario (su debiti e crediti del contribuente) se prima non ha adottato un fermo amministrativo sui beni del contribuente (sentenza 23601/2011).
Si ricorda infine che il pagamento del rimborso può essere sospeso anche se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione, ancorché non definitivo, come previsto dall’articolo 23 del Dlgs 472/1997.