Sono le conclusioni della Corte di giustizia, causa C-276/2009.
La controversia posta al vaglio pregiudiziale della Corte di giustizia verte sull’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva Cee, il quale prevede l’esenzione dall’Iva della negoziazione di crediti nonché delle operazioni relative ai pagamenti e ai giroconti.
La causa pende tra una società di diritto britannico e l’amministrazione fiscale inglese in ordine alla disciplina ai fini Iva delle spese che la società addebita ai suoi clienti nell’ipotesi in cui essi optino per alcuni metodi di pagamento delle loro fatture mensili.
La normativa comunitaria è stata trasposta nella normativa inglese sull’Iva, che esenta dalla predetta imposta “il pagamento, il giroconto o la riscossione di denaro, garanzie di crediti, cambiali e ordini di pagamento, o altra operazione relativa al denaro o a valori assimilabili”… “La fornitura di servizi di intermediazione in rapporto a qualsiasi transazione (…) da parte di una persona che agisce in qualità di intermediario”.
Il fatto
Le valutazioni della Corte
In base all’articolo 2 della direttiva si evince che ciascuna prestazione deve essere considerata di regola autonoma e indipendente.
Tuttavia, occorre considerare che l’operazione che risulti costituita da un’unica prestazione sotto il profilo economico non deve essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema Iva.
Inoltre, in determinate circostanze, le prestazioni distinte che potrebbero essere fornite separatamente e dar luogo individualmente a imposizione o esenzione, devono essere considerate come unica operazione quando non sono indipendenti.
Questo si verifica nelle ipotesi in cui più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre altri elementi devono essere considerati alla stregua di prestazioni accessorie cui applicare la medesima disciplina della prestazione principale.
In particolar modo, una prestazione è da considerare accessoria a una prestazione principale quando non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore.
Ciò posto, al fine di stabilire se il soggetto passivo fornisce al consumatore più prestazioni distinte ovvero una prestazione unica, occorre individuare gli elementi caratteristici dell’operazione e prendere in considerazione tutte le circostanze in cui detta operazione si svolge.
Nel caso in esame, il servizio essenziale fornito dal prestatore ai propri clienti è il servizio di telefonia mobile. L’attività esercitata dall’impresa al momento della fatturazione del servizio in questione, in particolar modo la messa a disposizione dei clienti di un’infrastruttura che consente agli stessi di pagare le fatture non solo con il sistema dell’addebito diretto, ma altresì con carta di credito, con assegno o in contanti, non costituisce per tali clienti un fine a sé stante.
La prestazione di servizi, alla quale i clienti in questione non possono ricorrere indipendentemente dalla fruizione del servizio di telefonia mobile, non presenta, dal punto di vista di questi ultimi, alcun interesse autonomo rispetto a detto servizio. Essa offre ai clienti solamente la possibilità di pagare le fatture di telefonia mobile con la modalità che ritengono più comoda e conveniente, consentendo inoltre al prestatore di servizi di incrementare il volume del servizio fornito a titolo principale.
Del resto, il ricevimento di un pagamento e la gestione di quest’ultimo risultano intrinsecamente connessi a qualsiasi prestazione di servizi fornita a titolo oneroso.
La circostanza che nel testo del contratto sia specificamente identificato un distinto prezzo per il servizio finanziario e che tale prezzo sia indicato separatamente nelle fatture inviate ai clienti non risulta, di per sé, decisivo.
Infatti, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, il fatto che venga fatturato un prezzo unico o che siano contrattualmente previsti prezzi distinti non ha importanza decisiva al fine di determinare se si debbano ritenere sussistenti due o più operazioni distinte e indipendenti o un’operazione economica unica.
Ne consegue che i clienti della società che pagano le loro fatture di telefonia mobile con uno dei metodi di pagamento che danno luogo al versamento delle spese di gestione non intendono acquistare due prestazioni distinte, vale a dire una prestazione di telefonia mobile e una prestazione che consisterebbe nel garantire la gestione dei loro pagamenti. Dal punto di vista del cliente, la prestazione di servizi di gestione dei pagamenti, fornita dal prestatore di servizi di telecomunicazione ai suoi clienti in caso di pagamento di detti servizi con determinate modalità, in circostanze come quelle del caso di specie, deve essere considerata, ai fini Iva, come accessoria alla prestazione principale di servizi di telecomunicazioni.
Conclusioni della Corte
Pertanto, la Corte di giustizia perviene alle seguenti conclusioni.
Ai fini della riscossione dell’Iva, le spese supplementari fatturate da un prestatore di servizi di telecomunicazioni ai suoi clienti, qualora questi ultimi paghino detti servizi non con il sistema dell’addebito diretto ma con carta di credito, carta di debito, assegno oppure in contanti presso lo sportello di una banca o di un agente autorizzato a ricevere il pagamento per conto di tale prestatore di servizi, non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi distinta e indipendente dalla prestazione di servizi principale, consistente nel fornire servizi di telecomunicazioni.