Non è configurabile un acquisto intracomunitario nel caso in cui il veicolo non è formalmente oggetto di una cessione a titolo oneroso. Di conseguenza, l’immatricolazione in Italia dello stesso è subordinata, dal punto di vista tributario, alla presentazione della documentazione doganale dalla quale si evince il pagamento dell’Iva in dogana, senza che assuma rilevanza, di per sé, la circostanza che al veicolo sia stata precedentemente attribuita una targa di un altro Paese comunitario. E’ il fulcro della risoluzione n. 344/E del 5 agosto 2008, con la quale l’agenzia delle Entrate è tornata a occuparsi di frodi carosello nelle importazioni "parallele" di auto usate, chiarendo il campo di applicazione degli adempimenti antielusivi introdotti dal collegato alla Finanziaria 2007.
Il quadro normativo
Dal 3 dicembre 2007 gli operatori che immettono sul mercato interno veicoli usati di provenienza comunitaria devono assolvere l’Iva avvalendosi del modello "F24 – Iva immatricolazione auto Ue"; il versamento dell’imposta, che va effettuato in occasione della prima cessione interna, è condizione necessaria per l’immatricolazione o per la successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli (e loro rimorchi) di provenienza comunitaria.
Il meccanismo non si applica agli acquisti intracomunitari e alle importazioni di veicoli nuovi, provvisti di codice di antifalsificazione, provenienti direttamente dalle case costruttrici e destinati al mercato nazionale. Per questi acquisti è, infatti, utilizzato un meccanismo di identificazione dei mezzi che non consente attualmente l’attuazione di frodi.
Il caso
Nell’interpello che ha dato luogo alla risoluzione in esame, l’Agenzia si è occupata del caso prospettato da una società di diritto statunitense, attiva nel mercato italiano della compravendita di autoveicoli stranieri e non.
Nell’ambito di questa attività, l’istante ha importato un veicolo usato dagli Stati Uniti, da rivendere a clienti residenti in Italia. L’accertamento delle specifiche tecniche del veicolo e la certificazione delle medesime, tuttavia, è stata affidata a un operatore localizzato in Germania, in base alla considerazione che in quel Paese l’espletamento delle pratiche menzionate richiede tempi più celeri rispetto a quelli mediamente necessari in Italia.
Per poter emettere le certificazioni richieste, l’operatore tedesco ha provveduto alla transitoria immatricolazione del veicolo nel proprio Paese di stabilimento. In base alla delega ricevuta dall’importatore italiano, in particolare, l’immatricolazione è stata effettuata a nome dell’operatore tedesco. I veicoli, tuttavia, sono sempre rimasti in Italia e non sono stati in alcun momento ceduti all’operatore tedesco.
La vendita o lo spostamento dei veicoli, peraltro, non erano necessari: gli accertamenti tecnici sul veicolo, infatti, sono stati effettuati in Italia da un tecnico della società tedesca, che si è recato presso il deposito dell’istante e così potuto rilasciare la documentazione di prova.
Di conseguenza, l’operatore tedesco riteneva di aver effettuato soltanto delle prestazioni di servizi per la fornitura di documentazione tecnica, alle quali, peraltro, era stata applicata l’Iva tedesca.
Il problema
I problemi, per l’interpellante, erano iniziati quando, una volta ottenuta la documentazione tecnica necessaria, aveva provveduto ad annullare la targa tedesca del veicolo e ne aveva quindi richiesto l’immatricolazione in Italia, presentando esclusivamente la documentazione rilasciata dalla dogana italiana al momento dell’importazione.
Per il soggetto italiano, infatti, le operazioni effettuate sul veicolo dal soggetto tedesco non avevano dato luogo ad alcun acquisto intracomunitario e, dunque, non avevano fatto in alcun modo perdere al veicolo stesso la propria natura di veicolo "importato".
L’ufficio della Motorizzazione civile, tuttavia, si è rifiutato di autorizzare l’immatricolazione del veicolo, ritenendo necessaria la presentazione di copia del modello F24 previsto per le operazioni intracomunitarie, oppure di "un preventivo assenso dell’Amministrazione finanziaria".
Il parere dell’Agenzia
L’Agenzia ha accolto sostanzialmente la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente, con alcune precisazioni.
Nella risoluzione, in particolare, è stato confermato che, in caso di veicolo usato, la provenienza comunitaria del medesimo veicolo è l’unica circostanza rilevante per individuare i documenti fiscali da presentare alla Motorizzazione civile in sede di richiesta di immatricolazione.
Se il veicolo (si tratti di autoveicolo, motoveicolo o di un rimorchio) è stato oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la richiesta di immatricolazione o di voltura è condizionata alla contestuale presentazione di copia del modello F24 dal quale risulti il numero di telaio e l’ammontare dell’Iva assolta al verificarsi della prima cessione nel territorio dello Stato (articolo 1, comma 9, decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262).
Se, invece, il veicolo è stato oggetto di importazione da un Paese terzo, per ottenere l’immatricolazione in Italia è necessario produrre una certificazione doganale dalla quale risulti l’assolvimento dell’Iva (o, nel caso in cui l’operazione sia svolta in esenzione d’imposta da esportatori abituali, il plafond utilizzato dall’importatore – cfr articolo 1, comma 10, del citato decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262).
Quando c’è acquisto intracomunitario…
L’Agenzia, inoltre, ha ricordato che, perché si abbia acquisto intracomunitario, è necessario che il veicolo sia oggetto di un’operazione che presenti congiuntamente le seguenti caratteristiche:
l’acquisto è effettuato nell’esercizio di imprese, arti o professioni o comunque da soggetti passivi Iva
il cedente è un soggetto passivo d’imposta identificato in un altro Stato membro
l’acquisto ha a oggetto un bene mobile materiale comunitario o immesso in libera pratica nel territorio comunitario
l’acquisto è effettuato a titolo oneroso con passaggio del diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento
il bene proviene da un altro Stato membro e giunge in Italia
il mezzo di trasporto non è stato commercializzato con l’applicazione del regime del margine (circolare 26 febbraio 2008, n. 14).
…E quando non c’è
Ne consegue che non è configurabile un acquisto intracomunitario in un caso, quale quello prospettato dal contribuente, in cui il bene non è formalmente oggetto di una cessione a titolo oneroso.
In mancanza dei presupposti sopra ricordati, l’acquisto comunitario non è configurabile neppure qualora, sfruttando le particolarità di una normativa comunitaria sull’immatricolazione, il veicolo ottenga una targa provvisoria in un altro Stato membro pur senza lasciare materialmente il territorio dello Stato italiano.
Nella risoluzione, peraltro, l’Agenzia ricorda la propria incompetenza a formulare, in sede di interpello, qualsivoglia valutazione critica in merito alla legittimità o alla opportunità di una normativa straniera.
Cosa serve per l’immatricolazione di un veicolo importato
Se, dunque, la Motorizzazione non può mai richiedere la presentazione del modello F24 per i veicoli qualificabili come importati, è nondimeno necessario che in sede di richiesta di immatricolazione venga presentata una documentazione tributaria sufficientemente precisa, che consenta agli uffici di verificare l’avvenuto assolvimento dell’Iva in dogana.
Questa soluzione potrebbe dar luogo a incertezze nelle ipotesi in cui, come spesso accade, le Dogane rilascino una certificaz
ione redatta "in forma sintetica" e, cioè, una certificazione che non contiene l’indicazione espressa dell’ammontare dell’Iva assolta sul veicolo, ma solo un generico riferimento all’assolvimento dei "dovuti diritti doganali".
L’agenzia delle Entrate, al riguardo, ha precisato che, in caso di certificazione doganale redatta "in forma sintetica", per ottenere l’immatricolazione del veicolo il contribuente dovrà presentare alla Motorizzazione civile anche la copia della bolletta di importazione, o della ricevuta dello spedizioniere o, comunque, della documentazione in suo possesso che attesti espressamente l’avvenuto pagamento dell’Iva in dogana.
L’Amministrazione, in ogni caso, ha specificato che i chiarimenti forniti riguardano esclusivamente i profili di propria competenza e, dunque, la documentazione fiscale: l’immatricolazione del veicolo importato resta in ogni caso subordinata alla verifica, da parte dei competenti uffici della Motorizzazione civile, delle caratteristiche tecniche richieste dalla normativa nazionale.
IVA italiana o IVA tedesca?
Nell’avallare sostanzialmente l’operazione descritta dal contribuente, l’Agenzia, infine, non ha trascurato di rilevarne una scorrettezza: se, come affermato dall’istante, l’operatore tedesco si è limitato a effettuare una prestazione di servizi su un bene mobile materiale che è sempre rimasto all’interno del territorio italiano, l’operazione è territorialmente rilevante in Italia (ai sensi dell’articolo 7, quarto comma, lettera b), del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633).
L’assoggettamento della prestazione all’Iva tedesca, pertanto, sembrerebbe essere erronea.
Francesca Vitale – Fisco Oggi