Il fisco è legittimato a prendere per buono i movimenti bancari dei soci qualora questi non svolgessero alcun altra attività produttiva di reddito. Lo ribadisce una recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze che, con la sentenza n. 5/01/2008 del 18/02/2008, ha accolto in pieno le tesi dell’Agenzia delle Entrate che, partendo dalle risultanze delle indagini bancarie sui conti correnti di alcuni soci di una società di capitali, aveva proceduto alla ricostruzione induttiva del reddito non dichiarato dalla stessa società.
La Guardia di finanza, a seguito di indagini bancarie su conti correnti di due soci di una Srl, aveva riscontrato infatti versamenti per diversi miliardi di lire.
Sulla base degli elementi rinvenuti dalla Guardia di finanza, l’ufficio riteneva dunque che tali movimentazioni fossero in realtà afferenti all’attività della società e, in particolare, a vendite senza fattura, i cui ricavi non erano stati contabilizzati.
L’ufficio ha dunque determinato il coefficiente medio di redditività del settore di attività della società e ha accertato il maggior reddito ai fini delle imposte dirette, recuperando altresì la maggiore Iva sul correlato volume d’affari.
Legittimo l’accertamento sui conti correnti di colui che ricopre la qualifica di socio
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