Ai fini della detraibilità dell’imposta sul reddito delle spese sostenute per la manutenzione, protezione o restauro dei "beni culturali", devono essere considerati "obbligati alla manutenzione, protezione o restauro" degli stessi, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera g), del Tuir, quei soggetti che vantano un titolo giuridico che attribuisca loro la proprietà, il possesso o la detenzione del bene oggetto dell’intervento conservativo. A tale fine, costituisce titolo idoneo ad attribuire la detenzione il contratto di comodato, disciplinato dagli articoli 1803 e seguenti del Codice civile.
Questo, in sintesi, il principio espresso dalla risoluzione n. 10/E del 9 gennaio, con la quale l’agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’ambito applicativo delle agevolazioni connesse, ai fini delle imposte sui redditi, alle spese e alle erogazioni liberali destinate alla manutenzione, protezione o restauro delle cose dichiarate di notevole interesse storico-artistico e sottoposte alla tutela della legge 1089/1939 (ora "beni culturali", di cui al decreto legislativo 42/2004).
Le disposizioni prese in esame dall’Amministrazioni finanziaria sono quelle contenute nelle lettere g), h) e h-bis) dell’articolo 15, comma 1, del Tuir.
Riguardo alla lettera g), l’Agenzia, dopo aver ricordato come la disposizione preveda la detraibilità, entro il limite del 19% e nella misura effettivamente rimasta a carico, delle "spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro" dei beni culturali (Dlgs 42/2004, già beni vincolati ai sensi della legge 1089/1939), ha fornito alcune precisazioni in merito all’individuazione del requisito soggettivo dell’agevolazione.
Come anticipato, richiamando l’articolo 30, comma 3, del Dlgs 42/2004, è stato chiarito che, ai fini della fruibilità della detrazione, devono essere considerati "obbligati alla manutenzione, protezione o restauro" quei soggetti che vantano un titolo giuridico che attribuisca loro la proprietà, il possesso o la detenzione del bene oggetto dell’intervento conservativo.
La risoluzione ha precisato, al riguardo, che tra i titoli giuridici astrattamente idonei, in via generale, a qualificare il soggetto quale obbligato a porre in essere gli interventi conservativi, rientra il contratto di comodato, disciplinato dagli articoli 1803 e seguenti del Codice civile, attribuendo lo stesso la detenzione di un bene per un tempo e un uso determinato.
Il documento di prassi ha tuttavia precisato che, affinché vi sia comodato, è necessario che l’accordo stipulato tra le parti sia conforme alla funzione economico-sociale prevista per tale tipologia di contratto dall’articolo 1803 del Codice civile (consegna, a titolo essenzialmente gratuito, a opera di una parte all’altra parte di una cosa mobile o immobile, affinché quest’ultima se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta).
A tale fine, occorre in primo luogo che il contratto non si limiti alla concessione in uso del bene per una durata corrispondente all’esecuzione del lavori di recupero, ma consenta il perseguimento di un fine proprio del comodatario meritevole di tutela, come, ad esempio, la successiva messa a disposizione al pubblico del bene oggetto di restauro.
E’ inoltre necessario che, come chiarito dalla Cassazione, avendo il comodato carattere essenzialmente gratuito, il vantaggio eventuale (che può essere solo indiretto e mediato e comunque secondario) conseguito dal concedente non venga a trovarsi in rapporto di corrispettività con il beneficio concesso al comodatario.
La risoluzione ha, peraltro, ricordato che la detrazione prevista dall’articolo 15, comma 1, lettera g) del Tuir spetta comunque "nella misura effettivamente rimasta a carico" del soggetto obbligato all’intervento, con la conseguenza che non possono essere portate in detrazione le eventuali somme corrisposte (per le spese conservative e di carattere straordinario urgenti e necessarie per consentire alla cosa di servire all’uso convenuto) dal comodante al comodatario a titolo di rimborso spese, ai sensi dell’articolo 1808 del Codice civile.
Infine, un’ultima precisazione fornita dall’agenzia delle Entrate: ai fini della detraibilità "la necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze".
In merito ai benefici previsti, sempre relativamente a manutenzione, protezione o restauro dei beni culturali, dalle lettere h) e h-bis) dell’articolo 15, comma 1, del Tuir, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che destinatari delle erogazioni devono essere esclusivamente lo Stato, le Regioni, gli enti locali territoriali, gli enti o istituzioni pubbliche, i comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del ministro per i Beni e le Attività culturali, le fondazioni e le associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali.
Francesco Dionisi – Nuovo Fisco Oggi