Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili si configura anche se la ricostruzione del reddito o del volume di affari sia possibile in via indiretta. E’ questo l’importante principio ribadito dalla Suprema corte con la sentenza 37592 del 18 giugno 2008 (depositata il 3 ottobre) in ordine alla configurabilità del reato previsto dall’articolo 10 del Dlgs 74/2000, secondo cui “salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.
I giudici hanno confermato l’orientamento prevalente della Cassazione, secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di occultamento o distruzione dei documenti contabili, non è necessario che si verifichi in concreto un’impossibilità assoluta di ricostruire il volume d’affari o dei redditi, essendo sufficiente anche un’impossibilità relativa, che sussiste anche se a tale ricostruzione si possa comunque pervenire aliunde o ab externo, attraverso riscontri incrociati presso i soggetti economici cui si riferiscono quelle operazioni (cfr Cassazione penale, sentenza 7065/1989; conforme Cassazione penale, sentenza 3057/2008, e Cassazione penale, sentenza 40552/2005).
L’argomentazione dei giudici di legittimità si fonda sulla ratio della previsione, che sanziona penalmente l’obbligo di non sottrarre all’accertamento le scritture e i documenti obbligatori. In proposito, ha evidenziato la Corte, la norma, finalizzata a tutelare l’interesse erariale alla trasparenza fiscale del contribuente, sarebbe sostanzialmente inutiliter data ove si attribuisse alla solerzia degli accertatori e alla loro capacità di reperire elementi di prova una sorta di efficacia sanante dell’illecita condotta dell’imprenditore.
La vicenda che si è conclusa con la sentenza in commento trae origine dalla condanna per il reato di occultamento e distruzione di documenti contabili inferta al titolare di una ditta individuale che, al fine di evadere le imposte, occultava e distruggeva le scritture contabili. Il titolare della ditta ricorreva in Cassazione evidenziando che era stato comunque possibile procedere alla ricostruzione del volume d’affari della ditta sulla base della documentazione extracontabile reperita nel corso della verifica, nonchè sulla base dei questionari inviati alle altre ditte che avevano avuto rapporti commerciali con la stessa.
La Suprema corte, nel rigettare il ricorso, ha ribadito che il reato di occultamento o distruzione di scritture contabili si configura quando non sia possibile ricostruire il reddito imponibile del contribuente. Non rileva la circostanza che l’impossibilità di ricostruzione del reddito imponibile del contribuente sia di natura assoluta, essendo sufficiente un’impossibilità relativa laddove, nonostante l’occultamento e la distruzione dei documenti contabili, possa pervenirsi a tale determinazione attraverso elementi e riscontri extra-contabili, acquisiti anche presso terzi.
Antonino Iacono – Fisco Oggi