La società lussemburghese aveva chiesto lumi anche sul corretto valore fiscale da attribuire alle partecipazioni in società quotate alla Borsa valori italiana e sul regime fiscale da attribuire alle cessioni di partecipazioni già avvenute a seguito del trasferimento. Anzitutto è opportuno sottolineare che si tratta di una società anonima di diritto lussemburghese, costituita con la qualifica di “holding del 1929” ai sensi della locale legge 31 luglio 1929, e ammessa anche al beneficio del regime fiscale denominato régime milliardaire, regolato dal Decreto granducale del 17 dicembre 1938. Si tratta, dunque, di soggetti che in Lussemburgo godono di una serie di vantaggi fiscali tra i quali l’esclusione da qualsiasi forma di imposizione diretta sul reddito prodotto”.
Il quesito
La società ha chiesto di conoscere:
1. “il corretto valore fiscale da attribuire alle partecipazioni in società quotate alla Borsa valori italiana, tenendo presente che il trasferimento non ha comportato la determinazione o la tassazione di plusvalenze latenti in Lussemburgo;
2. il corretto regime fiscale da attribuire alle cessioni di partecipazioni già avvenute a seguito del trasferimento;
3. la possibilità di riporto a nuovo delle perdite realizzate in Lussemburgo;
4. la possibilità di considerare le eventuali perdite che la società potrebbe realizzare nei primi tre esercizi successivi al trasferimento rientranti nella disciplina dell’articolo 84, comma 2, del TUIR”.
Nella soluzione prospettata la società istante ritiene di poter rientrare tra i soggetti che possono beneficiare del regime fiscale agevolativo previsto dall’articolo 87 del TUIR (c.d. participation exemption) per la tassazione delle plusvalenze ottenute dalla vendita di partecipazioni societarie in regime d’impresa. Questo anche perché l’istante sostiene che il calcolo della durata del possesso delle partecipazioni – ai fini della verifica del minimum holding period di cui al comma 1, lett. a), di tale ultima disposizione – debba tenere presente anche del periodo maturato in Lussemburgo prima del trasferimento della sede legale in Italia.
Inoltre, l’istante ritiene:
– di valutare – per coerenza con il principio di libertà di stabilimento sancito dall’articolo 48 del Trattato UE – le partecipazioni detenute al valore contabile;
– per il trattamento delle perdite maturate nel periodo antecedente il trasferimento di avvalersi “della disciplina generale del riporto delle perdite fiscali prevista dall’articolo 84 del TUIR e, per le eventuali perdite che matureranno nei primi tre esercizi successivi al trasferimento, della disciplina prevista dall’articolo 84, comma 2, del TUIR”.
Il parere dell’Agenzia
La risposta al quesito, fornita nella risoluzione n. 345/E, si è articolata in quattro punti:
1. sul corretto valore fiscale da attribuire alle partecipazioni in società quotate alla Borsa valori italiana esistono due soluzioni prospettabili alternativamente, e cioè: quella del corso storico, utilizzabile nell’ipotesi di assenza di atti di natura traslativa dei beni da valutare, e quella del valore corrente al momento del trasferimento nel territorio nazionale. Nel caso in esame, l’Agenzia ritiene che i valori fiscali delle partecipazioni della società anonima debbano coincidere con quelli basati del costo d’acquisto sostenuto dall’impresa;
2. l’esenzione può essere accordata al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 87 del TUIR. A tale scopo, l’istante dovrebbe dimostrare con certa precisione l’iscrizione delle partecipazioni oggetto di cessione nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso nella categoria dell’immobilizzazioni finanziarie;
3. l’Agenzia ritiene che le perdite realizzate in Lussemburgo non potranno essere riportate in deduzione dai futuri redditi conseguiti in Italia;
4. la possibilità di considerare le eventuali perdite che la società potrebbe realizzare nei primi tre esercizi successivi al trasferimento rientranti nella disciplina dell’articolo 84, comma 2, del TUIR è ammissibile al verificarsi di due “esplicite condizioni”:
1. ”che siano realizzate nei primi tre periodi d’imposta decorrenti dalla data di costituzione della società”;
2. e che si riferiscano a un’attività produttiva nuova”.
Nella fattispecie oggetto dell’istanza, l’Agenzia non ritiene che si sia soddisfatta la prima delle due “esplicite condizioni”, pertanto, le perdite che la società potrebbe realizzare nei primi tre esercizi successivi al trasferimento non potranno essere riportate in deduzione da redditi futuri..
Paolo Tenaglia – Fisco Oggi