“Non pagare le tasse è un reato grave?” Il 68% degli studenti delle scuole medie ritiene di sì. Ma il restante 32% mostra un atteggiamento più morbido nei confronti dell’evasione fiscale, che giudica in alcuni casi un comportamento ammissibile.
I fattori socio-demografici
I fattori legati al percorso di socializzazione
Metodi e contenuti per una nuova cultura contributiva
La tolleranza verso l’evasione fiscale, seppure intaccata negli ultimi anni da un’opinione pubblica più sensibile al problema, rischia di trovare proseliti anche nelle nuove generazioni, stando ai risultati di una ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore su un campione di 2mila studenti italiani delle scuole secondarie di I grado. Scarsa alfabetizzazione finanziaria, mancata consapevolezza delle conseguenze legate all’evasione fiscale, esposizione a comportamenti devianti da parte degli adulti, ma anche accentuato materialismo e indifferenza per il prossimo, sono i fattori che si accompagnano a una percezione “giustificazionista” dell’evasione fiscale.
Nonostante la giovane età e la complessità dell’argomento – questo il primo dato sorprendente della ricerca – i tredicenni intervistati mostrano di possedere idee già abbastanza strutturate sul pagare (e non pagare) le tasse.
I fattori socio-demografici
Quali sono, si chiedono i curatori della ricerca Emanuela Rinaldi e Andrea Bonanomi, i fattori che contribuiscono a creare un atteggiamento di accondiscendenza nei confronti dell’evasione fiscale? La risposta va cercata innanzitutto nei fattori “socio-demografici” (ad esempio, genere, età, titolo di studio dei genitori, area di residenza).
Tra questi, la variabile che si è dimostrata più influente è il livello di istruzione del padre: più è basso il titolo di studio del genitore, maggiore risulta la tolleranza verso l’evasione fiscale. Il 47% degli intervistati il cui padre ha la licenza elementare valuta infatti l’evasione fiscale un comportamento ammissibile, contro il 23% dei figli di laureati.
Più poveri e più evasori? I ricercatori respingono nettamente l’equazione. Piuttosto, la maggiore tolleranza rispetto all’evasione potrebbe derivare da uno scarso livello di alfabetizzazione finanziaria dei ragazzi, che li rende meno consapevoli delle conseguenze negative legate al mancato pagamento delle imposte, oppure da una più forte esposizione al fenomeno, giudicato ammissibile dagli adulti di riferimento.
Mattia, 13 anni, brianzolo, madre casalinga e padre venditore ambulante, la pensa così: Al mercato un sacco di gente a volte vende o compera senza gli scontrini…lo fanno tutti, anzi se lo fai passi per fesso, o peggio ancora per quello che magari fa la spia alla finanza.
Tuttavia, anche le fasce medio-alte del campione mostrano un atteggiamento indulgente nei confronti dell’evasione fiscale, seppure con una bassa incidenza percentuale. Questo fa ritenere che la giustificazione del così fan tutti possa derivare da “una sorta di miopia nella visione delle conseguenze delle transazioni economiche implicate nel sistema di pagamento delle tasse”. In altri termini, l’appiattimento dell’orizzonte sociale sullo spazio familiare e la mancanza di un’adeguata educazione finanziaria impediscono ai minori di vedere gli effetti deleteri dell’evasione fiscale nel lungo termine, tendendo invece a isolare il mancato pagamento delle imposte dal contesto economico e sociale.
E’ il caso di Sara, 13 anni, di Pavia, padre capo-magazziniere: Quando viene la parrucchiera a fare la piega a mia madre in casa costa 10 euro. Se la fa fuori in negozio con lo scontrino, costa 20. Perché dovrebbe pagare di più?
L’apparente “logicità” dell’evasione fiscale emerge anche dal racconto di Alessandra, 14 anni, di Potenza, madre segretaria, padre capo-ufficio stampa: Quando vado dal dentista, lui dice a mia mamma ‘signora, con la fattura sono 90 euro, senza fattura sono 70 euro’. Cioè, è logico che poi mia madre gli chiede senza fattura, tanto comunque lui un po’ le tasse le paga…è che ne paga un po’ meno, e mia mamma risparmia 20 euro.
I fattori legati al percorso di socializzazione
Quali sono, invece, i tratti della personalità che si associano alla tolleranza verso l’evasione fiscale? Chi sono e cosa pensano i “giustificazionisti” dell’evasione? Secondo Rinaldi e Bonanomi la maggiore propensione all’evasione si manifesta tra coloro che considerano il denaro fonte di felicità e che attribuiscono al lavoro un valore strumentale per il raggiungimento del benessere economico; gli stessi che mostrano un grado di empatia piuttosto basso, caratteristica che li rende molto concentrati su se stessi e tendenzialmente indifferenti agli altri.
I “virtuosi”, invece, critici verso l’evasone fiscale, individuano la felicità non nei soldi ma, ad esempio, in un lavoro appagante, anche a discapito del guadagno.
Metodi e contenuti per una nuova cultura contributiva
I risultati della ricerca rendono prioritario l’intervento educativo in materia fiscale, su cui l’Agenzia delle Entrate investe già dal 2004 con il progetto “Fisco e Scuola”. A questo proposito, i ricercatori suggeriscono di integrare la tradizionale lezione frontale con metodologie diverse, fondate sull’apprendimento peer-to-peer, come ad esempio la simulazione o ricostruzione di bilanci comunali, oppure la progettazione di attività di educazione alla legalità da parte degli stessi studenti. Lo scopo delle attività didattiche deve essere quello di “chiarire agli studenti i collegamenti tra alcune delle loro azioni (o di quelle dei loro familiari) a livello micro-economico (ad esempio, non richiedere la fattura al dentista) con il contesto macro-economico in cui vivono”. In particolare, affermano Rinaldi e Bonanomi, le iniziative educative devono radicare nelle giovani generazioni, attraverso opportune mappe concettuali, il collegamento tra le entrate fiscali e i servizi pubblici erogati, così da configurare le tasse come contributo individuale per il benessere collettivo.
E’ questa, se si vuole, la dottrina della spinta gentile teorizzata da Richard Thaler e Cass Sunstein: l’atteggiamento persuasivo, da buon padre, di uno Stato che convince, inducendo a fare le scelte migliori senza imporle di imperio. La trasparenza della pubblica amministrazione e il coinvolgimento pieno del cittadino nella vita amministrativa passano attraverso la comprensione dei processi, talvolta ancora sconosciuti, che sorreggono il funzionamento dei servizi di pubblica utilità.
Fonte: Pierluigi De Rosa da nuovofiscooggi.it