Le unioni civili e le convivenze di fatto sono state disciplinate lo scorso anno con la Legge Cirinnà (L. 76/2016) e quest’anno con tre decreti attuativi. Particolare attenzione merita il tema dell’eredità in caso di decesso di uno dei partner. In generale infatti, per i diritti di successione la Legge Cirinnà distingue le due fattispecie tra
- le unioni civili tra persone dello stesso sesso
- conviventi di fatto omosessuali ed etero sessuali.
Le unioni civili sono vicine a un legale matrimoniale, pertanto il partner superstite ha diritto alla cd. Legittima, al pari di una coppia civilmente sposata. In particolare l’eredità è divisa nel seguente modo:
- 50% al partner superstite
- 50% ad eventuali figli
Per i conviventi di fatto invece non sono previsti particolari diritti di successione, e non è possibile ovviare al problema nemmeno inserendoli nel “contratto di convivenza” in quanto la Legge vieta i patti successori. L’unica soluzione in questa ipotesi è fare testamento, prestando attenzione a non superare la cd “legittima” dei familiari più stretti.
Attenzione anche al peso fiscale dei trasferimenti immobiliari. Il convivente di fatto sul valore corrente dei beni che compongono l’eredità (per gli immobili si prende il valore catastale) deve versare l’imposta di successione all’8% senza alcuna franchigia,.
Si ricorda che in ogni caso, il comma 43 dell’articolo 1 della Legge 76/2016 prevede che in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza “il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.”
Il successivo comma 43 prevede che il diritto di abitare nella casa del convivente superstite termina nel momento in cui
- il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza
- ci sia un matrimonio, un’unione civile o una nuova convivenza di fatto.