Costi black list, Unico evita le sanzioni. La corretta compilazione del modello non è pi fondamentale per la deduzione dei costi verso i paesi a fiscalità privilegiata, ma se non effettuata è punita con l’irrogazione di sanzioni specifiche. Per la deduzione, invece, sempre necessario avere l’idonea documentazione giustificatrice.
Le nuove disposizioni in materia di costi black list introdotte dal dl «incentivi», in attesa di essere a loro volta formalizzate in un futuro provvedimento attuativo, non cambiano affatto, nel presente, la sostanza degli adempimenti che i contribuenti devono porre in essere per avere non solo la corretta deducibilità dei costi in questione, ma anche la non applicazione delle specifiche sanzioni. Pertanto, tutti coloro che nel corso del 2009 hanno sostenuto dei costi nei confronti di operatori residenti negli Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato di cui al dm 23 gennaio 2002 e successive modificazioni, a prescindere dalle future decisioni del legislatore, devono comunque porre attenzione agli adempimenti dichiarativi.
In base all’art. 110, commi 10 e 12-bis del Tuir, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori extra-comunitari con regime fiscale privilegiato, nonché le prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in detti Stati o territori, sono indeducibili. Il successivo comma 11, prevede che nella dichiarazione dei redditi deve avvenire la semplice indicazione separata delle spese e degli altri componenti negativi in argomento.
A differenza del passato, però, l’eventuale mancata separazione di detti costi non rappresenta più una condizione di indeducibilità, in quanto la stessa è comunque misurata in forza dell’effettiva presenza di una delle circostanze esimenti. Infatti, la norma reca una presunzione legale relativa di indeducibilità che ammette prova contraria, da fornire ad opera del contribuente, cosi come sancito dal citato comma 11, in base al quale le spese e glì altri componenti negativi sono deducibili se il soggetto residente in italia dimostra alternativamente:
– che l’impresa estera svolge prevalentemente un’attività commerciale effettiva;
– che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
Tale prova può essere prodotta o in sede di interpello preventivo oppure in occasione di un accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, atteso l’obbligo per gli uffici, prima di procedere all’emanazione dell’atto, di notifìcare all’interessato un apposito avviso con cui si concedono 90 giorni al fine di documentare la deducibilità dei costi «black list».
Sul piano delle esimenti, fondamentale appare la risoluzione n. 46 del 2004, secondo cui in ordine allo svolgimento dell’attività commerciale la prova deve essere fornita dimostrando che l’impresa estera opera, come previsto dall’articolo 2195 del codice civile, avvalendosi di una struttura organizzativa idonea allo svolgimento dell’attività oppure alla sua autonoma preparazione e conclusione, essendo «necessario produrre una adeguata documentazione comprovante l’esistenza di tale struttura organizzativa nel paese a fiscalità privilegiata quali ad esempio il bilancio, l’atto costitutivo, un prospetto descrittivo dell’attività esercitata, i contratti di Focazione degli immobili adibiti a sede degli uffici e dell’attività, la copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche relative agli uffici e agli altri immobili utilizzati, i contratti di lavoro dei dipendenti che indicano il luogo di prestazione dell’attività lavorativa e le mansioni svolte, i conti correnti bancari aperti presso istituti locali..,». Per quanto concerne, invece, l’effettivo interesse economico all’operazione, il contribuente dovrà acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un paese a fiscalità privilegiata, con particolare riguardo a «l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempistica e puntualità della consegna». Sul piano pratico, l’impresa deve esibire qualsiasi documento comprovante il costo, quale ad esempio, la fatturazione del fornitore, le modalità di pagamento, i contatti commerciali, i preventivi e i connessi contratti di fornitura e/o d’acquisto, la documentazione doganale, altri documenti imposti dalla normativa vigente, sia italiana che del paese di residenza dell’impresa estera, la documentazione di trasporto della merce. Se il fornitore è un professionista, soccorre la circolare n. 1 del 2007, secondo cui è necessario provare l’apprezzabilità economica complessiva della prestazione ricevuta, considerando ad esempio, oltre all’entità del compenso, anche la specificità dell’opera professionale.
Sul piano dichiarativo, l’adempimento da porre in essere è estremamente semplice. Considerati i costi «black list» presenti nel conto economico (ad esempio, 50 mila euro, di cui ritenuti deducibili 35.000), le variazioni da apporre in sede di compilazione del quadro RE sono:
in aumento, nel rigo RE30, per l’intero importo di detti costi (50 mila euro);
ii diminuzione, nel rigo RF52, limitatamente all’importo ritenuto deducibile (35.000 euro).
Come anticipato, la separata indicazione in dichiarazione dei costi black list, pur essendo sempre prevista dalla norma, non è più condicio sine qua non per la relativa deduzione. L’eventuale inadempimento, dunque, non comporta il venir meno del costo qualora siano riscontrate le predette circostanze esimenti, ma è punito in base all’art. 8, comma 3-bis, del dlgs n. 471 del 1997, con l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 e un massimo di euro 50.000.
Fonte: Tozzi Maurizio da Italia Oggi di giovedì 8 aprile 2010, pagina 22
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