Premesso che la misura del diritto è immutata dal 2011, cioè dall’uscita del decreto interministeriale del 21 aprile di quello stesso anno, ricordiamo che l’adempimento riguarda tutte le imprese iscritte o annotate nell’apposito Registro tenuto presso la Cciaa (Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura), anche le sedi “staccate”, nella stessa provincia o altrove. Il diritto annuale è dovuto, infatti, alla Camera nella cui circoscrizione territoriale è ubicata la sede dell’impresa o della società. La stessa regola si applica a ognuna delle eventuali “succursali” e a ciascun dislocamento in Italia di imprese con sede legale all’estero. In caso di trasferimento della sede legale o principale dell’impresa in altra provincia, il tributo è dovuto alla Camera di commercio in cui è ubicata la sede legale al 1° gennaio.
Quando, come e quanto
Come anticipato, il momento del pagamento coincide con quello relativo al primo acconto delle imposte sui redditi e, come in riferimento a questo, è concessa la possibilità di differire il versamento entro i successivi 30 giorni (fino, dunque, al 17 luglio), con una maggiorazione dello 0,40 per cento. Lo strumento da utilizzare è il modello F24, con indicazione del codice tributo “3850”.
Diversi, invece, i termini per le imprese che nel 2013 si iscrivono (o si annotano) per la prima volta nel Registro. Queste, infatti, sono tenute a versare il tributo in misura fissa – pari a 200 euro – entro trenta giorni dalla presentazione della domanda. L’importo si riduce a 88 euro quando l’iscrizione è nella sezione speciale del Registro delle imprese.
Le nuove unità locali appartenenti a imprese già iscritte nella sezione ordinaria, invece, devono un diritto fisso pari al 20% di quello minimo stabilito per la sede principale. La somma scende a 18 euro, se la “casa madre” è nella sezione speciale, e sale a 110 nel caso in cui si tratti di nuove succursali di aziende con sede principale all’estero.
Quelli con taglia fissa
Ricapitolando, versano il diritto annuale in misura fissa pari a:
- 88 euro, le imprese individuali iscritte (o annotate nella sezione speciale del Registro)
- 200 euro, le imprese individuali iscritte (o annotate nella sezione ordinaria del Registro), le società semplici non agricole e le società tra avvocati
- 30 euro, gli iscritti al Rea (Repertorio delle notizie economiche e amministrative – associazioni, fondazioni, comitati e altri enti non societari che esercitano attività d’impresa, agricola o commerciale, non esclusiva o prevalente)
- 100 euro, le società semplici agricole.
Il diritto dipendente dal fatturato
Per tutte le altre imprese la quota dovuta alla competente Camera di commercio, per il 2013, si calcola partendo dalla misura fissa di 200 euro, tenendo d’occhio il “giro d’affari” realizzato nel 2012. Così:
fatturato 2012 | importo dovuto (in euro) | |
oltre euro | fino a euro | |
— | 100.000 | 200,00 |
100.000 | 250.000 | 200 + 0,015% della parte eccedente 100.000 |
250.000 | 500.000 | 222,50 + 0,013% della parte eccedente 250.000 |
500.000 | 1.000.000 | 225 + 0,010% della parte eccedente 500.000 |
1.000.000 | 10.000.000 | 305 + 0,009% della parte eccedente 1.000.000 |
10.000.000 | 35.000.000 | 1.115 + 0,005% della parte eccedente 10.000.000 |
35.000.000 | 50.000.000 | 2.365 + 0,003% della parte eccedente 35.000.000 |
50.000.000 |
— | 2.815 + 0,001% della parte eccedente 50.000.000 (fino a un massimo di 40.000) |
Rileviamo, dunque che, nonostante il perdurare della negativa congiuntura economica, gli attori principali nella definizione della questione (ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia e delle Finanze, Unioncamere e Associazioni di categoria) non hanno ritenuto necessario incrementare le diverse misure del diritto camerale annuale, che rappresenta la “linfa” per lo svolgimento delle attività di servizio delle singole Camere di commercio. Questo grazie soprattutto, si legge nella nota 21118, alla disponibilità del sistema camerale di continuare a sopportare (a proprie spese) la crisi.