Il meglio di sé lo danno nella descrizione dell’oggetto sociale. "L’associazione ha come scopo la organizzazione del tempo libero dei propri associati, attraverso l’offerta di una vasta gamma di giochi audiovisivi, quali videogames e biliardi, calcetti ecc, in un ambiente teso a stimolare la civile convivenza ed al rapporto tra i soci", scrive per esempio il gestore di una sala giochi di Catania. Un bar di Torino, invece, persegue "la formazione psicofisica e morale dell’uomo". Altisonanti anche i nomi che si danno: molti night club e privé italiani fanno capo, per esempio, alla Federazione italiana per la tutela dei diritti e delle libertà, sintetizzato in Federsex. Che tra i cinque buoni motivi che propone per raccogliere le adesioni di chi vuole "aprire un locale alternativo", inserisce anche la "certificazione per la somministrazione di bevande e alcolici".
Anche queste realtà fanno parte del vasto mondo del non profit italiano. Ma sono davvero tutti enti senza scopo di lucro? E quante – tra le oltre 235mila "unità istituzionali" che secondo l’Istat compongono il "privato sociale" – in realtà sono attività imprenditoriali che vogliono solo evitare di pagare le tasse? E a quanto ammonta il "nero" prodotto dal cosiddetto "Terzo settore"? Da qualche mese Guardia di finanza e Agenzia delle entrate stanno provando a dare una risposta a queste domande, controllando tutte le società senza scopo di lucro. I primi risultati sono sorprendenti: su un campione di 62 società dilettantistiche sportive controllate dalla Guardia di Finanza con il "progetto Ercole" solo 5 sono risultate in regola: il 92 per cento ha commesso qualche illecito. Sette di loro – il 15 per cento – sono da considerare "evasori totali".
I CONTROLLI
Anche l’Agenzia delle Entrate sta dando la caccia a questa nuova categoria, molto italiana, di "furbetti del non-profit". A tutte le organizzazioni sono stati inviati 221mila modelli da compilare (Eas): devono spiegare se l’attività commerciale è solo marginale – e funzionale agli scopi associativi dell’ente – o è prevalente. Associazioni sportive dilettantistiche, culturali, di promozione sociali, organizzazioni di volontariato, pro loco, stanno sottoponendo per la prima volta bilanci e contabilità agli agenti del fisco. L’intenzione stanare i fenomeni di evasione sostanziale, "particolarmente riprovevoli poiché si fanno schermo di finalità sociali". Chi rischia dai controlli? Chi non rispetta alcune regole come il divieto di distribuire utili o di devolvere il patrimonio ad altre associazioni in caso di scioglimento. O quelle realtà nelle quali non esistono rendiconti e gli organi amministrativi non sono eleggibili. La direzione piemontese delle Entrate ha fatto un passo in più, firmando un protocollo con la Provincia di Torino per incrociare le banche dati e smascherare le attività commerciali che si nascondono dietro il paravento delle Onlus, dei circolini e delle associazioni di volontariato.
GLI EVASORI
I controlli riguardano 200 società e i primi 35 accertamenti (per la maggior parte ristoranti, bar e palestre) hanno portato alla luce un’evasione che oscilla fra i 50mila e i 70mila euro, con punte di 100mila. E casi clamorosi, come quello di un agriturismo con pista per l’atterraggio degli elicotteri che a tutto faceva pensare tranne che al volontariato. Certo, accanto a queste realtà, ci sono i gruppi di cittadini che fanno compagnia ai malati terminali negli ospedali o quelli che vigilano contro gli abusi che devastano l’ambiente: non mettono in tasca niente e forse ci rimettono. Ma facendo una media tra loro, che dichiarano tutte le entrate, e i furbetti, si può ipotizzare che, in media, ogni ente sottragga al fisco tra i 5 e i 10mila euro. Moltiplicandoli per i duecentomila enti non profit italiani si può avere un ordine di grandezza delle dimensioni del "nero" prodotto dal privato sociale? La cifra che si può ipotizzare, forse per difetto, è di 1-2 miliardi di euro, pari al 5-10 per cento delle risorse mosse dall’economia sociale secondo il rapporto Cnel-Istat del 2008 (23 miliardi di euro).
FITNESS E PALESTRE
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se la Guardia di finanza di Paderno Dugnano ha contestato, un mese fa, 5 milioni di euro di introiti sottratti alla tassazione in cinque anni a un centro fitness di Bovisio Masciago, in provincia di Milano. Il centro, che organizzava corsi di spinning e stage di ballo, faceva risultare i ricavi degli abbonamenti degli iscritti come semplici quote associative. Tra le realtà più sospette ci sono le palestre: una, a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, si è data alle false fatturazioni, truffando oltre un milione di euro, mentre a Teramo un imprenditore ha creato una holding tra onlus che apparentemente facevano attività sportiva dilettantistica: i 5000 iscritti, però, non venivano mai avvisati delle assemblee annuali. Contro il fenomeno dell’abusivismo nel settore sportivo è sceso in campo il Coni, che ha avviato un censimento delle oltre 60mila associazioni presenti in Italia, imponendo ferrei controlli ai propri affiliati. Certo, non c’è solo da combattere la malafede o le finte sponsorizzazioni. Molti sportivi non hanno dimestichezza con gli affari burocratici e contabili: annotare tutte le operazioni fatturate ogni mese nei registri, conservare tutta la documentazione sui costi sostenuti, eccetera. Gli studi tributari hanno molto da lavorare, adesso.
COME FARE
Ma i commercialisti sono indispensabili anche per chi elude il fisco "investendo" nella forma associativa. Proviamo a contattarne uno per chiedergli come si fa ad aprire un ristorante, una piscina o un altro esercizio commerciale spacciandolo per un non profit. Riusciamo ad aprire in questo modo un centro polifunzionale che preveda al suo interno una piscina, una palestra, una discoteca-sala da ballo e un ristorantino? Primo consiglio: "Un passo alla volta, per non dare troppo nell’occhio". Costituiamo un’associazione enogastronomica e culturale. E nello statuto scriviamo, seguendo i consigli del nostro consulente, che "si prefigge lo scopo di valorizzare la cultura del mangiare e del bere del territorio" e un sacco di altre balle. Possiamo aprire, così, un piccolo ristorante. Evitiamo, però, tutte le grane (e i costi) che incombono sulle società. Quali sono i vantaggi per chi sceglie la strade del non profit? Non avremo l’obbligo d’iscrizione alla camera di commercio, che comporta il pagamento di una tassa di 200 euro all’anno. A differenza di tutte le società di ristorazione, inoltre, non pagheremo l’Irap, l’imposta sull’attività produttiva, che in Veneto ammonta al 3,9% del reddito imponibile. E non pagheremo l’Ires, l’imposta sul reddito delle società, pari al 27,5 per cento.
Ma occorre fare molta attenzione, ci avverte il contabile: "I controlli sono diventati molto stringenti". Bisogna partire con un’attività a basso rendimento. Anche perché restando al di sotto del limite dei 250mila euro all’anno "si può usufruire del regime agevolativo della legge 398 del 1991, molto interessante per le associazioni. Il reddito imponibile viene determinato forfettariamente in ragione del 2% del volume dei ricavi". Ma l’associazione deve dimostrare di rispettare regole democratiche, convocare alme
no una volta all’anno i soci per discutere il rendiconto. Come evitare queste scocciature? "Si può prevedere, nello statuto, che le convocazioni siano pubblicate in bacheca, dove nessuno le va a guardare", consiglia il commercialista. Ma a chi affiliarsi? Ce n’è per tutti i gusti. Il "Centro europeo associazionismo di Roma" garantisce: "Con la nostra affiliazione puoi aprire ristoranti, discoteche…" e giù con un lungo elenco di attività di solidarietà come i tatuaggi e la sauna. Un imprenditore di Ancona, invece, si è vantato di aprire un locale per scambisti affiliandosi a due federazioni, la Federsex e la Fenalc. Sigla alla quale aderisce una signora che a Oristano ha messo in vendita, "per raggiunti limiti d’età", il suo circolo. Con tanto di "licenza di somministrazione di alimenti e bevande".
UTILI E DIPENDENTI
È vietata la distribuzione degli utili, ma "nulla toglie che alcuni soci possano percepire un compenso per determinate prestazioni svolte". Certo, non bisogna farla sporca. Il 4 giugno Massimo Zuccotti, presidente della Croce San Carlo, un’associazione di pubblica assistenza milanese, è stato arrestato dalla Finanza: aveva trasformato la sua onlus in una srl, tentando di vendere le quote dell’associazione a un volontario. Come inquadrare i dipendenti quando sei una onlus? Come volontari, aveva pensato Zuccotti: in questo modo non si pagano i contributi, quindi la retribuzione è in nero. "Firmavamo un foglio in cui si dichiarava di percepire i compensi in qualità di rimborso spese", hanno raccontato i finti volontari alla procura.
LA MOVIDA
Gli "ap-profit" spopolano nel tempo libero e nell’intrattenimento. Molte associazioni, nelle guide, si pubblicizzano candidamente come ristoranti o come wine bar, soprattutto a Roma. Proviamo a contattare un’associazione enogastronomica a Siracusa: si prenota come in qualsiasi altro ristorante e nessuno ci chiede, preventivamente, di diventare soci. "Noi abbiamo denunciato, negli ultimi anni, 700 discoteche e locali abusivi – racconta Luciano Zanchi, presidente di Assointrattenimento – e spesso le irregolarità sono state riscontrate. Ma di finte associazioni che gestiscono discoteche continuano a sorgere come funghi. Mettendo in crisi il settore: "Nel 2000 le disco erano oltre 4000 e davano lavoro a circa 250mila giovani. Oggi ne rimangono operative poco più di mille per meno di 60mila posti di lavoro". Un circolo privato, per esempio, gestiva una discoteca latina ad Abbiategrasso. "Le serate vengono regolarmente pubblicizzate – ha denunciato alla procura Zanchi – E nelle serate affluiscono centinaia di persone per la gestione delle quali è necessario impiegare numerosi addetti: ci chiediamo anche dal punto di vista contributivo, quali siano le strategie adottate dall’organizzazione".
LA SICUREZZA
Da qualche anno alcune procure, come quelle di Milano, stanno disponendo controlli sulla sicurezza con i vigili del fuoco, polizia e Asl. Nove circoli privati sono stati chiusi: tra questi, per un po’, anche il club Illumined, affiliato all’Arcigay. All’interno gli agenti hanno trovato 115 persone, sostenendo che le uscite di sicurezza erano carenti. Per la stessa ragione il procuratore aggiunto Nicola Cerrato ha chiesto e ottenuto la chiusura di un locale per spettacoli lap dance vicino la stazione di Milano, il Margo – 10 euro il biglietto d’ingresso, 15 la consumazione – e di un’associazione, in via Paolo Sarpi, dove si faceva karaoke.
AGENZIE VIAGGI
In tempi di crisi, fioccano le denunce da parte di chi paga tutte le tasse. La Fiavet dell’Emilia Romagna e delle Marche ha lanciato una crociata contro "associazioni, cral, parrocchie, circoli sportivi e ricreativi" che organizzano "viaggi, gite o soggiorni senza regolare licenza di agenzia di viaggi". Andrea Giannetta, di Assotravel, individua poi una tipologia che "pur restando nella legalità fa concorrenza sleale". Gli operatori hanno preso di mira spesso una realtà come la Civaturs. Nata come "confederazione italiana del volontariato associazionistica turistica umanistica ricreativa sportiva", beneficiaria di contributi pubblici, di fatto si è trasformata in una catena di agenzie presenti in tutt’Italia, affiliata, non si capisce perché, all’Asi, l’Alleanza sportiva italiana presieduta dal deputato Pdl Giovanni Barbaro. Chi vuole comprare un pacchetto viaggi si associa alla Civaturs e il gioco è fatto. "Di quali documenti e autorizzazioni bisogna essere in possesso e dove bisogna presentarli?", è la domanda posta nella sezione Faq dell’associazione. Ed ecco la risposta: "Per aprire un ufficio viaggi non occorre chiedere autorizzazioni o licenze. L’affiliazione alle Associazioni Nazionali rendono l’ufficio un’articolazione territoriale delle stesse…".
Fonte: Carlucci Davide da Repubblica di venerdì 2 luglio 2010, pagina 1