Gli uffici locali competenti all’accertamento possono chiedere, con istanza motivata al presidente dalla Ctp, l’adozione di misure cautelari, in presenza di violazioni tributarie accertate di cui è provato il fondamento (fumus boni iuris) e in relazione alle quali sussista il fondato timore di perdere la garanzia del connesso credito erariale (periculum in mora). La norma che lo prevede, l’articolo 22 del Dlgs 472/1998, è stata sfruttata dall’ufficio di Firenze 2 per ottenere dalla Commissione tributaria provinciale del capoluogo toscano (decreto n. 17/10/09 del 19 febbraio 2009) il sequestro conservativo dei conti correnti di un contribuente che non risultava possedere alcun immobile e che, anzi, tendeva a "spossessarsi" dei propri beni e nei cui confronti, mediante indagini finanziarie, erano stati emessi avvisi di accertamento per più anni di imposta e per importi rilevanti.
L’indagine e la richiesta dell’ufficio
Ad avviso dell’Agenzia, nel caso sottoposto all’attenzione della Commissione sussistevano tutti i presupposti indicati all’articolo 22 del Dlgs 18 dicembre 1997, n. 472, per la concessione delle misure cautelari (fumus boni iuris e periculum in mora), considerata:
– la circostanziata motivazione dell’evasione perpetrata
– l’entità degli importi da recuperare a tassazione.
Quanto al fumus, la posizione del contribuente era stata segnalata dall’ufficio al fine di un controllo fiscale per gli anni 2002, 2003 e 2004, in quanto:
da interrogazioni alla base informativa dell’Anagrafe tributaria risultava aperta un’attività imprenditoriale, esercitata in forma individuale a partire dal 1996
lo stesso contribuente risultava socio di altre due società
nonostante ciò, il contribuente, negli anni in questione, non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi.
L’ufficio, allora, provvedeva a un controllo complessivo della posizione del contribuente, riscontrando anche che:
le società di cui risultava socio avevano presentato dichiarazioni dei redditi con quadri relativi al reddito di impresa vuoti o con ricavi pari a 1 euro
il contribuente risultava procuratore di un’altra società e rappresentante legale di altre cinque
a partire dall’anno 2002 aveva messo in atto solo movimenti di cessione di beni (tra cui alcuni immobili)
da interrogazioni al sistema informativo del Catasto, non risultava più proprietario di alcun immobile
risultava infine anche proprietario di un’imbarcazione a motore.
A seguito delle sopra citate indagini finanziarie, sulla base della documentazione reperita, l’ufficio notificava l’invito con la richiesta di presentarsi, ai sensi degli articoli 32, comma 1, n. 2, del Dpr 600/1973, e 51, comma 2, n. 2, del Dpr 633/1972, per fornire le necessarie delucidazioni circa la provenienza, in caso di versamento sul conto, e di destinazione, nell’ipotesi di prelevamento dallo stesso, delle somme registrate sui conti correnti identificati.
Nella data indicata nell’invito, però, il contribuente non si presentava.
Dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, l’ufficio era legittimato, ai fini delle imposte sui redditi, a determinare il reddito di impresa/lavoro autonomo del contribuente come somma dei movimenti bancari, per i quali la parte non aveva fornito alcuna dimostrazione giustificativa.
Ai fini poi della ricostruzione del reddito, considerata la mancata esibizione da parte del contribuente delle fatture di acquisto, era comunque riconosciuta una percentuale di incidenza a titolo di costi deducibili. Infatti (come indicato nella circolare 32/2006, punto 5.5.), per la determinazione del reddito da parte dell’impresa o di reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni, si presuppone "la imprescindibile esistenza di un costo a cui corrisponde l’investimento che ha generato il ricavo (compenso), atteso che diversamente opinando siffatta determinazione si rivelerebbe confliggente con il principio di capacità contributiva di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione". Tale riconoscimento, tuttavia, restava escluso ai fini Iva, poiché nel meccanismo di tale tributo la base imponibile è costituita dall’insieme dei soli corrispettivi dovuti al cedente o al prestatore (Cassazione, sentenza 7973/2001).
Alla luce di tutto quanto sopra evidenziato, l’ufficio richiedeva l’applicazione di misure cautelari.
Il fumus e il periculum in mora
Relativamente al fumus, si fa del resto in questi casi riferimento all’attendibilità o sostenibilità della pretesa tributaria, cioè all’esistenza di un atto o documento dai quali risultino ragionevolmente e adeguatamente motivate le violazioni alle norme fiscali che danno origine alla pretesa.
Per quanto riguarda il periculum in mora, esso deve essere inteso invece come il fondato pericolo di perdere la garanzia del credito, poiché, ad esempio, il contribuente non offre garanzie idonee per il soddisfacimento della pretesa tributaria.
Ai fini della concessione delle suddette misure, il requisito del periculum in mora può desumersi sia da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza patrimoniale del debitore, sia da elementi soggettivi, inerenti al comportamento del medesimo (Cassazione, sentenze 2672/1983, 902/1990, 6460/1996, 2139/1998, 6042/1998).
La decisione della Ctp
La Commissione tributaria provinciale di Firenze ha accolto in pieno l’istanza dell’ufficio, riconoscendo che "in merito alla sussistenza dei presupposti normativi è peraltro perfettamente configurato il fumus boni iuris, in considerazione del solo fatto che l’Agenzia delle Entrate ha fondato la propria richiesta su un accertamento dettagliatamente motivato, visto anche che la legge individua tale tipo di atto espressamente come…atto idoneo a legittimare la chiesta cautela…".
Quanto al periculum, poi, la Ctp ha concluso che "nel procedimento di adozione delle misure di tutela cautelare del credito erariale…il legislatore ha voluto…predisporre un insieme di strumenti di garanzia privilegiata a favore dell’Amministrazione Finanziaria di fronte al pericolo che nelle more dell’emissione di un atto impositivo o dell’emissione della relativa cartella il contribuente possa compiere atti dispositivi del proprio patrimonio, o nell’eventualità che l’Amministrazione debba concorrere con terzi debitori per rivalersi sul patrimonio del debitore … Nella pluralità delle misure adottabili, la dottrina ha quindi individuato due elementi concorrenti per verificare il periculum in mora: uno statico ed oggettivo, dato dalla consistenza del patrimonio del debitore rispetto all’entità del credito vantato dall’Amministrazione, un altro dinamico e soggettivo consistente nei comportamenti indicativi della volontà del contribuente di disperdere il proprio patrimonio e, per l’effetto, pregiudicare l’assolvimento del proprio debito. Secondo dottrina dominante, peraltro, il periculum sarebbe realizzato dalla sussistenza anche di uno solo dei suindicati elementi".
Secondo la Commissione adita, quindi, nel caso di specie, sussistevano senza dubbio i presupposti per la concessione delle misure cautelari e quindi, "ritenuto che il ritardo nell’adozione del vincolo richiesto potrebbe pregiudicare irrimediabilmente le ragioni del fisco", ha autorizzato il sequestro conservativo dei conti correnti del contribuente oggetto di accertamento.
Fisco Oggi