Primo semaforo verde del Consiglio dei ministri sulla bozza di ddl per l’introduzione del federalismo fiscale. L’ok di Palazzo Chigi arriva dopo il confronto con le autonomie locali di giovedì scorso e precede l’incontro in programma per il 18 settembre in Conferenza unificata. Nella nuova versione del testo, ulteriormente "limata" rispetto a quella presentata giovedì scorso (vedi "Federalismo fiscale al vaglio delle autonomie locali" su FISCOoggi del 4 settembre) all’Unione delle Province (Upi) e all’Associazione nazionale dei Comuni (Anci), trovano conferma sia l’autonomia di entrata e di spesa per gli enti locali che l’abbandono della "spesa storica" a favore dei "costi standard". Tre le parole chiave: responsabilizzazione a tutti i livelli di governo, trasparenza – intesa anche come controllo da parte dei cittadini – e solidarietà.
Il testo tornerà in Consiglio dei ministri non prima del 25 settembre, data in cui potrebbe tenersi una seconda Conferenza unificata Stato Regioni. Una possibilità, quella di un incontro bis, apertasi al termine del Cdm. Dopo l’ok definitivo del Consiglio dei ministri, alla fine di settembre, il disegno di legge inizierà il suo iter parlamentare, per essere licenziato entro la fine dell’anno come collegato alla Finanziaria 2009.
Confermato, dunque l’obiettivo di garantire autonomia di entrata e di spesa agli enti locali. "Abbiamo interrotto – ha spiegato stamattina in conferenza stampa il ministro Calderoli, che ha curato la prima stesura del ddl – quei trasferimenti dallo Stato al territorio che non consentivano una corretta valutazione, da parte del cittadino, dell’entità di queste risorse e delle tasse. Abbiamo inoltre dato un’autonomia, peraltro prevista dalla Costituzione, di entrata e di spesa agli enti locali. Le Regioni – ha aggiunto – riceveranno la compartecipazione alle imposte erariali, addizionali e tributi propri, con la possibilità per chi è amministrato di verificare quante sono le risorse e come vengono utilizzate".
E con i trasferimenti che minano la possibilità di un controllo democratico, in soffitta anche il criterio della "spesa storica". Gradualmente, sarà soppiantato da quello della "spesa standard", con la conseguenza che i finanziamenti non saranno più dati sulla base di quanto gli enti locali hanno speso negli anni precedenti, ma attraverso nuovi parametri, costruiti su obiettivi che tengono conto dei costi effettivamente necessari per soddisfarli. Cala dunque il sipario sull’era della "spesa facile", in cui "chi più spendeva più riceveva dallo Stato". Una procedura che – ha detto il ministro – ha favorito "i cattivi amministratori rispetto a quelli virtuosi". Quanto ai tempi, bisognerà mettere in conto "cinque anni per le funzioni non fondamentali – ha risposto il ministro – e un periodo sostenibile per le funzioni che verranno definite dal Parlamento".
Chiara Ciranda – Fisco Oggi