Nel linguaggio comune, i termini "prescrizione" e "decadenza" vengono spesso usati indifferentemente, quasi si trattasse di sinonimi. Giuridicamente invece determinano differenti condizioni, ma soprattutto termini temporali diversi nei rapporti tra le parti.
In entrambe le situazioni si può pervenire alla perdita di un diritto. Nel caso della prescrizione, la perdita è determinata dal mancato esercizio del diritto da parte del titolare entro il termine previsto dalla legge. In altre parole, il titolare è già possessore del diritto, e deve fare in modo di usufruire dello stesso nei termini stabili dalla legge (Codice civile, articolo 2934 e seguenti).
La decadenza, normalmente stabilita da norme particolari, determina la perdita della possibilità di esercitare il diritto per il mancato esercizio dello stesso (Codice civile, articolo 2964 e seguenti).
Esempio tipico è il termine entro cui presentare istanza per richiedere il rimborso di un indebito versamento (decadenza) e il termine entro cui tale diritto può essere esercitato, anche con solleciti o con ricorso presso gli organi competenti (prescrizione).
Pertanto, per impedire la decadenza occorre compiere l’atto prescritto dalle norme particolari, e la sua funzione è limitare i tempi di incertezza delle varie situazioni giuridiche. Infatti, ai fini della decadenza, non sono ammesse interruzioni o sospensioni (a meno che non sia diversamente disposto – articolo 2964 del Codice civile).
Anche i termini di prescrizione nascono per dare certezza del diritto, in quanto, se il titolare del diritto non lo esercita per un periodo di tempo prolungato (normalmente dieci anni ma variabile in caso di leggi specifiche), l’ordinamento giuridico cerca di tutelare anche il soggetto passivo di modo che lo stesso non resti "obbligato" per un periodo di tempo indefinito.
A differenza della decadenza, la prescrizione può essere soggetta a sospensione o interruzione. La prima può avvenire solo nei casi particolari elencati dall’articolo 2491 del Codice civile, la seconda può essere determinata da diversi fattori, come la notificazione di un atto interruttivo dei termini o la presentazione di ricorso avverso il silenzio rifiuto del soggetto passivo.
La sospensione crea solo una parentesi all’interno del periodo prescrizionale, mentre l’interruzione è come se azzerasse il tempo precedente all’atto che l’ha determinata e da quel momento inizia un nuovo periodo prescrittivo della stessa durata del precedente.
Decadenza e prescrizione dei rimborsi delle imposte dirette
"Se l’ammontare dei crediti d’imposta è superiore a quello dell’imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi" (articoli 11, 22 e 80 del Tuir).
La volontà viene espressa dal contribuente con la compilazione del quadro RX della dichiarazione, nel quale è prevista la possibilità di indicare l’eccedenza come credito da utilizzare per altri versamenti o da riportare nella dichiarazione successiva, o come credito da rimborsare.
Nel momento in cui viene manifestata la volontà di ricevere il rimborso, comincia a decorrere il termine di prescrizione decennale (Codice civile, articolo 2935).
Diverso, invece, il caso del credito da riportare. La norma non detta termini per il riporto anche in anni successivi, è molto chiara, invece, qualora il contribuente dimentica di riportare il credito nelle dichiarazioni successive o non presenta (perché esonerato) la dichiarazione.
Per una corretta analisi dell’evoluzione sia tributaria sia giuridica circa i crediti da riportare o non utilizzati, è opportuno analizzare l’articolo 4 del Dpr 42/1988, in ogni suo comma.
Comma 1
"Il diritto di scelta tra il riporto e il rimborso dell’eccedenza, previsto negli articoli 11, comma 3, 19, comma 2, 94, comma 1, e 107, comma 3, del testo unico, deve essere esercitato nella dichiarazione dei redditi per l’intero ammontare dell’eccedenza stessa. La scelta non risultante dalla dichiarazione si intende fatta per il riporto".
Il comma 1 ribadisce quanto già indicato dal Testo unico, specificando che la scelta non indicata (quadro RX non compilato) si intende effettuata per il riporto.
Questo significa che in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni l’eccedenza a credito viene inserita come comunicazione di maggior credito da verificare.
A partire dal periodo d’imposta 1998, secondo quanto indicato nell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, l’Amministrazione finanziaria procede alla liquidazione automatizzata delle dichiarazioni dei redditi con comunicazione al contribuente – da effettuarsi prima dell’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo – degli esiti della liquidazione stessa. Questo al preciso scopo di "evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali e la comunicazione all’Amministrazione finanziaria di eventuali dati ed elementi non considerati nella liquidazione. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione" (comma 3, nella versione in vigore dal 20 marzo 2001).
Fino al periodo d’imposta 1997 le dichiarazioni dei redditi venivano liquidate dagli ex Centri di servizio, e di anno in anno venivano emanate circolari esplicative per la loro corretta lavorazione. In quel periodo vi era inoltre un’oggettiva difficoltà a rapportarsi con i contribuenti, considerato il divieto d’accesso a estranei ai locali dei Centri di servizio. Pertanto, le lavorazioni intervenivano d’imperio nella gestione di alcune scelte non effettuate dal contribuente, come nel caso dell’eccedenza a credito.
L’ultima circolare destinata alle liquidazioni delle dichiarazioni è la 145/1997, che tratta espressamente delle eccedenze d’imposta risultanti dalle dichiarazioni precedenti.
A seguito di emanazione del Dm di approvazione del modello 740/96, relativo al periodo d’imposta 1995, venivano chiariti alcuni aspetti circa il trattamento da riservare ai crediti non riportati. In caso di assenza della dichiarazione, ricorrendo le condizioni di esonero, il credito poteva essere riportato nella prima dichiarazione utile. In caso di dimenticanza, sarebbe stato compito degli uffici correggere la dichiarazione, effettuando il rimborso dopo aver controllato che lo stesso non fosse stato già disposto a seguito di presentazione di istanza da parte del contribuente.
In base a tali istruzioni, i Centri di servizio, con l’ausilio di appositi elenchi (per gli anni già liquidati) e correggendo le dichiarazioni ancora in fase di liquidazione, avrebbero provveduto al rimborso d’ufficio del credito "dimenticato".
Le istruzioni allegate alle dichiarazioni dei redditi, fino al periodo d’imposta 2004, al riguardo sono così formulate: "Se, invece, nell’anno successivo presenta la dichiarazione senza indicare il credito risultante dalla precedente dichiarazione, gli Uffici, in sede di controllo, provvederanno ad effettuare il rimborso dopo aver verificato che lo stesso non sia stato già disposto".
È opportuno soffermarsi sul senso da dare alle parole "in sede di controllo". Come detto, nel passato le dichiarazioni venivano liquidate manualmente dai funzionari del Centro di servizio che intervenivano direttamente, in base a istruzioni minist
eriali, sulle dichiarazioni dei redditi.
A partire dal periodo d’imposta 1998, i contribuenti (direttamente o per il tramite dell’eventuale intermediario abilitato alla trasmissione delle dichiarazioni) ricevono una comunicazione sulla liquidazione della dichiarazione presentata, contenente ogni dato utile a una eventuale variazione. Tra le ipotesi previste, rientra la comunicazione di solo maggior credito, quando la correzione degli errori commessi dal contribuente comporta un incremento del credito esposto in dichiarazione (anche nel caso di eccedenza non riportata dalla dichiarazione precedente).
Secondo quanto indicato nelle circolari relative al servizio di assistenza da fornire ai contribuenti relativamente alle comunicazioni di cui all’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, i funzionari degli uffici locali possono procedere – su richiesta del contribuente – alla correzione del quadro RX, sia in relazione alla opzione esercitata (da credito a rimborso), sia alla mancata indicazione dell’eccedenza emergente nella stessa dichiarazione, sia all’utilizzo da effettuare per l’eccedenza non riportata dalla precedente dichiarazione che, in sede di liquidazione automatizzata, viene imputata, non più automaticamente quale rimborso (dopo aver verificato la mancata presentazione dell’istanza), bensì quale "eccedenza da utilizzare in compensazione".
Pertanto, a partire dal periodo d’imposta 1998, le variazioni al quadro RX non vengono più effettuate d’ufficio, ma soltanto su input del contribuente, comunque informato dell’esistenza del maggior credito e il cui silenzio lascia intendere la volontà di utilizzare lo stesso in compensazione.
In sede di armonizzazione delle norme in materia, a partire dal periodo d’imposta 2005, l’intera frase viene eliminata dalle istruzioni allegate alle dichiarazioni dei redditi.
Comma 2
"In caso di riporto l’eccedenza è computata in diminuzione anche in sede di acconto dell’imposta dovuta per il periodo d’imposta successivo".
Il comma 2 stabilisce, in pratica, l’immediato utilizzo del credito per la compensazione verticale, qualora il contribuente abbia deciso per il riporto.
Comma 3
"La parte dell’eccedenza riportata che non trova capienza nell’imposta dovuta per il periodo di imposta successivo costituisce eccedenza per il periodo stesso ed è oggetto di ulteriore scelta tra il riporto e il rimborso".
Dalla lettura del comma 3 si evince, come già detto, la possibilità di riportare per un periodo di tempo indeterminato l’eccedenza a credito non utilizzata in compensazione, in quanto se la stessa non viene utilizzata per compensare debiti del periodo successivo, costituisce ex novo titolo per la richiesta a rimborso o quale credito da riportare.
Al riguardo giova comunque sottolineare l’attenzione del legislatore ai crediti riportati, anche se al momento solo in riferimento alle eccedenze Iva.
La problematica legata a detti crediti (non si pensi a quelli di persone fisiche derivanti da oneri o spese mediche, ma piuttosto a crediti "importanti" scaturenti dalle dichiarazioni dei redditi di alcune società) è la tempistica relativa alla possibilità di accertamento. Infatti, il credito può essere accertato collegandolo all’annualità in cui lo stesso è sorto e non a quella in cui viene chiesto a rimborso. È pertanto palese il rischio di erogare rimborsi per crediti non spettanti.
Comma 4
"Se l’eccedenza riportata non è computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo, o se questa non è presentata, il contribuente può chiederne il rimborso presentando istanza all’Intendente di finanza del suo domicilio fiscale a norma dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602".
Sicuramente il comma 4 è quello che, pur nella sua apparente chiarezza, ha determinato interpretazioni controverse soprattutto da un punto di vista giurisprudenziale. Tante le sentenze che si sono succedute negli anni, tante le interpretazioni anche della Cassazione.
Dalla lettura del comma si evince la necessità, in mancanza di riporto del credito o in caso di dichiarazione dei redditi non presentata, della presentazione dell’istanza di rimborso nei termini decadenziali previsti dall’articolo 38 del Dpr 602/1973.
Al riguardo, con risoluzione 165/1998, l’agenzia delle Entrate ha chiarito anche i termini entro cui l’istanza deve essere prodotta: "con esclusivo riferimento al peculiare sistema creato dall’art. 1 del D.P.R. n. 445/1997 e a quello delineato dall’art. 4 del D.P.R. n. 42/1988 – la data di decorrenza del termine di diciotto mesi (ora quarantotto) debba essere diversa da quella del versamento in eccesso. In particolare, si ritiene che tale data sia individuabile nell’ultimo giorno utile per presentare la dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale l’eccedenza non è stata computata in diminuzione, naturalmente nell’ipotesi in cui tale dichiarazione non venga presentata oppure in essa non sia riportata l’eccedenza stessa, pur se non ancora utilizzata".
Al diniego espresso o tacito degli uffici locali alle richieste presentate oltre i termini decadenziali, si sono succedute numerose sentenze (pro e contro), che hanno determinato una netta spaccatura interpretativa del comma 4 (cfr Cassazione, sentenze 29227 e 28558 del 2008; Cassazione sezioni unite, sentenza 2687/2007 e Ctc, decisione 10670/2004).
Comma 5
"Sull’eccedenza computata in diminuzione dell’imposta non competono interessi. Se è richiesto il rimborso a norma del terzo e del quarto comma competono gli interessi di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dal secondo semestre successivo, rispettivamente, alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi o a quella di presentazione dell’istanza".
Il comma 5 stabilisce la spettanza degli interessi che decorrono dal secondo semestre successivo alla presentazione della dichiarazione, se il credito è stato riportato nella prima dichiarazione utile o dalla data di presentazione dell’istanza.
Dalla lettura dell’articolo 4 del Dpr 42/1988, dall’evoluzione della liquidazione delle dichiarazioni dei redditi – dal 1998 completamente automatizzata e comunicata in tempi brevi al contribuente -, dalla variazione delle istruzioni delle dichiarazioni dei redditi circa le eccedenze a credito, è facile desumere l’intenzione dell’Amministrazione di armonizzare le norme collegate con lo scopo di parificare i tempi delle richieste a rimborso dei crediti non riportati o non utilizzati ai tempi dell’accertamento per la spettanza del credito stesso.
Perché se è vero, come rilevato dalla Cassazione con la sentenza 29227/2008, che tramite la dichiarazione dei redditi l’Amministrazione è a conoscenza del credito vantato dal contribuente, è pur vero che con l’introduzione della possibilità di compensare debiti e crediti di imposte diverse, è il contribuente stesso che deve optare circa l’utilizzo del proprio credito. Utilizzo che può avvenire direttamente in sede di dichiarazione, con la corretta compilazione del quadro RX, o in sede di correttiva nei termini previsti dal comma 3 dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 oppure, infine, presentando istanza di rimborso ex articolo 38 del Dpr 602/1973.
Elda Papandrea – Nuovo Fisco Oggi