L’eliminazione della licenza d’esercizio per l’utilizzo del servizio radiomobile disposta dall’articolo 218 Dlgs 259/2003 non esclude l’obbligo del pagamento della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti relativi ai telefonini prevista dall’articolo 21 della tariffa allegata al Dpr 641/1972. I Comuni, non essendo qualificabili come amministrazioni dello Stato, non sono esclusi dalla relativa soggettività passiva.
Sono queste le conclusioni cui è giunta la Commissione tributaria regionale di Torino con la sentenza n. 54/28/08 del 5 novembre 2008 nell’ambito di una causa promossa da un Comune piemontese che sosteneva la propria esenzione dalla tassa sulla base di tre motivi:
una sua pretesa assimilazione alle amministrazioni dello Stato – non soggette a tassa in ragione della coincidenza soggettiva tra concedente e concessionario (cfr risoluzioni 44/2008, 55/2005 e 107/2003) – e una conseguente estensione anche a questi enti locali dell’esenzione dal tributo
la possibilità di applicare in via analogica alla tassa di concessione governativa la norma che esenta da Ires lo Stato e gli altri enti pubblici, compresi i Comuni (articolo 74, comma 1, Dpr 917/1986)
l’abrogazione disposta dal nuovo codice delle comunicazioni (articolo 218 del Dlgs 259/2003) della licenza d’esercizio per le stazioni radiomobili – originariamente disciplinata dal Testo unico in materia postale di bancoposta e di telecomunicazioni (articolo 318 del Dpr 156/1973) – che, a dire del Comune, avrebbe comportato il venir meno del presupposto giuridico per l’applicazione della tassa di concessione governativa, pari a 5,16 o 12,91 euro al mese a seconda che si tratti di utenze residenziali oppure di utenze affari (articolo 21, tariffa allegata al Dpr 641/1972).
La sentenza dei giudici piemontesi, nel rigettare tutti e tre i motivi, appare di particolare attualità con riguardo all’ultima argomentazione, in quanto si contrappone ad altra recente pronuncia di merito (Ctr di Perugia, sentenza n. 222/24/07 del 30 gennaio 2008).
Non conta l’abrogazione della licenza
Il giudice regionale ritiene che tale abrogazione non comporti l’esclusione del presupposto di applicazione della tassa di concessione governativa.
In particolare, rileva come la norma (articolo 3, Dl 151/1991), nell’assoggettare alla tassa la licenza d’esercizio o il documento sostitutivo per l’impiego di "apparecchiature terminali per il servizio radioelettrico", contiene un riferimento – oltre che all’articolo 318 del Dpr 156/1973 disciplinante la licenza per l’esercizio di tale servizio – anche all’articolo 3, comma 2, del Dm 33/1990, relativo al "Regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione".
Quest’ultima disposizione prevede che l’abbonamento telefonico stipulato con la società concessionaria del servizio al momento dell’attivazione dell’utenza, sostituisce a tutti gli effetti la licenza di stazione radio. Ecco pertanto che l’abbonamento telefonico costituisce proprio quel documento sostitutivo della licenza che l’articolo 21 della tariffa individua come presupposto della tassa di concessione governativa, alternativo alla licenza stessa.
La sentenza in commento afferma di conseguenza che "tale ultimo decreto, non essendo, a differenza del suddetto art. 318 abrogato da successive disposizioni, costituisce il presupposto legislativo per l’applicazione, ai contratti servizio radiomobile, della tassa di concessione governativa […]".
Questa conclusione appare tanto più condivisibile laddove si ricordi che la norma tributaria riconduce la debenza della tassa di concessione governativa a due presupposti tra loro alternativi: la licenza d’esercizio, ora abrogata, oppure il documento sostitutivo che è costituito dall’abbonamento telefonico. A prescindere dall’abrogazione della licenza d’esercizio, la condizione di abbonato legittima ex se la pretesa tributaria.
Pertanto, considerato il carattere alternativo che l’abbonamento telefonico assume rispetto alla licenza stessa, l’eliminazione di quest’ultima non incide sulla valenza del meccanismo sostitutivo previsto dal Dm 33/1990.
In buona sostanza, la Ctr Piemonte ha ritenuto che l’intervento legislativo operato nel 2003 in sede di approvazione del nuovo codice delle comunicazioni non ha in alcun modo inciso sull’odierna applicabilità della tassa di concessione governativa.
A ulteriore conferma di quanto premesso, il dato incontestabile che quest’ultima disposizione è stata oggetto di modifica con la Finanziaria 2008. Al di là del contenuto di questo recente intervento legislativo, concernente l’estensione ai non udenti dell’agevolazione prevista per i non vedenti e, come tale, irrilevante ai fini della pronuncia in esame, il solo fatto che il legislatore abbia preso in considerazione la norma nel 2007 esclude a maggior ragione che la stessa sia stata eliminata nel 2003. Basta questa logica deduzione per avere conferma dell’attuale vigenza dell’articolo 21 della tariffa.
I Comuni non sono assimilabili alle amministrazioni dello Stato
Altro spunto interessante che emerge dalla sentenza è il rigetto della tesi fondata sulla ritenuta assimilabilità dei Comuni alle amministrazioni dello Stato, ai fini della loro esclusione dalla tassa di concessione governativa sui telefonini da essi posseduti per lo svolgimento dell’attività istituzionale.
Negli ultimi anni, la stessa agenzia delle Entrate ha più volte precisato (cfr risoluzioni 44/2008, 55/2005 e 107/2003) che le amministrazioni dello Stato non sono assoggettate alla tassa in quanto per esse (e solo per esse) viene a realizzarsi la concentrazione in capo a un unico soggetto sia della posizione giuridica del concedente che di quella del concessionario, il che esclude alla radice la configurabilità di quel rapporto bilaterale che sta alla base della concessione.
Questo, di conseguenza, porta a escludere la debenza della tassa solo se colui che richiede l’attribuzione di un potere (l’amministrazione dello Stato) sia al contempo titolare del relativo potere (lo Stato): va da sé che una tale situazione non sussiste nei rapporti tra lo Stato e tutti quegli enti pubblici dotati di distinta personalità giuridica, quali appunto sono i Comuni.
Impercorribile la strada dell’analogia
Il giudice ha altresì escluso la possibilità di ricondurre l’esenzione dalla tassa di concessione governativa sui telefonini in uso ai comuni a un’interpretazione analogica dell’articolo 74, comma 1, Tuir, che esclude dall’assoggettamento a Ires lo Stato e vari enti pubblici, ivi compresi i comuni.
La sua estensione analogica alla tassa è preclusa sia da ragioni sostanziali che sistematiche.
Sotto il primo profilo rileva il differente ambito impositivo dell’Ires rispetto alla tassa di concessione governativa e la diversità dei rispettivi presupposti impositivi, cioè la produzione di reddito d’impresa in un caso e il compimento di taluno degli atti indicati nella tariffa allegata al Dpr 641/1972 nell’altro.
Da un punto di vista sistematico, poi, l’interpretazione analogica presuppone la sussistenza di un vuoto normativo da colmare col rinvio ad altra disposizione che regolamenti una materia analoga.
Nel caso della tassa di concessione governativa – con riguardo alla specifica questione delle esenzioni dalla stessa – non si evidenzia alcun vuoto normativo, visto che la relativa disciplina contiene un’espressa disposizione che individua i casi in cui ne è ammessa l’esenzione (articolo 13-bis, Dpr 641/1972), così come i singoli articoli dell’allegata tariffa esplicitano, nelle rispettive note, i possibili casi di ulteriore esenzione.
Esistendo quindi nel corpo del Dpr 641/1972 una compiuta disciplina dei casi di esenzione dalla tassa di concessione governati
va, non è quindi possibile riscontrare in esso quel vuoto normativo che legittimerebbe il ricorso all’interpretazione analogica.
La sentenza della Ctr del Piemonte si pone, per completezza della motivazione e ampiezza di argomentazione, come un importante contributo giurisprudenziale teso a confermare, in un’ottica generale, l’attualità della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti relativi ai telefonini e, in particolare, la relativa soggettività passiva per i Comuni e per tutti gli enti pubblici diversi dalle amministrazioni dello Stato.
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