Gli oneri sostenuti da una società per risarcire i danni in seguito a controversie sorte per la morte di un dipendente e l’infermità di un altro impiegato attengono alla gestione straordinaria dell’azienda perché la fonte da cui originano è estranea all’attività ordinaria dell’impresa. Perciò non rilevano ai fini Irap.
Questo, in estrema sintesi, il parere fornito dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 25/E del 30 gennaio, in risposta all’interpello di una società che vuole sapere se le somme corrisposte a titolo risarcitorio rilevano o no ai fini Irap.
Secondo l’impresa interpellante, gli oneri sopportati per il risarcimento dei danni morali riconosciuti ai familiari del dipendente morto sul posto di lavoro e l’indennizzo riconosciuto all’altro dipendente malato dovrebbero rientrare tra i componenti ordinari del conto economico. A parere della società, infatti, le controversie giudiziarie sorte in seguito al decesso del dipendente e al contagio dell’altro non possono essere inglobate tra gli oneri straordinari perché, pur rispettando il requisito dell’eccezionalità, non sono cause inquadrabili come assolutamente estranee all’attività ordinaria aziendale.
L’idea prospettata dall’istante, dunque, poggia sul presupposto che ricorrere alle vie legali è un’abitudine consolidata, a tal punto da diventare di natura "ordinaria" nell’operato aziendale. Da ciò deriva che, secondo l’interpellante, le somme versate dalla società come risarcimento danno si riferiscono a costi classificabili per natura tra gli "oneri diversi di gestione", iscrivibili nella voce B14 del conto economico e deducibili integralmente ai fini Irap.
L’Agenzia non è d’accordo con la soluzione prospettata. Le somme versate a titolo risarcitorio non rilevano ai fini Irap perché annoverabili tra gli oneri straordinari, da classificare, quindi, nell’allegato E del conto economico. La corresponsione dei risarcimenti, quindi, non pesa nella determinazione del valore della produzione netta da assoggettare all’imposta regionale. Si tratta, infatti, di proventi e oneri la cui fonte è estranea all’attività ordinaria di impresa.
I tecnici delle Entrate si soffermano in particolare sul discrimen che separa il concetto di estraneità della fonte dell’onere dall’ordinario. A questo proposito, l’Agenzia richiama la relazione ministeriale al Dl 127/1991, di recepimento della direttiva comunitaria in materia, in cui si schiarisce che "l’aggettivo straordinario, riferito a proventi e oneri, non allude all’eccezionalità o anormalità dell’evento, bensì all’estraneità della fonte del provento e dell’onere, alla attività ordinaria".
A pesare in maniera determinante nella classificazione delle componenti reddituali, dunque, non è tanto l’eccezionalità, sul piano temporale, o l’anormalità, in termini quantitativi, dell’evento. Ma piuttosto l’estraneità dall’ordinaria gestione aziendale.
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