La vicenda
La pronuncia della Corte si riferisce a una rettifica parziale del credito Iva richiesto a rimborso da una società nella dichiarazione presentata per l’anno d’imposta 1989.
Il conseguente ricorso veniva accolto dalla Ctp. Decisione confermata dalla Commissione tributaria regionale, con una sentenza che passava in giudicato nel 2000.
Nel 2003 la società presentava un’istanza di rimborso per l’intero ammontare del credito Iva indicato nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta 1989. A seguito di tale istanza, l’ufficio emetteva un provvedimento di diniego del rimborso relativo al credito Iva non oggetto di rettifica e, quindi, della successiva controversia.
Il provvedimento di diniego era motivato dalla scadenza del termine di prescrizione decennale del diritto al rimborso, ai sensi dell’articolo 2946 del codice civile.
Da qui, un nuovo contenzioso, con al centro il suddetto provvedimento di diniego.
La pronuncia della Cassazione
La Corte ha evidenziato, prima di tutto, come l’eccedenza detraibile (costituita dalla differenza tra l’ammontare dell’Iva su acquisti e importazioni, aumentato dei versamenti periodici effettuati, e l’Iva sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi imponibili) costituisca un importo unitario solo da un punto di vista aritmetico, in quanto ogni singola operazione di cessione e acquisto rappresenta una "posta contabile" autonoma.
Il processo tributario è, inoltre, caratterizzato da una domanda giudiziale il cui oggetto è delimitato dal petitum e dalla causa petendi posta a suo fondamento.
Nella lite in esame, l’oggetto del giudizio era rappresentato dalle sole "poste contabili" disconosciute dall’Amministrazione finanziaria mediante l’avviso di rettifica Iva.
Di conseguenza, l’articolo 2943 del codice civile, in base al quale "la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio", deve applicarsi esclusivamente alle poste contabili costituenti oggetto della controversia.
Viceversa, per le operazioni non contestate dall’Amministrazione finanziaria, il termine di prescrizione continua a decorrere senza subire interruzioni.
La Cassazione ha motivato la propria decisione precisando che l’istituto giuridico della prescrizione ha lo scopo di dare certezza ai rapporti giuridici, mediante l’estinzione di un diritto non esercitato per un determinato periodo di tempo. Quindi, tutte le disposizioni contenute nel codice civile o in altre leggi che prevedano l’interruzione dei termini prescrizionali hanno carattere eccezionale, e, perciò, non sono suscettibili di applicazione oltre i casi e i tempi in esso considerati.
Osservazioni conclusive
La Corte ha sottolineato la necessità dell’osservanza, nell’ambito del processo tributario, dei limiti dell’oggetto della controversia (petitum e causa petendi).
I giudici hanno, infatti, definito l’oggetto del giudizio, limitandolo alle sole "poste contabili" Iva rettificate da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Pertanto, la presentazione di un ricorso avverso un provvedimento di rettifica parziale di un credito Iva costituisce atto interruttivo dei termini prescrizionali esclusivamente in relazione al diritto di credito rivendicato dal contribuente sulle "poste contabili" rettificate in precedenza dall’ufficio.
Al contrario, per la restante quota di credito chiesto a rimborso, non oggetto della domanda giudiziale, il diritto del contribuente non beneficia dell’"allungamento" del termine ordinario decennale di prescrizione, in quanto non trova applicazione l’articolo 2943 del codice civile.
Si ritiene, infine, opportuno sottolineare che l’accoglimento del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate si fonda sulla circostanza che l’eccedenza detraibile Iva deve essere considerata unitariamente solo per giungere alla determinazione dell’importo spettante. Viceversa, in sede di accertamento e di eventuale contenzioso, ogni singola operazione di cessione e di acquisto rilevante ai fini Iva può essere oggetto di autonoma valutazione.