L’abbassamento dei limiti previsti dall’art. 2477 C.C per la nomina dell’organo di controllo disciplinato dal nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza, rischia di trasformare l’accettazione dell’incarico del revisore in una vera e propria mission impossible, soprattutto in quelle situazioni – numericamente rilevanti – in cui il soggetto da revisionare è, formalmente e anche sostanzialmente, una microimpresa.
E tali non possono che essere considerate moltissime delle società a responsabilità limitata che nei due esercizi precedenti all’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi, avranno superato almeno uno dei seguenti nuovi limiti: 2 milioni di euro del totale attivo dello stato patrimoniale; 2 milioni di euro dei ricavi delle vendite e delle prestazioni; 10 dipendenti occupati in media durante ciascun esercizio.
Alla luce dell’attuale assetto della revisione legale dei conti, per moltissime di queste piccole realtà non sarà tecnicamente possibile procedere ai controlli e alle verifiche obbligatorie ai sensi dei principi di revisione oggi esistenti. Ciò comporterà, sempre in applicazione dei suddetti principi di revisione, l’impossibilità per molti revisori di accettare l’incarico offerto.
Senza voler entrare troppo nel dettaglio e trascurando quelli che potrebbero essere i problemi che il futuro revisore o sindaco unico, si troverebbe ad affrontare sulla base delle nuove procedura di allerta introdotte dal Codice della crisi, basta prendere a riferimento quanto previsto nel principio di revisione Isa Italia 210 in ordine alle condizioni indispensabili per la revisione contabile. Si tratta di tutta una serie di elementi essenziali che il revisore deve valutare attentamente prima di decidere se accettare o meno l’incarico proposto. Tra questi, il citato principio di revisione comprende: l’utilizzo da parte della direzione di un quadro normativo sull’informazione finanziaria accettabile per la redazione del bilancio e la condivisione da parte della direzione e, ove appropriato, dei responsabili delle attività di governance, degli stessi presupposti per lo svolgimento dell’attività di revisione contabile.
Altro elemento da valutare prima dell’accettazione dell’incarico riguarda l’esistenza e le caratteristiche del controllo interno dell’azienda. Quest’ultimo deve esistere ed essere strutturato in maniera tale da consentire la redazione di un bilancio che non contenga errori significativi, dovuti a frode o a comportamenti o eventi non intenzionali.
Qualora le verifiche preliminari svolte dal revisore dovessero confermare l’inesistenza di tali presupposti di base e al tempo stesso la mancanza di volontà della direzione di porre rimedio a tali carenze, l’unica via di uscita prevista dai principi di revisione vigenti è quella di non accettare l’incarico proposto.
Tornando alle realtà assoggettate all’obbligo di nomina dell’organo di controllo entro il termine dei 9 mesi successivi all’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi, è evidente che molte di queste società non potranno, almeno in prima battuta, soddisfare i requisiti sopra descritti, mettendo in grossa difficoltà i revisori nominati.
Si tratta infatti in molti casi di vere e proprie microimprese in forma giuridica di società a responsabilità limitata, nelle quali lo stesso concetto di governance o di controllo interno può essere difficile da identificare e valutare, essendo spesso condotte da un amministratore unico che nella maggioranza dei casi è anche espressione maggioritaria del capitale sociale. Da qui l’imbarazzo dei nominati revisori chiamati a decidere, entro breve termine, se accettare o meno l’incarico proposto.
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