I fatti
L’attività dell’ufficio aveva origine da un questionario nel quale si chiedeva alla contribuente di fornire documentazione e chiarimenti in ordine all’acquisto di un immobile (incompatibile con i redditi dichiarati nell’anno e negli anni precedenti): in occasione del conseguente contraddittorio, la contribuente spiegava e documentava che il proprio fidanzato, con diversi assegni circolari (consegnati in due distinte tranche a distanza di circa sei mesi l’una dall’altra), aveva "fornito i fondi necessari per l’acquisto", senza ulteriori specificazioni (di tutto veniva dato puntuale conto nel relativo processo verbale di contraddittorio).
L’ufficio, dopo questo primo confronto, notificava anche un questionario al fidanzato in cui si richiedevano informazioni circa la donazione effettuata a favore della partner. In occasione del conseguente contraddittorio, l’uomo (alla presenza della fidanzata) confermava di aver "elargito" gli assegni in questione e giustificava, ai fini di un eventuale accertamento sintetico, la propria disponibilità economica con la precedente cessione di un immobile: il tutto confluiva in un verbale, nella cui introduzione si specificava che si trattava di una donazione di somme dal fidanzato alla fidanzata.
Alla luce delle risultanze dei due contraddittori e della documentazione presentata dalla contribuente, l’ufficio emetteva, nei confronti della beneficiaria, due separati avvisi di liquidazione dell’imposta di donazione e irrogazione delle sanzioni, relativi alle distinte liberalità, ai sensi dell’articolo 56-bis del Dlgs 346/1990.
I ricorsi della contribuente in Ctp erano incentrati sull’esistenza di un accordo di prestito tra le parti e, quindi, sull’inesistenza di una liberalità tassabile: a tale scopo, veniva prodotta esclusivamente una dichiarazione sostitutiva di atto notorio sottoscritta dal fidanzato.
L’ufficio, oltre a chiarire i termini del caso, sottolineava, a ulteriore sconfessione delle difese della contribuente, che non era mai stata fornita una minima prova documentale dell’accordo di restituzione degli importi, e mai erano state specificate le caratteristiche dell’intesa stessa. Tutti elementi che dovrebbero essere costitutivi del contratto di mutuo (articolo 1813 cc), anche alla luce della giurisprudenza di Cassazione in cui si afferma che chi vuol far valere un contratto di mutuo "è tenuto a provare tutti gli elementi costitutivi di tale contratto e, quindi, non solo l’avvenuta consegna delle somme ma anche il titolo della consegna, cioè che tale consegna è stata effettuata per quel titolo che implichi l’obbligo della restituzione" (Cassazione, sentenza 1321/1995).
Circa la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, nel contenzioso tributario, l’attribuzione di forza probatoria a tale dichiarazione trova invalicabile ostacolo nell’articolo 7, comma 4, del Dlgs 546/1992, che sancisce il divieto di giuramento e prova testimoniale (Cassazione, sentenza 16348/2008). Una inefficacia probatoria ulteriormente rafforzata, poi, dalla tempistica della dichiarazione e dal soggetto che l’ha resa (già sentito in precedenza e coinvolto nella questione).
La Ctp di Savona, nel respingere i ricorsi, ha prima di tutto evidenziato l’assenza di prove documentali circa l’accordo di prestito. Ha poi sottolineato la piena conoscenza, fin dal momento dei contraddittori, da parte dei "fidanzati" del fatto che l’ufficio aveva considerato come donazione la consegna di denaro e, malgrado questo, gli stessi non avevano mai dedotto il diverso titolo di tale ingente dazione. Pertanto, in assenza di diverse prospettazioni giuridiche in fase di contraddittorio e di valide prove o indizi attestanti un diverso accordo tra le parti, ha ritenuto corretta la ricostruzione dell’ufficio e legittimi gli avvisi di liquidazione.