Deducibilità Irap a tutto campo per le capogruppo, mentre per le società bancarie controllate le partecipazioni restano fuori dal numeratore del rapporto di deducibilità nel calcolo pro rata degli interessi passivi. A chiarirlo è l’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 342/E di oggi, che risponde all’interpello di un istituto di credito in merito alle modalità di determinazione degli interessi passivi da portare in deduzione. In particolare, al centro dell’attenzione c’è l’interpretazione del cosiddetto decreto Irap, il decreto legislativo n. 446 del 1997.
A questo proposito l’autore dell’istanza di interpello chiede se nella determinazione del pro rata patrimoniale la posta relativa alle partecipazioni, corrispondente alla voce 100 di bilancio, possa essere inclusa sia al numeratore che al denominatore del rapporto che definisce la quota di interessi passivi deducibili.
Prima di analizzare il quesito, vale la pena di ricordare che l’interpellante è una banca che, dopo essersi autodefinita capogruppo dell’omonimo gruppo bancario, dichiara di essere controllata da un’altra società che, al 31 marzo dell’anno scorso, possedeva il 50,19 per cento delle sue azioni. Nonostante questa specifica struttura societaria, l’ente finanziario non si considera soggetto all’attività di direzione e coordinamento della controllante, sostenendo di svolgere esso stesso il ruolo di capogruppo di tutte le imprese controllate, comprese quelle assicurative escluse dai confini del gruppo bancario. Ne deriverebbe, a giudizio dell’autore dell’interpello, la possibilità di definire il pro rata di deducibilità degli interessi passivi Irap tenendo conto della voce 100 di bilancio relativa alle partecipazioni sia al numeratore che al denominatore del rapporto. Una soluzione che sarebbe in linea con le precisazioni contenute in un comunicato stampa diffuso il 16 luglio 2007 dal ministero dell’Economia e con la circolare n. 62/E pubblicata dall’agenzia delle Entrate nel novembre successivo.
A conclusioni diverse arrivano invece i tecnici dell’amministrazione finanziaria, che a sostegno della loro tesi richiamano in primis le disposizioni del decreto legge n. 81/2007, convertito dalla legge n. 127/2007. Si tratta di una norma che recepisce le indicazioni della Commissione europea sulla disciplina Irap dopo le modifiche introdotte dalla Finanziaria dell’anno scorso con le novità sul cosiddetto cuneo fiscale. Queste sono state estese a banche, assicurazioni e intermediari finanziari, ma nello stesso tempo è stato introdotto un limite alla deduzione degli interessi passivi Irap per banche e holding industriali. La vecchia disciplina nazionale, che prevedeva la deducibilità di tutti gli interessi passivi, e non solo di quelli strettamente legati all’attività caratteristica svolta dall’impresa, non era infatti compatibile, stando alle valutazioni dell’organo esecutivo dell’Ue, con la normativa comunitaria che sancisce la non discriminazione e la libera concorrenza tra gli imprenditori che operano nel mercato.
A questo punto la risoluzione, richiamando l’articolo 6, comma 1, del decreto Irap, ricorda che per calcolare gli interessi passivi deducibili di banche e società finanziarie bisogna prendere in considerazione il rapporto tra l’ammontare di alcune voci dell’attivo dello stato patrimoniale e l’ammontare complessivo dell’attivo dello stato patrimoniale. Una disposizione che vale anche per le holding industriali, che puntano il loro core business su attività diverse da quelle di natura creditizia o finanziaria. In riferimento a queste ultime, il comunicato stampa del ministero dell’Economia citato dall’interpellante chiariva che nel pro rata per il calcolo degli interessi passivi deducibili il valore di bilancio delle partecipazioni va inserito sia al numeratore che al denominatore. Una precisazione che si era resa necessaria dopo l’approvazione delle nuove regole in materia di Irap, che limitano la deducibilità degli interessi passivi non direttamente legati all’attività bancaria e finanziaria dell’azienda. In questo campo rientrano anche le attività di gestione delle partecipazioni svolte dalle holding industriali.
Ora, come precisato dalla circolare n. 62/E emanata dalle Entrate nel 2007, la possibilità di includere la voce di bilancio relativa alle partecipazioni al numeratore e al denominatore del rapporto riguarda anche le holding di matrice bancaria e finanziaria.
Un’opportunità da cui però resta esclusa la banca autrice dell’istanza di interpello. Secondo i tecnici dell’Agenzia, infatti, questa deve definire il pro rata di deducibilità degli interessi passivi senza comprendere nel numeratore del rapporto la posta relativa alle partecipazioni. L’inclusione della voce 100 di bilancio sia nel numeratore che nel denominatore è concessa soltanto alle società che svolgono la funzione di capogruppo. Una qualifica che non si attaglia all’interpellante, a sua volta controllata da una società che possiede la maggioranza del capitale ordinario e che si occupa principalmente della gestione di altre imprese bancarie e finanziarie.
Laura Mingioni – Fisco Oggi