L’omissione dell’atto endoprocedimentale non invalida il successivo atto impositivo poiché non c’è alcun vincolo tra l’invito a comparire, meramente facoltativo, e la cartella esattoriale, successiva solo in senso cronologico
La Corte di cassazione ha stabilito che qualora l’ufficio, a
seguito di presentazione di istanza di accertamento con adesione, non
convochi l’istante ex articolo 6 Dlgs n. 218/1997, il
contribuente stesso può lamentare la violazione del contraddittorio solo
laddove le parti non abbiano avuto, in precedenza, la possibilità di
instaurare il contraddittorio. Questo il principio di diritto stabilito
nell’ordinanza n. 4767 del 23 febbraio 2021.
I fatti e il processo di merito
La vertenza riguardava una serie di cartelle di pagamento, relative a
Irpef, Iva ed Irap, notificate ad un contribuente campano, sulla cui
legittimità quest’ultimo dissentiva.
Se in primo grado i giudici si erano mostrati concordi con la
prospettazione erariale, la Ctr Campania, adita dal contribuente,
annullava gli atti impugnati.
In sostanza il Collegio d’appello aveva fatto discendere dall’invalidità
della notifica dell’invito a comparire, l’inefficacia sia dell’avviso
di accertamento che della cartella successiva.
Ricorso di legittimità
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, osservando che
la nullità di un atto del procedimento tributario avrebbe potuto, al
più, determinare l’invalidità di un atto successivo, ma non di uno
prodromico, come era nella specie l’avviso di accertamento. Inoltre,
quanto alla cartella di pagamento, l’Agenzia rilevava come l’istituto
della nullità derivata non potesse trovare applicazione nel caso in
questione, poiché l’atto presupposto della cartella emessa – della cui
invalida notifica si trattava – non era l’invito al contraddittorio,
bensì l’originario avviso di accertamento. Infatti, concludeva la difesa
erariale, nullità derivata poteva aversi, per definizione, in quanto vi
fosse una fattispecie logicamente o cronologicamente anteriore, che
costituisse il presupposto della susseguente, e che fosse affetta da una
qualche forma di invalidità.
Ordinanza
La suprema Corte premette che l’articolo 6 Dlgs n. 218/1997 prevede che
l’inefficacia dell’avviso consegua solo al perfezionamento della
definizione agevolata.
Inoltre, la giurisprudenza di nomofilachia ha affermato che l’invito a comparire ex
articolo 6, comma 4 del decreto legislativo citato non è obbligatorio e
la sua eventuale omissione non può mai determinare la nullità dell’atto
impositivo (cfr Cassazione nn. 31472/2019; 474/2018; SS.UU. 3676/2012).
Il vizio di notifica, quindi, non poteva, nella specie, ripercuotersi su
un atto prodromico, che tra l’altro non risultava che il contribuente
avesse neppure impugnato.
Violazione del diritto al contraddittorio
Detta conclusione, continua la Corte, resiste anche all’ulteriore
eccezione del contribuente, secondo cui l’invalidità della notifica
avrebbe determinato una violazione del diritto al contraddittorio,
preventivo all’emissione di un provvedimento definitivo a suo carico.
L’articolo 6 Dlgs n. 218/1997, infatti, dispone che il contribuente, nei
cui confronti sia stato notificato l’avviso di accertamento o di
rettifica, non preceduto dall’invito di cui all’articolo 5, possa
formulare istanza di accertamento per adesione, con effetto sospensivo
del termine per impugnare l’avviso e del termine per il pagamento
dell’imposta.
Pertanto, il mancato invito a comparire di cui all’articolo 6, comma 4
del citato decreto, cui può equipararsi l’invito con notificazione
nulla, può tradursi in una lesione del diritto al contraddittorio quando
l’istanza di accertamento per adesione costituisca per il contribuente
la prima occasione per far valere le proprie deduzioni in ordine ai
tributi oggetto di accertamento.
In questo senso, va letto quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui
l’invito dell’articolo 5 è facoltativo e non obbligatorio, ben potendo
il contribuente, cui tale invito non è stato notificato, recuperare il
dialogo con l’Amministrazione finanziaria attraverso l’istanza di cui
all’articolo 6 (cfr Cassazione n.. 8616/2015).
Di conseguenza, in caso di istanza ex articolo 6, comma 2 Dlgs
n. 218/1997 cui non sia seguita la convocazione ai sensi dell’articolo
6, comma 4 stesso decreto, la violazione del contraddittorio può essere
fatta valere solo adducendo che il contraddittorio non vi è stato
neppure nella fase che ha preceduto l’accertamento.
Vizio dell’atto presupposto
Nel caso in questione, osserva la Cassazione, il contribuente non aveva
mai fatto valere il difetto di invito a comparire e, nel controricorso,
deduceva la violazione del contraddittorio preventivo in relazione al
mancato invito a comparire, a un atto, cioè, successivo all’avviso di
accertamento. Quanto alla cartella di pagamento – continuano i togati di
legittimità – era certamente corretto affermare in termini generali
che, mediante la sua impugnazione, potevano farsi valere non solo vizi
propri della cartella, ma anche vizi dell’atto presupposto.
Tuttavia, occorreva che l’atto viziato fosse effettivamente un atto
presupposto, ossia un atto che si inserisse nella sequenza
procedimentale come logicamente e normativamente necessario a sorreggere
l’atto successivo e la cui adozione o la cui mancata adozione
producesse effetti lesivi per il contribuente.
Ebbene, spiega il Collegio di legittimità, tali caratteristiche sono possedute:
- dagli atti autonomamente impugnabili, elencati dall’articolo 19 Dlgs n. 546/1992, la cui potenziale lesività è insita nella loro espressa impugnabilità e che per legge fanno parte del procedimento di accertamento e riscossione tributaria, dando origine a una sequenza secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere ed a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa
Nella predetta sequenza, l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli – rimanendo esposto all’eventuale successiva azione erariale, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto – o di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria (cfr Cassazione SS.UU. 16412/2007; SS.UU. 5791/2008);
- dagli atti che, pur non rientrando in tale elenco, siano dichiarati espressamente impugnabili dalla legge, come le risposte alle istanze di interpello a fini antielusivì ex articolo 6 Dlgs n. 156/2015
- dagli atti impugnabili in via differita, che la legge, però, indichi come necessari.
Rapporto tra invito a comparire ed atti successivi
Tuttavia – inferisce la Corte – l’invito a comparire ex articolo 6, comma 4, citato non rientra in nessuna di tali categorie, posto che è fuori dall’elenco dell’articolo 19, non è assistito da una espressa previsione di impugnabilità e si inserisce in un subprocedimento eventuale, attivabile su istanza dell’interessato, e non in quella necessaria sequenza che conduce all’emissione della cartella; in aggiunta, tale subprocedimento può condurre, tutt’al più, alla sospensione dei termini indicati dall’articolo 6, comma 3 Dlgs. 218/1997 e non ad altre conseguenze.
Tra l’altro, nelle rare occasioni in cui la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto l’impugnabilità differita di un atto non autonomamente impugnabile, è stato sottolineato come, in quei casi, l’atto presupposto potesse dirsi tale perché si inseriva necessariamente nel procedimento di accertamento della pretesa tributaria ed era idoneo ad incidere direttamente sui diritti dei singoli, in quanto il contenuto dell’atto susseguente dipendeva dagli esiti dell’atto presupposto (cfr la questione dell’impugnabilità dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica all’accesso domiciliare, scrutinata da Cassazione SS.UU. 16424/2002).
Nel caso in esame, invece, conclude la Cassazione, non sussiste alcun vincolo tra l’invito a comparire, meramente facoltativo, e la cartella esattoriale, successiva solo in senso cronologico, sicché i vizi del primo o della sua notifica, irrilevanti, non possono ripercuotersi sulla seconda.
Da qui, l’errore della sentenza impugnata nella parte in cui aveva fatto discendere dal vizio dell’invito a comparire la caducazione dell’avviso di accertamento e della cartella esattoriale.