Negli Stati Uniti torna lo spettro della crisi bancaria. Dopo mesi di trattative con i creditori e di interventi governativi per salvarne il bilancio, alla fine Cit Group non ce l’ha fatta. La finanziaria indipendente specializzata nel credito alle Piccole e medie imprese, che eroga finanziamenti a oltre 2000 rifornitori che servono oltre 300.000 commercianti al dettaglio ha ufficializzato nella giornata di ieri il suo ingresso in stato di amministrazione controllata, il Chapther 11. Si tratta della quinta maggior bancarotta di sempre dopo quelle di Lehman Brothers, Washington Mutual, WorldCom e General Motors. Secondo i documenti presentati presso il tribunale fallimentare di New York, Cit aveva attività per 71 miliardi di dollari a fronte di debiti per 64,9 miliardi.
La decisione di far ricorso alla bancarotta è stata presa dal board dopo il rifiuto dei creditori di acconsentire a uno scambio debito/azioni che avrebbe permesso di ridurre il passivo di 5,7 miliardi. Grazie al ricorso all’amministrazione controllata, il gruppo spera ora di ridurre il passivo di circa 10 miliardi di dollari e di riuscire a emergere dalla bancarotta nell’arco di pochi mesi. Come effetto del ricorso alla bancarotta, il governo perde i 2,3 miliardi che aveva fornito al gruppo alla fine dello scorso anno in cambio di azioni privilegiate.
Ma il timore maggiore è che la bancarotta di Cit possa ostacolare la capacità di rifinanziamento dei piccoli e medi commercianti nonostante le parole rassicuranti dell’amministratore delegato Jeffrey Peek secondo cui il passaggio in un’amministrazione controllata pre-confezionata «permetterà a Cit di continuare a fornire credito alle piccole e medie aziende». Secondo gli analisti la bancarotta di Cit giunge per fortuna in un momento in cui i negozianti hanno già provveduto a rifornire i propri esercizi in vista della grande stagione dello shopping natalizio ma eventuali riduzioni del credito erogato da Cit rischiano di mettere a rischio i riordini dei beni più richiesti creando strozzature a livello di offerta e soprattutto di impattare gli ordinativi per le vendite di primavera.
Nel corso degli ultimi mesi, tuttavia, Cit aveva già ridotto drasticamente le proprie attività di prestito erogando nel primo semestre 2009 solo 4,4 miliardi di dollari di nuovo credito contro gli 11,3 della prima metà del 2008. Cit era stata sull’orlo del fallimento diverse volte nel corso dell’ultimo anno e la bancarotta era apparsa pressoché inevitabile a luglio, salvo poi riuscire a salvarsi con un ultimo colpo di reni e il sostegno dell’amministrazione Obama che teme ripercussioni sul mondo delle pmi. La scorsa settimana Cit aveva ricevuto una promessa di nuovi crediti per 4,5 miliardi dai suoi creditori, aveva raggiunto un accordo con Goldman Sachs per ridurre i pagamenti sul debito e ottenuto una linea di finanziamento da 1 miliardo da Carl Icahn. Ma l’ultimo ostacolo è risultato fatale: i bondholders hanno detto no a una nuova offerta ritenuta troppo onerosa e hanno preferito giocarsela davanti al giudice fallimentare.
Saranno glii obbligazionisti, con ogni probabilità, ad uscirne meglio da questa storia. Le previsioni sono di un rimborso pari al 70% sul valore del bond, con l’aggiunta di azioni della nuova società. Chi ci rimetterà di più sono gli azionisti (per cui non dovrebbe arrivare alcun rimborso) e i contribuenti americani, visto che i 2,33 miliardi di dollari di aiuti del programma Tarp non potranno essere recuperati.
Fonte : IlSole24Ore