Dopo gli Stati Uniti e il Canada anche in Australia approda la mail truffa con cui si promettono falsi rimborsi fiscali. L’allarme ancora una volta arriva direttamente dalle autorità istituzionali e più precisamente dall’Australian Taxation office, in sigla Ato. A farne le spese ignari contribuenti che, fidandosi dell’autenticità della e-mail su cui è impresso il sigillo dell’Amministrazione finanziaria, vengono dirottati direttamente su un sito web, simile a quello ufficiale del fisco. Grazie a un sofisticato meccanismo, il sito sottrae ai contribuenti le informazioni personali e finanziarie. Il Fisco australiano ha di recente invitato i contribuenti non soltanto a diffidare dell’autenticità delle mail indesiderate che provengono dai sedicenti uffici delle imposte ma ha anche consigliato di digitare gli indirizzi internet direttamente nel browser piuttosto che "clickare" sui link incorporati ai messaggi di posta elettronica. I siti su cui sono dirottati gli ignari contribuenti, ricorda l’agenzia delle Entrate, sono spesso localizzati in giurisdizioni che rendono difficile la loro individuazione e quel che è ancora più difficile è impedire la loro proliferazione. Questo significa che, anche se si riesce a chiuderne uno, già un altro è pronto a prendere il suo posto.
Gli Stati Uniti prime vittime illustri
Nel 2007 i primi ad essersi misurati con il problema sono stati gli Usa. L’agenzia delle Entrate, l’Irs per intendersi, aveva infatti scoperto che a più di un contribuente era stato recapitato un messaggio di posta elettronica con cui si notificava che il governo federale era debitore di un rimborso fiscale. L’accredito sarebbe stato effettuato previa comunicazione del numero di carta di credito. La stessa Amministrazione fiscale aveva poi scoperto l’esistenza di siti web che, presentandosi come membri ufficiali del programma informatico "e-file" di Irs, offrivano servizi per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Il tutto ovviamente falso ma in grado di ingannare il consumatore grazie al sigillo di autenticità del fisco anch’esso abilmente contraffatto. L’agenzia delle Entrate per fronteggiare l’aumento dei siti illegali per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi telematiche, aveva poi provveduto a introdurre nuove regole che permettevano di riconoscere rapidamente i provider elettronici autorizzati da quelli non.
A seguire anche il Canada
Dopo gli Stati Uniti anche l’agenzia canadese delle Entrate si era imbattuta con analoghi fenomeni di truffa informatica. Da quelli che sottraevano piccole cifre per arrivare al furto dei dati personali e di identità elettronica. Anche in Canada, forse per la contiguità con gli Usa, quella che ha mietuto più vittime è proprio l’e-mail che prometteva falsi rimborsi fiscali. Anche in questo caso l’operazione si perfezionava abilmente con la richiesta di compilazione, in tempo utile, di un formulario del tutto identico a quello utilizzato realmente dall’Amministrazione finanziaria per operazioni di questo genere. In realtà era tutto falso anche se abilmente orchestrato da esperti informatici che conoscevano tutti i trucchi per rendere credibile la truffa e, soprattutto, per evitare di essere riconosciuti.
Non ultima anche l’Europa
Anche il Vecchio Continente sembra non essere immune da queste pratiche illecite. Nel 2008 la direzione generale fiscalità e Unione doganale della Commissione europea ha pubblicato sul proprio sito un avviso con cui si invitavano i cittadini a diffidare di messaggi fraudolenti trasmessi via e-mail. Ad attestare la presunta veridicità del messaggio addirittura la firma del Commissario Ue alla fiscalità e Unione doganale Làszlo Kòvàcs. In questo caso l’obiettivo dei truffatori era di carpire in modo illecito informazioni riservate (numeri di conto corrente bancario e postale) dell’ignaro destinatario utilizzando il pretesto di raccogliere informazioni sulla direttiva Ue relativa al risparmio.
La task force internazionale antifrode
Australia, Canada e Stati Uniti sono tre dei membri ufficiali, insieme con Regno Unito e Giappone, della task force internazionale antifrode meglio conosciuta con la sigla Jitsic, acronimo che sta per Joint international Tax Shelter Information Center. Il centro Jitsic è stato creato nel 2004 dalle Amministrazioni fiscali di Australia, Canada, Regno Unito e Stati Uniti, cui si è aggiunto il Giappone nel 2007, per affrontare una serie di sfide comuni legate alle attività fiscali abusive. In particolare quelle connesse all’offshore e al tax sheltering. Ora si aggiunge una sfida in più.
Nuovo Fisco Oggi