Con la causa C-502/07 il supremo organo di giustizia europeo ha esaminato, alla luce delle disposizioni comunitarie previste in materia di Iva, la possibilità per uno Stato membro di prevedere una normativa nazionale che sanzioni, con un onere fiscale supplementare, l’erronea quantificazione del credito Iva chiesto a rimborso in sede di dichiarazione. La controversia è sorta dopo che l’Amministrazione fiscale polacca aveva contestato ad un soggetto la detrazione dell’Iva su una fattura passiva avente ad oggetto un immobile usato e, contestualmente, imposto un onere fiscale supplementare sul fondamento dell’articolo 109, numeri 5 e 6 della legge Iva nazionale. La Corte ha esaminato tale fattispecie alla luce dei principi cardini della normativa Iva prevista dalla prima e dalla sesta direttiva deducendo che lo stesso onere non ha le caratteristiche dell’imposta, ma risulta invece assimilabile ad una sanzione amministrativa.
La normativa comunitaria
L’articolo 2 commi 1 e 2 della prima direttiva Iva precisa che "il principio del sistema comune consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni…". L’articolo 2 della sesta direttiva Iva, invece, individua le operazioni soggette ad Iva, ovvero "le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale" e le "importazioni di beni". L’articolo 10 n. 1 lett. a) della citata fonte normativa, inoltre, specifica che "il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi". L’articolo 33 n. 1 della sesta direttiva Iva, infine, precisa che "…le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari, sempreché tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera".
La normativa nazionale
La legge Iva vigente in Polonia (Ustawa o podatku od towarow i uslug) prevede all’articolo 109, numeri 5 e 6 che "qualora si constati che il soggetto passivo ha indicato nella dichiarazione fiscale presentata un importo del rimborso del credito d’imposta o dell’imposta a monte superiore all’importo dovuto, il direttore dell’amministrazione finanziaria o l’autorità di controllo finanziario determina nella misura corretta l’importo del rimborso nonché fissa un onere fiscale supplementare di entità pari al 30% del rialzo".
Le conclusioni
La questione posta all’attenzione di Bruxelles riguarda essenzialmente l’ammissibilità, per il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto previsto dalla normativa comunitaria, di una disposizione normativa nazionale che, come nel caso polacco, permetta ad uno Stato membro di imporre ai soggetti passivi Iva un onere fiscale supplementare legato all’erronea quantificazione dell’imposta sul valore aggiunto a credito richiesta a rimborso. Come precisato dagli stessi Eurogiudici, infatti, un onere supplementare come quello previsto dalla normativa polacca non rispetta le principali caratteristiche dell’Iva in quanto la sua causa generante non è una qualsiasi transazione, ma un errore di dichiarazione e, inoltre, il suo importo non è calcolato proporzionalmente al prezzo percepito dal soggetto passivo. Per la Corte, pertanto, l’onere fiscale supplementare in disamina non è assimilabile ad un’imposta, ma ad una sanzione amministrativa e, in quanto tale, non risulta in contrasto con la normativa Iva la quale non pone veti sulla possibilità di sanzionare i trasgressori della stessa normativa di specie. La Corte ha inoltre precisato che tali oneri fiscali supplementari, non avendo le caratteristiche di imposta sulla cifra d’affari, ma di sanzioni amministrative, non ostano con il disposto normativo sancito dall’art. 33 della sesta direttiva Iva e che le medesime disposizioni non costituiscono misure particolari di deroga rivolte ad evitare talune frodi ed evasioni fiscali.
Gianluca De Zarlo – Nuovo Fisco Oggi