Questi, in breve, i quattro chiarimenti contenuti nella risoluzione n. 38/E del 17 maggio, che risponde ad altrettanti quesiti posti da un’associazione nazionale in merito all’applicazione di alcuni regimi di favore riservati gli enti sportivi dilettantistici.
Anche fuori dal campo il fisco è agevolato
Il primo chiarimento prende in esame l’ambito di applicazione degli sconti Irpef previsti dagli articoli 69, comma 2, del Tuir e 25, comma 1, della legge 133/1999, relativi ai compensi erogati per l’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, considerati "redditi diversi" dall’articolo 67, comma 1, del Tuir. Secondo la disposizione di legge, tali pagamenti devono essere corrisposti dal Coni, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unire o da altri enti di promozione sportiva dilettantistica da essi riconosciuti.
Il dubbio da chiarire nasce dalle novità introdotte dall’articolo 35, comma 5, del Dl 207/2008, che ha dato il via libera all’agevolazione anche in relazione alla formazione, alla didattica, alla preparazione e all’assistenza. La norma, di fatto, chiarisce la risoluzione odierna, ha esteso l’applicazione del regime di favore a tali specifiche attività e, di conseguenza, alle figure professionali che le pongono in essere, riconoscendo loro il merito di partecipare alla realizzazione di una manifestazione pur non prendendone direttamente parte, come avviene invece nel caso di atleti, giudici, allenatori, dirigenti, eccetera.
I funzionari delle Entrate dicono quindi si allo sconto Irpef anche per gli stipendi di questi collaboratori e, a sostegno della loro interpretazione, riportano il parere espresso sull’argomento dall’Enpals con la circolare n. 18/2009: "…per la connotazione della nozione di "esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche", di cui all’art. 67, comma 1, lett. m), del TUIR, non assume alcuna rilevanza la circostanza che le attività medesime siano svolte nell’ambito di manifestazioni sportive ovvero siano a queste ultime funzionali".
Non è commercio se lo scopo è istituzionale
Buono anche per le società sportive dilettantistiche (comprese quelle costituite in società di capitali senza scopo di lucro) l’articolo 148, comma 3, del Tuir che, in pratica, decommercializza, e quindi considera esentasse, le operazioni economiche svolte da determinate associazioni senza scopo di lucro, dietro il pagamento di corrispettivi, a favore di frequentatori non soci.
Le condizioni sono che i fruitori siano tesserati ad associazioni nazionali con gli stessi scopi istituzionali di quella che effettua la prestazione (in pratica si tratta del Coni, delle Federazioni sportive nazionali e degli enti di promozione sportiva) e che le attività siano direttamente collegate alla realizzazione degli scopi istituzionali dell’organizzazione. Per fare un esempio: ok all’affitto senza imposizione di un campo da tennis, ma non a quello del gazebo per la festa della prole.
La risoluzione ricorda che per beneficiare dell’articolo 148, gli enti devono comunicare all’Agenzia delle Entrate, tramite il modello EAS, i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali.
Al bagno turco non necessita la palestra
Anche la terza risposta chiarisce un dubbio sull’articolo 148, comma 3, del Tuir. L’associazione chiede se può essere considerata non commerciale l’operazione che mette a disposizione di frequentatori non soci (ma nelle stesse condizioni descritte al punto precedente), dietro pagamento, il bagno turco e l’idromassaggio.
Questa volta la risposta dell’Agenzia è no. Sono prestazioni, infatti, che prescindono dalla pratica sportiva potendo essere rese anche separatamente e indipendentemente dall’esercizio ginnico: si tratta, quindi, di attività commerciale e non ci sono sconti per il fisco.
Lo stipendio dell’allenatore non è sempre "fisso"
I compensi di atleti e allenatori non devono necessariamente rimanere nei limiti stabiliti, per il settore sportivo dilettantistico, dall’articolo 10, del Dlgs n. 460/1997 ma, a certe condizioni, possono anche salire.
Così risponde l’Agenzia all’ultimo quesito che ha come oggetto, appunto, gli stipendi pagati a chi opera nel mondo dello sport senza fini di lucro.
Le associazioni che si muovono in tale ambito, possono corrispondere "paghe" maggiorate, se dimostrano, concretamente, che dietro certi importi ci sono particolari prestazioni indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi istituzionali dell’ente e che non mascherano distribuzione indiretta di utili, operazione non compatibile, per espressa previsione di legge, con le agevolazioni fiscali a esse riservate.
Per "dissociarsi" dai parametri antielusivi individuati dall’articolo 10, occorre chiedere la disapplicazione di tale norma, ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973, con istanza presentata alla direzione regionale competente. Tutto ciò, ricorda la risoluzione, era stato già chiarito con la circolare n. 59/E del 2007 e con la risoluzione n. 294/E del 2002.