Secondo il governo avrebbe potuto interessare il 40-50% dei 7 milioni di lavoratori dipendenti. Ben la metà dei soggetti per cui il provvedimenti era stato pensato. E invece è stato un sonoro flop. L’intervento sul Tfr in busta paga si conferma un fallimento a causa dell’imposizione ordinaria, troppo penalizzante per il lavoratore. E’ quanto emerge da una stima dei Consulenti del lavoro. Nei primi 5 mesi dall’avvio della norma solo lo 0,83% ha chiesto il Tfr in busta paga. Volano invece nei primi 8 mesi 2015 le richieste di anticipazione del Tfr già maturato (+27%). Su un campione di circa un milione di dipendenti – sottolineano i consulenti – ad agosto, passati quindi cinque mesi dall’entrata in vigore della norma (3 aprile), la scelta di liquidare il Tfr maturando in busta paga è stata effettuata solo da 8.420 lavoratori, ossia lo 0,83%.
La grande maggioranza dei lavoratori che non hanno effettuato questa scelta ritiene che la tassazione ordinaria sia troppo penalizzante (il 62%). In direzione opposta va l’andamento delle anticipazioni, ovvero la possibilità di chiedere al datore di lavoro, in presenza di almeno 8 anni di anzianità, fino al 70% del Tfr maturato per l’acquisto, la ristrutturazione della casa o per spese sanitarie. Nei primi 8 mesi del 2015 – segnalano i consulenti – il numero delle richieste di anticipazione è cresciuto del 26,6% passando da 202.140 a 256.044 (comprensivo delle quote chieste in anticipo ai fondi pensione). L’anticipazione viene erogata a tassazione separata, quindi più favorevole per il lavoratore. Il motivo di disinteresse dei lavoratori cresciuto rispetto alla rilevazione precedente dal 38% al 62% è legato sostanzialmente al regime fiscale penalizzante stabilito dalla legge.
Diminuiscono invece gli incerti (dal 42% al 25%). E le preoccupazioni per un peggioramento del regime fiscale delle anticipazioni insieme al basso livello dei tassi di interesse che rendono più convenienti i mutui per l’acquisto di una casa dovrebbero essere alla base di un aumento significativo delle richieste di anticipazione del Tfr accantonato in azienda o nei fondi pensione. Questo strumento – spiegano i consulenti – consente da un lato di monetizzare comunque parte del Tfr, e dall’altro di conservare il regime fiscale più favorevole. ”I dati dimostrano – sottolineano – che le famiglie hanno comunque bisogno di liquidità derivante dalla crisi economica e dalle difficoltà di accedere al credito bancario. E’ evidente che in alternativa alla liquidazione del Tfr di un periodo futuro fino a giugno 2018 con forti penalizzazioni, il lavoratore preferisca richiedere una parte del Tfr accantonato in azienda o presso i fondi pensione”.
Le motivazioni previste dalla legge per chiede l’anticipo sono l’acquisto della casa per sé o per i figli, la ristrutturazione o le spese mediche ma il datore di lavoro può decidere di anticipare la liquidazione anche per altre ragioni. “L’aumento delle richieste – afferma il presidente della Fondazione Studi Rosario De Luca – deriva anche dal fatto che è comunque consentito, aldilà delle condizioni di legge, – al lavoratore e al datore di lavoro trovare un accordo tramite il quale superare i vincoli indicati e erogare quindi il Tfr in anticipo”.
Fonte: http://www.affaritaliani.it/economia/il-tfr-in-busta-paga-e-un-flop-dopo-5-mesi-solo-8-mila-richieste-382819.html?ref=ig