In precedenza, l’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione 18 giugno 1999, n. 101, aveva sostenuto che, fatti salvi gli errori materiali o di calcolo, la possibilità di rettificare la dichiarazione di successione era temporalmente limitata, in quanto la rettifica, per poter essere presa in considerazione dall’ufficio, doveva intervenire entro il termine ultimo previsto per la presentazione della dichiarazione stessa.
In seguito, la Corte di cassazione si è discostata da questa interpretazione, sostenendo che la dichiarazione di successione costituisce un momento dell’iter procedimentale, finalizzato all’accertamento dell’obbligazione tributaria che “si conclude con l’emissione, da parte dell’ufficio, dell’atto impositivo, sulla base dei dati emergenti dalla dichiarazione, che avrà, per ciò stesso, esaurito la sua funzione … Da ciò consegue che la dichiarazione di successione è emendabile finché non intervenga un avviso di accertamento di maggior valore”.
Tale principio, che trova applicazione nel caso di correzioni sia in aumento sia in diminuzione dei valori inizialmente dichiarati, è stato più volte confermato dalla giurisprudenza di legittimità (fra le altre, Corte di cassazione, sentenze 25/9/2009 n. 20629, 6 agosto 2008 n. 21196, 15 maggio 2006 n. 11143, ecc).
L’Agenzia ha, pertanto, chiarito che la possibilità di rettificare la denuncia di successione è svincolata dal termine di presentazione della stessa; poiché la dichiarazione di valore dei cespiti ricadenti in successione costituisce un momento dell’iter accertativo, tale modifica può intervenire solo finché tale iter non si sia concluso, con la notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione, ovvero con il decorso del termine ultimo, previsto dall’articolo 27, comma 3 del Tus, per la notifica del medesimo (due anni dal pagamento dell’imposta principale).