Con i decreti legge 112 e 185 del 2008 sono stati introdotti nuovi istituti conciliativi e deflativi del contenzioso, in aggiunta a quelli già esistenti.
Il legislatore, a partire dal 1997, ha ritenuto di affermare in maniera sempre più chiara la necessità della collaborazione e del contraddittorio nel rapporto tra Fisco e contribuente. Ciò non soltanto per rendere meno distante la fase del controllo da quella della effettiva riscossione delle imposte evase, ma anche per essere maggiormente in linea con le disposizioni contenute nella legge 212/2000 e per assicurare il giusto equilibrio tra la pretesa erariale, da un lato, e diritti del contribuente ed effettiva capacità contributiva, dall’altro.
Questi i motivi per i quali sono state ridotte a una misura veramente modesta le sanzioni che il contribuente deve pagare se si ravvede prima di qualunque attività di controllo; questi i motivi per i quali il legislatore, in tutti i casi in cui il contribuente che si trova in una situazione di lite potenziale con l’ufficio rinuncia al contenzioso e versa l’imposta, ha ritenuto di abbassare l’entità delle sanzioni e di concedere altri vantaggi, compresa una piccola copertura verso possibili futuri accertamenti, permettendo peraltro il pagamento dilazionato delle somme dovute.
Come anticipato, con i decreti legge del 2008 ("manovra d’estate" e "anticrisi"), le possibilità per il contribuente di chiudere la vertenza senza ricorrere al contenzioso sono aumentate, divenendo peraltro ancora più appetibili di quanto lo fossero in precedenza.
Di seguito, un quadro sintetico delle diverse ipotesi di ravvedimento per le violazioni commesse e delle diverse ipotesi di definizione, o comunque conciliative, previste oggi dalla legge, excursus che si concluderà con l’istituto dell’"autotutela", il quale, se da un lato può costituire il primo sistema di chiusura della lite (prima del suo insorgere) tra il contribuente e l’ufficio, con il riconoscimento da parte di quest’ultimo circa la illegittimità della pretesa, dall’altro rappresenta certamente l’"ultima chance" del contribuente che, non avendo voluto, o potuto per qualsiasi motivo, fruire degli strumenti di regolarizzazione o conciliativi previsti dalla vigente normativa fiscale, ma ritenendo comunque di essere vittima di una pretesa illegittima e non avendo ancora avuto alcuna sentenza della Commissione tributaria di merito passata in giudicato e a lui sfavorevole, chiede la revisione dell’atto di accertamento di cui a suo tempo è stato destinatario.
Ravvedimento operoso (articolo13, Dlgs 472/1997)
Il contribuente, che ha commesso violazioni di natura sia sostanziale che formale, può regolarizzare la propria posizione versando, prima dell’inizio di qualunque attività di controllo da parte dell’ente accertatore, l’imposta evasa, i relativi interessi e la sanzione ridotta a:
1/12 del minimo in caso di mancato pagamento del tributo e regolarizzazione entro 30 giorni
1/10 del minimo in caso violazione "sostanziale" o "formale" con regolarizzazione entro il termine di scadenza della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale la violazione è stata commessa
1/12 del minimo in caso di dichiarazione tardiva ma presentata entro 90 giorni dalla scadenza
Prima dell’entrata in vigore del Dl 185/2008, la riduzione delle sanzioni era pari, rispettivamente, a 1/8, 1/5 e 1/8.
La violazione formale che non reca pregiudizio all’azione di accertamento (la cosiddetta violazione "meramente formale") non comporta applicazione di sanzione.
Presentazione della dichiarazione "correttiva nei termini" o "integrativa" (articolo 2, Dpr 322/1998)
Una dichiarazione non corretta può essere emendata, avvalendosi delle disposizioni contenute nell’articolo 2 del Dpr 322/1998. Il contribuente può, infatti, presentarne, entro i termini di scadenza della stessa dichiarazione, una nuova, "correttiva", che prenderà il posto a tutti gli effetti di quella, errata, originariamente trasmessa telematicamente all’agenzia delle Entrate.
Il contribuente può anche presentare una dichiarazione "integrativa" oltre i termini di scadenza, e addirittura oltre i termini di validità (90 giorni successivi alla scadenza ordinaria); in questo caso, sempre che la presentazione avvenga entro il termine di scadenza della dichiarazione relativa all’anno successivo, non solo potrà beneficiare della riduzione delle sanzioni secondo le disposizioni previste in materia di ravvedimento operoso (evidentemente quando dalla nuova dichiarazione emerga un maggiore debito d’imposta o un minor credito), ma potrà eventualmente anche evidenziare un minor debito o un maggior credito, con possibilità di utilizzare la differenza emergente a suo favore attraverso la compensazione.
Adesione al processo verbale di constatazione (articolo 83, comma 18, Dl 112/2008)
A partire dal 25 giugno 2008, il contribuente che riceve un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza o dell’agenzia delle Entrate, contenente però rilievi che possono dar luogo soltanto ad accertamenti parziali a norma degli articoli 41-bis del Dpr 600/73 (in materia di imposte dirette) o 54, quarto comma, del Dpr 633/1972 (in materia di Iva), può definirlo, nella sua interezza (ossia per tutti i rilievi), dandone comunicazione al reparto della Guardia di finanza o all’ufficio dell’agenzia delle Entrate competente.
L’adesione, e quindi la comunicazione all’organo verbalizzante, deve avvenire necessariamente entro 30 giorni dalla notifica del processo verbale.
Entro i 60 giorni successivi alla presentazione dell’istanza, l’ufficio dell’agenzia delle Entrate competente notifica al contribuente l’atto di definizione dell’accertamento parziale (la notifica dell’atto di definizione dell’accertamento parziale, riguardante verbali consegnati entro il 31/12/2008, può essere eseguita dall’ufficio entro il 30 giugno 2009).
In questo caso, le sanzioni sono applicate in misura pari alla metà di quelle previste per l’accertamento con adesione e, quindi, nella misura di 1/8.
Le somme dovute possono essere pagate ratealmente (in 8 rate trimestrali, oppure in 12 rate se l’imposta è superiore a 51.645,69 euro), con l’applicazione degli interessi legali, senza bisogno di alcuna garanzia.
Anche nel caso di definizione del processo verbale, come per l’accertamento con adesione, le somme dovute (o la prima rata) devono essere versate entro 20 giorni successivi alla data di notifica dell’atto di definizione.
Le somme non versate sono recuperate dall’ufficio tramite iscrizione a ruolo.
Definizione per acquiescenza (articolo 15, Dlgs 218/1997)
Il contribuente che dopo avere ricevuto un processo verbale di constatazione o un invito al contraddittorio, "definibili" a norma dell’articolo 27 del Dl 185/2008, non vi aderisce ma rinuncia poi a impugnare in Commissione tributaria il conseguente accertamento notificato dall’ufficio e provvede a pagare quanto dovuto entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, ha diritto alla riduzione delle sanzioni a 1/4 di quelle irrogate (in ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore a 1/4 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo).
Se la definizione del contribuente riguarda un avviso di accertamento che non è stato invece preceduto da un processo verbale di constatazione o da un invito al contraddittorio "definibili", la riduzione della sanzione è maggiore ed è pari a 1/8 di quella irrogata.
Con la modifica apportata all’articolo 15 del Dlgs 218
/1997 a opera dell’articolo 21, comma 22, della legge 449/1997 (Finanziaria 1998), nel caso di "definizione per acquiescenza" si applicano le disposizioni previste per l’accertamento con adesione, più avanti descritte.
Ai sensi dell’articolo 8, commi 2 e 3, del medesimo decreto legislativo 218/1997, nel caso di acquiescenza è concessa al contribuente la facoltà di versare le somme dovute in otto rate trimestrali di pari importo (12 rate se l’importo è superiore a 51.645,69 euro), prestando la garanzia prevista dall’articolo 38-bis del Dpr 633/1972 per la durata della rateazione maggiorata di un anno. Entro 10 giorni dal pagamento, il contribuente deve fare pervenire all’ufficio la quietanza di versamento e, nel caso di rateazione, anche la documentazione relativa alla presentazione della garanzia.
Definizione atto di irrogazione della sanzione (articolo 16, Dlgs 472/1997)
A norma dell’articolo 17 del decreto legislativo 472/1997, le sanzioni pecuniarie, relative a violazioni collegate al tributo, possono essere applicate dall’ufficio dell’agenzia delle Entrate con lo stesso avviso di rettifica o di accertamento. In questo caso, la definizione della sanzione segue le regole proprie dell’istituto di definizione di cui il contribuente si avvale per la chiusura della lite.
Per le sanzioni relative a violazioni "formali" non collegate al tributo, invece, l’applicazione va fatta necessariamente col separato avviso previsto dall’articolo 16 del citato Dlgs.
In questo caso, la sanzione irrogata può essere definita rinunciando al contenzioso e pagando, entro 60 giorni dalla notifica, una somma pari a 1/4 (comunque in misura non inferiore a 1/4 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo).
Acquiescenza alla richiesta contenuta nell’invito all’accertamento con adesione (articolo 27, Dl 185/2008)
Nel caso di invito all’adesione da parte dell’ufficio, a partire dall’anno 2009 la comunicazione deve contenere anche le maggiori imposte, le ritenute, i contributi, le sanzioni e gli interessi dovuti accettando la definizione. Al contribuente, infatti, viene consentito di definire l’intero contesto accettando di pagare quanto preteso dall’ufficio entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per il contraddittorio, manifestando per iscritto, entro lo stesso termine, tale volontà e allegando la quietanza del versamento effettuato.
In questo modo, oltre a evitare di intraprendere la procedura dell’accertamento con adesione, il contribuente beneficia della riduzione delle sanzioni a 1/8 del minimo (anziché a 1/4). Anche in questo caso, le somme dovute possono essere pagate in 8 rate trimestrali (12 se l’imposta è superiore a 51.645,69 euro) con l’applicazione degli interessi legali ma senza presentazione di alcuna garanzia.
Accertamento con adesione (articolo 2, Dlgs 218/1997)
L’accertamento dell’Iva e delle imposte sui redditi può essere unitariamente definito con l’adesione del contribuente.
In materia di imposte dirette, possono essere definiti gli accertamenti relativi a ogni categoria di reddito, compresi quelli accertati in maniera sintetica. Per quanto riguarda l’Iva, la definizione riguarda le fattispecie per essa rilevanti e il tributo è liquidato applicando sui maggiori componenti positivi di reddito (rilevanti ai fini della stessa Iva) l’aliquota media delle operazioni effettuate, a meno che non sia individuabile la precisa aliquota applicabile.
L’accertamento con adesione ha come effetto la definizione del periodo, sia per le imposte sui redditi che per l’Iva (quando dovuta).
Gli aspetti premiali dell’istituto sono i seguenti:
applicazione delle sanzioni nella misura di 1/4 del minimo previsto
applicabilità della circostanza attenuante per i reati fiscali di cui all’articolo 13 del Dlgs 74/2000, con riduzione fino alla metà delle sanzioni penali e inapplicabilità delle sanzioni accessorie previste dallo stesso decreto legislativo se il debito è estinto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado
non valenza dei maggiori importi accertati ai fini Iciap (imposta oggi soppressa) e ai fini extratributari, tranne che per i contributi previdenziali e assistenziali (su questi ultimi, comunque, non si applicano sanzioni e interessi).
In più, l’ulteriore azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria è ammesso solo nei seguenti casi, e cioè quando:
sopravviene la conoscenza di elementi che consentono l’accertamento di un maggior reddito superiore al 50% di quello definito e comunque non inferiore a 150 milioni di lire (77.468,53 euro)
l’accertamento definito era "parziale"
la definizione ha riguardato solo redditi di "partecipazione" in società di persone, associazioni professionali o aziende coniugali
venga accertato, dopo la definizione della posizione personale di un socio, un maggior reddito nei confronti della società di persone o dell’azienda coniugale di cui il soggetto fa parte.
Un ulteriore accertamento è sempre possibile, però, anche in assenza di elementi sopravvenuti, quando l’accertamento "definito" era basato sugli studi di settore. Tuttavia, a norma dell’articolo 27 del Dl 185/2008, per i contribuenti che aderiscono agli inviti al contraddittorio per accertamenti basati sugli studi di settore relativi alle annualità 2006 e seguenti, è stata fissata una franchigia: l’Amministrazione finanziaria non può procedere a ulteriori accertamenti di tipo analitico-presuntivo, basati su presunzioni semplici, quando i ricavi o compensi non dichiarati sono pari o inferiori al 40% di quelli dichiarati e, comunque, non superiori a 50mila euro.
La procedura di attivazione è la seguente:
invito dell’ufficio locale dell’agenzia delle Entrate, contenente l’indicazione dei periodi da concordare, il luogo e il giorno fissato per la comparizione, nonchè le maggiori imposte, le ritenute, i contributi, le sanzioni e gli interessi dovuti
oppure
richiesta (con istanza in carta libera) del contribuente che ha ricevuto accessi, ispezioni, verifiche, oppure un avviso di rettifica o di accertamento.
La procedura di adesione è la seguente:
viene redatto un atto scritto
il versamento va fatto entro 20 giorni dall’atto di adesione
la quietanza di versamento deve pervenire all’ufficio entro 10 giorni dal pagamento
l’ufficio, dopo essere venuto in possesso della quietanza, consegna la copia dell’atto di adesione al contribuente
l’adesione si perfeziona con il pagamento dell’intera somma dovuta, ovvero, nel caso di pagamento dilazionato, con il pagamento della prima rata e la presentazione della garanzia. E’ possibile, infatti, la dilazione in 8 rate trimestrali, oppure in 12 (se l’imposta è superiore a 51.645,69 euro), con l’applicazione degli interessi legali e con la presentazione di una garanzia per il periodo della dilazione aumentato di un anno.
Conciliazione giudiziale (articolo 48, Dlgs 546/1992)
Il contribuente che non si è avvalso degli strumenti definitori finora descritti e ha impugnato l’avviso di rettifica o di accertamento in Ctp, ha sempre la possibilità di recedere dalla lite già instaurata mediante l’istituto della conciliazione giudiziale. In questo caso, beneficia della riduzione della sanzione in una misura ridotta ma comunque meno vantaggiosa di quella prevista per tutti gli altri istituti conciliativi.
La conciliazione giudiziale può avvenire solo davanti alla Ctp e non oltre la prima udienza. Sua conseguenza è l’estinzione del giudizio e l’applicazione delle sanzioni nella misura ridotta di 1/3 di quelle irrogabili in relazione all’imposta "conciliata" (in ogni caso la misura delle sa
nzioni non può essere inferiore a 1/3 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo).
Può essere proposta:
in udienza
da una delle parti, con l’istanza di trattazione in pubblica udienza (se la conciliazione non avviene nella prima udienza la Commissione può assegnare un termine non superiore a 60 giorni per una conciliazione "fuori udienza")
dalla Commissione tributaria provinciale
fuori udienza
con l’accordo preventivamente raggiunto e depositato prima della fissazione dell’udienza
con l’accordo preventivamente raggiunto e depositato dopo la fissazione dell’udienza e prima della trattazione (in camera di consiglio o in pubblica udienza)
Nelle ipotesi di conciliazione "in udienza" e in quella di conciliazione "fuori udienza" ma con deposito dell’accordo dopo la fissazione della stessa, dopo l’adesione alla proposta viene redatto un apposito processo verbale con l’indicazione delle somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e di interessi. Tale processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute, le quali vanno versate dal contribuente entro 20 giorni dalla data dell’udienza, ovvero ratealmente (otto rate trimestrali, 12 se le somme dovute superano 51.645,69 euro), con interesse al saggio legale e con idonea garanzia.
Nell’ipotesi di conciliazione "fuori udienza" con deposito dell’accordo prima della fissazione dell’udienza, il presidente della Commissione, se ritiene ammissibile la conciliazione, dichiara con decreto l’estinzione del giudizio. La proposta di conciliazione e il decreto prendono il posto del processo verbale. Il decreto è comunicato alle parti e il pagamento delle somme dovute (o della prima rata) deve avvenire entro 20 giorni dalla data della comunicazione.
La conciliazione si perfeziona con il pagamento delle somme dovute, ovvero, in caso di dilazione, con il pagamento della prima rata e con la presentazione della prevista garanzia.
In mancanza, il giudizio continua e non è più applicabile alcuna riduzione delle sanzioni.
Pagamento degli inviti di pagamento conseguenti a controlli automatici e a controlli formali
Il contribuente che riceve una "comunicazione di irregolarità" a seguito di controlli automatici o formali, e ritiene corretti gli addebiti in essa contenuti, ha la possibilità di evitare l’iscrizione a ruolo versando, oltre al tributo, una sanzione ridotta se regolarizza la propria posizione entro 30 giorni dal ricevimento dalla comunicazione.
La riduzione della sanzione è pari a:
1/3 di quella irrogata se la comunicazione è stata emessa a seguito di controllo automatico della dichiarazione (previsto dagli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972)
2/3 della sanzione irrogata se, invece, la comunicazione è relativa a un controllo formale della dichiarazione (previsto dall’articolo 36-ter del Dpr 600/1973).
Trascorso il termine previsto per la regolarizzazione, i contribuenti che non eseguono il pagamento perdono la possibilità di fruire della riduzione delle sanzioni e, dopo l’iscrizione a ruolo da parte dell’agenzia delle Entrate, riceveranno la cartella di pagamento con addebito della sanzione ordinariamente prevista (30%).
Autotutela
L’autotutela non rappresenta una modalità di definizione delle controversie, bensì l’istituto in forza del quale tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione sono chiamati a rivedere un proprio atto e, una volta riconosciuto illegittimo, ad annullarlo per evitare l’aggravio di spese che potrebbe derivare dalla prosecuzione della controversia già instaurata, oppure, semplicemente, per impedire il conseguimento di un indebito arricchimento o comunque un risultato assolutamente non conforme alla legge.
L’autotutela è certamente applicabile "d’ufficio", anche se spesso viene sollecitata dagli stessi contribuenti, che si ritengono lesi dall’atto amministrativo a loro notificato, oppure da altri organismi che ne tutelano gli interessi, come il Garante del contribuente.
Con il Dm 37/1997 sono stati individuate le situazioni che, in linea di principio, giustificano e quindi rendono necessario il ricorso all’istituto dell’autotutela nella materia tributaria:
errore di persona
evidente errore logico o di calcolo
errore sul presupposto dell’imposta
doppia imposizione
mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti
mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza
sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati
errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
Unico motivo ostativo all’autotutela è l’esistenza di un giudicato di merito sulla questione favorevole all’Amministrazione finanziaria. Non è invece di ostacolo la mancata impugnazione dell’atto entro i termini previsti per il ricorso in Commissione tributaria.
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