Per la scadenza in arrivo occorre tener conto dell’acconto versato entro il 16 giugno scorso, pari al 50% dell’imposta complessiva dell’anno precedente, quindi sulla base delle aliquote e delle detrazioni deliberate per il 2010. Se per il 2011 non ci sono state variazioni, basta versare il restante 50%, altrimenti il tributo va ricalcolato applicando le nuove regole deliberate dal Comune e scalando l’acconto versato a giugno.
Tutto questo, ovviamente, se il contribuente non abbia deciso di versare l’imposta dovuta in un’unica soluzione entro il 16 giugno, già considerando aliquote e detrazioni fissate per il 2011.
I cittadini residenti all’estero possono effettuare il versamento in un’unica soluzione entro il 16 dicembre, con applicazione degli interessi del 3% sull’importo dell’acconto che si sarebbe dovuto pagare a giugno.
Chi deve andare in cassa
Non tutti i proprietari di immobili sono interessati dalla scadenza.
La legge 126/2008, infatti, ha previsto l’esenzione dal pagamento dell’imposta per l’abitazione principale, tranne nel caso in cui si tratti di immobili rientranti in una delle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli, palazzi di pregio artistico e storico). Per questi ultimi, tra l’altro, è possibile fruire della detrazione di 103,29 euro, elevabile fino a 258,23 euro su decisione del Comune di residenza.
Escluse dunque dall’imposta la casa dove il contribuente (proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento) dimora abitualmente, che si presuppone essere, fino a prova contraria, quella in cui ha la residenza anagrafica, e le relative pertinenze (box, garage, soffitte e cantine), anche se distintamente accatastate.
Soggetti al tributo sono invece gli immobili che non costituiscono abitazione principale (dati in affitto, utilizzati come seconde case, tenuti a disposizione eccetera), oltre a tutti gli immobili non abitativi (ad esempio, uffici e negozi), le aree edificabili e i terreni agricoli.
Debitori dell’Ici e, perciò, tenuti al saldo 2011, sono:
- i proprietari di fabbricati, aree edificabili e terreni agricoli situati nel territorio dello Stato
- i titolari dei diritti reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie) sugli stessi beni
- i locatari in leasing
- i concessionari di aree demaniali.
Facciamo i conti
Per stabilire la base imponibile sulla quale calcolare l’Ici dovuta sui fabbricati, occorre partire dalla rendita catastale – ricavabile dall’atto di compravendita o tramite interrogazione gratuita sul sito dell’Agenzia del Territorio – che va rivalutata del 5% e moltiplicata, a seconda della tipologia dell’unità immobiliare, per i seguenti coefficienti:
- 140, se fabbricati del gruppo catastale B
- 100, se fabbricati dei gruppi A (esclusa la categoria A/10) e C (esclusa la categoria C/1)
- 50, se fabbricati del gruppo D e della categoria A/10
- 34, se fabbricati della categoria C/1.
Una volta ricavata la base imponibile, occorre applicare l’aliquota stabilita dal Comune dove è ubicato l’immobile (che varia dal 4 al 7 per mille, con un massimo del 9 per mille per le abitazioni tenute sfitte) e le eventuali detrazioni, tenendo in considerazione sia la quota di proprietà che il periodo di possesso (intero anno o i mesi durante i quali si è stati titolari del diritto reale, considerando intero il mese per il quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni).
Prepariamo il versamento
Una volta stabilito il “quantum”, occorre procedere al pagamento, utilizzando un bollettino di conto corrente postale intestato al Concessionario o al Comune o il modello F24 presso agenzie postali, tramite le banche convenzionate o utilizzando il servizio telematico di Poste italiane. I titolari di partita Iva devono obbligatoriamente utilizzare il canale telematico.
In caso di utilizzo dell’F24 devono essere indicati i seguenti codici tributo:
- 3901, per l’abitazione principale
- 3902, per i terreni agricoli
- 3903, per le aree fabbricabili
- 3904, per gli altri fabbricati.
L’importo da versare va arrotondato all’unità di euro.
Ancora una chance per i ritardatari
Per chi salta l’appuntamento del 16 dicembre, c’è la possibilità di rimediare tramite il ravvedimento operoso, applicando gli interessi al tasso legale annuo, attualmente pari all’1,5% (nell’F24 vanno evidenziati con il codice tributo 3906), e la sanzione ridotta (codice tributo 3907).
Se il versamento avviene entro 14 giorni dalla scadenza si può usufruire del “ravvedimento sprint” con sanzione dello 0,2% giornaliero. Fino al trentesimo giorno di ritardo (“ravvedimento breve”), si applica la sanzione del 3%; infine, in caso di versamento entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno di commissione della violazione (“ravvedimento lungo”), la sanzione è pari al 3,75 per cento.