Una recente pronuncia della Corte di Cassazione riafferma un principio rilevante in materia fiscale: i canoni di locazione per immobili ad uso commerciale devono essere dichiarati e tassati anche se non effettivamente percepiti, fino a quando non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto.
Due regimi fiscali distinti per immobili abitativi e commerciali
Il trattamento fiscale dei canoni di locazione non riscossi segue regole diverse a seconda della destinazione d’uso dell’immobile:
Per gli immobili ad uso abitativo:
- Per i contratti stipulati fino al 31.12.2019: i canoni non percepiti non sono soggetti a tassazione solo dal momento della conclusione del procedimento di sfratto
- Per i contratti stipulati dall’1.1.2020: la non tassazione è anticipata al momento dell’intimazione di sfratto o dell’ingiunzione di pagamento, senza necessità di attendere la conclusione dell’iter giudiziario
Per gli immobili ad uso commerciale:
- I canoni di locazione non percepiti devono essere dichiarati e tassati finché il contratto di locazione è formalmente in vigore
- L’esclusione da tassazione è possibile solo in caso di:
- Risoluzione formale del contratto
- Provvedimento di convalida dello sfratto
- Registrazione dell’accordo risolutivo
Il principio alla base: la tassazione legata alla titolarità del diritto
La Cassazione, richiamando la sentenza n. 746/2024 e numerose altre pronunce precedenti, ha ribadito che per gli immobili commerciali il criterio di imputazione del reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dall’effettiva percezione.
Questo principio è stato confermato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 326/2000), che ha chiarito come il sistema che fa riferimento al canone contrattuale per la determinazione del reddito dei fabbricati sia eccezionale rispetto alla regola generale, secondo cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo indipendentemente dalla percezione.
Le conseguenze pratiche per i proprietari
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, i canoni di locazione non percepiti nell’anno 2009 dovevano comunque essere dichiarati, poiché il provvedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto era intervenuto solo nel 2010.
La Corte ha specificato che l’eventuale efficacia retroattiva della pronuncia giurisdizionale dichiarativa della risoluzione del contratto per morosità non ha rilevanza ai fini fiscali. Infatti, l’obbligazione tributaria persiste fino al momento della pronuncia o della registrazione della risoluzione.
Come evitare la tassazione sui canoni non percepiti
Per i proprietari di immobili commerciali che si trovano a fronteggiare inquilini morosi, è fondamentale agire tempestivamente per:
- Attivare la clausola risolutiva espressa, se presente nel contratto
- Registrare l’accordo risolutivo presso l’Agenzia delle Entrate
- Avviare rapidamente la procedura di sfratto
La mancata esecuzione di queste formalità comporta il persistere dell’obbligazione tributaria, con l’obbligo di dichiarare e pagare le imposte su redditi non effettivamente percepiti.
Questa disparità di trattamento tra immobili abitativi e commerciali rimane un elemento critico del nostro sistema fiscale, che penalizza i proprietari di locali commerciali in caso di inquilini morosi.