Lo ha ribadito la Corte di cassazione con l’ordinanza 21665 del 22 ottobre.
La fattispecie
L’ufficio di Genova invia alla contribuente un questionario con il quale chiede chiarimenti nonché documentazione concernente una cessione d’azienda. A seguito della mancata risposta, emette un avviso di accertamento, con il quale recupera a tassazione il maggior reddito originato sia da plusvalenza per cessione di azienda sia da ricavi non dichiarati.
La contribuente impugna l’atto e il ricorso, respinto in primo grado, viene parzialmente (quanto alla plusvalenza) accolto in appello.
La pronuncia della Commissione tributaria regionale di Genova afferma che "la difesa della ricorrente ha … ricostruito la sua determinazione. La ricostruzione è stata suffragata dalla produzione dell’atto di acquisto, dell’atto di cessione, del registro cespiti ammortizzabili, del prospetto del calcolo della plusvalenza. L’Agenzia non ha confutato tale conteggio né contrastato le relative produzioni basando la conferma del proprio operato esclusivamente sulla mancata risposta al questionario e sull’omessa progettazione di elementi che la giustificassero. Ed invero la ricorrente ha dedotto solo la ‘dimenticanza’. Ciò peraltro non preclude la possibilità per la contribuente, in sede di contenzioso, di provare la correttezza del proprio operato (Cass. civ. 11981/2003)".
Con ordinanza 21665/2010, la Corte suprema cassa la sentenza di secondo grado e statuisce che "… il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 2, al fine di equiparare la disciplina relativa alle imposte dirette a quella in materia di IVA, stabilisce che le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa (salvo che il contribuente non dichiari contestualmente alla produzione di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile) mentre per altro verso appare del tutto carente la motivazione della CTR in merito alle ragioni addotte da parte della contribuente sulla mancata allegazione …".
Osservazioni
L’ordinanza 27665/2010 ribadisce che il contribuente non può utilizzare, di fronte al giudice, i documenti non prodotti a seguito di richiesta scritta dell’ufficio. Tale principio viene affermato nonostante la contribuente, in giudizio, abbia invocato l’esimente prevista dall’articolo 32, comma 5, Dpr 600/1973, ritenendo di poter far rientrare "la sua dimenticanza" nella "causa alla stessa non imputabile".
E’ noto che la mancata risposta a questionari inviati dall’ufficio al contribuente produce conseguenze per entrambi. Come previsto dall’articolo 32, Dpr 600/1973, a seguito di richiesta dell’Agenzia delle Entrate di notizie e documenti (tramite questionario nel caso di specie), il contribuente, se non ottempera senza giustificato motivo, si vede irrogate la sanzione amministrativa da 258 a 2065 euro (articolo 11 del Dlgs 471/1997) e la sanzione operativa dell’inutilizzabilità dei suddetti documenti e delle notizie non addotte davanti al giudice.
Dal canto suo, l’Amministrazione finanziaria può procedere ad accertamento induttivo quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32 Dpr 600/1973 o dell’articolo 51 Dpr 633/1972 (secondo quanto disposto dall’articolo 39 Dpr 600/1973 e dall’articolo 55 Dpr 633/72).
Nessun dubbio interpretativo sulla non utilizzabilità di quei documenti, chiaramente prevista dal citato articolo 32. Ma la Cassazione, dopo aver preso atto della mancata risposta al questionario, ritiene "…carente la motivazione della CTR in merito alle ragioni addotte da parte della contribuente sulla mancata allegazione…".
Torna quindi in discussione la valutazione della giustificazione dell’omessa risposta al questionario poiché, nel caso di specie, la contribuente aveva giustificato la sua impossibilità di rispondere con una causa a se stessa imputabile, e cioè con una sua dimenticanza.
Tale motivo non presenta le caratteristiche di esimente prevista dalla norma (secondo la quale il contribuente, al momento dell’allegazione in sede contenziosa, può dichiarare di non aver adempiuto alle richieste dell’ufficio per causa a lui non imputabile) e, inoltre, può essere considerato un comportamento colposo.
Riguardo l’indagine sull’elemento psicologico, in generale, la giurisprudenza di legittimità ammette che "il divieto di utilizzare documenti scatti ‘non solo nell’ipotesi di rifiuto (per definizione doloso) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in suo possesso ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative ecc.) e, quindi, per colpa’ (Cass. 26 marzo 2009, n. 7269)…" (Cassazione, sentenze 21968/2009, 21770/2009 e 22765/2009).
La richiesta di documentazione, infatti, è prevista con riferimento sia ai poteri istruttori degli uffici (articolo 32 del Dpr 600/1973) sia in sede di accessi, ispezioni e verifiche (articolo 52 del Dpr 633/1972, richiamato peraltro dall’articolo 33 del Dpr 600/1973), nonostante le relative disposizioni abbiano portata diversa (più limitata la norma istruttoria – le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere usati nel processo e che di ciò i verificatori devono informare il contribuente – rispetto a quella dell’articolo 52 Dpr 633/1972, che prevede che i libri, i registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere usati nel processo e inoltre che, per rifiuto di esibizione, si intende anche la dichiarazione di non possedere libri o registri).
Anche la sussistenza del dolo o della colpa viene diversamente valutata. Secondo l’articolo 32, che trova esplicita corrispondenza, in materia Iva, nell’articolo 51, ultimo comma, Dpr 633/1972, "la mancata risposta al questionario, come la mancata esibizione o trasmissione di atti, documenti, libri e registri, in risposta agli inviti dell’ufficio, producono l’effetto di impedirne la considerazione a favore del contribuente, a prescindere dalle ragioni determinanti l’omissione; la norma, infatti, fa dipendere tale conseguenza dal fatto obbiettivo dell’omissione, senza alcun riferimento alle motivazioni della parte privata, ossia all’elemento psicologico del soggetto che omette di rispondere …".
In relazione all’articolo 52 del Dpr 633/1972, invece, deve osservarsi che "tale norma … contempla il ‘rifiuto’ di esibire (cui sono parificate la dichiarazione di non possedere o la sottrazione all’ispezione) libri, registri, scritture e documenti nel corso di accessi, ispezioni e verifiche; sicché essa è giustamente ritenuta applicabile, quanto alle conseguenze del rifiuto, soltanto in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell’amministrazione, nel corso delle suddette oper
azioni, e di un rifiuto o di un occultamento intenzionali da parte del contribuente, non essendo sufficiente il fatto puro e semplice della mancata esibizione (Cass. n. 9127/2006)" (Cassazione, sentenza 28049/2009).
Qualora, come nella fattispecie in esame, il contribuente non possa debitamente dimostrare l’oggettiva impossibilità di adempiere alla richiesta per una causa allo stesso non imputabile, allora torna a trovare applicazione il rigore del comma 4 dell’articolo 32.
Ciò si è già verificato quando un contribuente ha dichiarato, all’atto di produrre la documentazione giustificativa, "di aver ricevuto la notifica del questionario nei giorni immediatamente precedenti il periodo feriale", ritenendo che tale circostanza potesse automaticamente essere considerata una causa giustificativa dell’omissione a lui non imputabile.
Al riguardo, la Corte ha stabilito che "…la dichiarazione che, in uno con l’allegazione dei documenti non esibiti, da diritto all’esimente deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo, come pretende la norma ora in esame" – articolo 32 – "proprio perché essa non richiede la prova contestuale di non imputabilità della causa d’inadempimento…" (Cassazione, sentenza 28049/2009).
Indubbiamente, se la mancata risposta è dipesa da impossibilità obiettiva di rispondere o da qualunque altra causa incolpevole, l’allegazione tempestiva di tale circostanza impedisce qualunque preclusione nella successiva ed eventuale fase contenziosa. Diversamente, se così non fosse, l’assenza di tale causa, oltre che della sua allegazione, vanificherebbe la disposizione contenuta nel comma 4 dell’articolo 32 del Dpr 600/1973.