È costato 10mila euro il biglietto di ritorno, dagli Stati Uniti in Italia, per una società con residenza legale a New York. La sesta sezione della Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza n. 72 del 6 giugno, ha accolto l’appello dell’ufficio delle Entrate di Bari 1 e ha condannato la società, attiva nel settore agroalimentare, al pagamento delle spese di giudizio per complessivi 10mila euro, oltre agli importi per sanzioni e maggiori imposte.
Il caso della lite era nato a seguito di una verifica generale condotta dal gruppo Verifiche speciali del Nucleo regionale di Polizia tributaria della Puglia. Gli accertatori avevano rinvenuto nella sede della società alcuni faldoni contenenti la documentazione amministrativa e contabile di una seconda società di proprietà dello stesso socio unico della ditta verificata. Tale società risultava risiedere legalmente negli Stati Uniti e intratteneva numerosi rapporti commerciali con la società italiana.
Le indagini avevano messo in evidenza la fittizietà della localizzazione statunitense e, sulla base del processo verbale di constatazione ricevuto, l’ufficio di Bari 1 aveva accertato sanzioni e maggiori imposte Irpeg, Ilor, Irap e Iva a carico della società americana, per un totale di 2.853.159 euro.
Il collegio di secondo grado ha ritenuto che esistesse la ragionevole e motivata certezza di quanto sostenuto dall’ufficio, vista anche la copiosa documentazione ritrovata dalla Guardia di finanza e le dichiarazioni rese dai dipendenti, clienti e fornitori della società. In particolare, il giudice ha svolto il suo ragionamento intorno agli aspetti amministrativo-contabili, commerciali, bancari e assicurativi emersi dalla verifica, per giungere a escludere anche l’esistenza di una stabile organizzazione della società in America. Sul punto, le motivazioni della sentenza richiamano il combinato disposto dei paragrafi 1, 2 e 4 dell’articolo 5 del modello Ocse, in base al quale l’esistenza di una stabile organizzazione presuppone un luogo fisso di esercizio dell’attività di impresa.
Gli indizi per affermare il requisito consistono nella presenza in un determinato luogo di una sede di affari (locali, ma anche – in taluni casi – attrezzature, macchinari o installazioni utilizzate per l’attività), dotata di un certo grado di permanenza, per mezzo della quale si svolga l’attività.
La società americana, in proposito, aveva offerto come prova un recapito fisico e un numero di telefono. Il primo era risultato corrispondere a un magazzino di New York al quale la società versava un canone di affitto per la locazione di pedane utilizzate per lo stoccaggio della merce, in attesa della successiva vendita. Il telefono, invece, squillava in uno studio di consulenza e rappresentanza fiscale sempre a New York. Troppo poco, ha ritenuto il giudice, per configurare una sede di direzione o un ufficio, anche solo formalmente e in linea astratta.
A conferma della tesi, inoltre, l’ufficio di Bari 1 aveva sostenuto che ogni singolo aspetto della complessiva gestione d’azienda veniva curato, diretto ed eseguito in Italia. Tra gli elementi di fatto citati c’erano la compilazione delle fatture originali emesse dalla società, la ricezione e la conservazione della documentazione amministrativo-contabile in originale, nonché la rendicontazione analitica costante della situazione patrimoniale ed economica operate dagli uffici pugliesi della società italiana dalla quale era partita l’indagine.
I dipendenti di quest’ultima, peraltro, non avevano saputo indicare alcuna persona impegnata presso la società americana, con la quale pure intrattenevano una rilevante attività commerciale. I clienti e i fornitori, inoltre, avevano indicato quali unici interlocutori il socio proprietario delle due società e i suoi collaboratori residenti in Puglia, che sovrintendevano alle operazioni di vendita, acquisto, trasporto, pagamento. Anche le comunicazioni via fax, formalmente provenienti dalla società americana, partivano da un fax di madrelingua italiana, intestato alla società italiana con residenza in Puglia. L’unico soggetto attivo negli Stati Uniti risultava essere un agente di commercio, compreso nella compagine societaria newyorkese.
Daniela Lopedote – Fisco Oggi