La condizione relativa alla conservazione del posto di lavoro opera indipendentemente dalla riferibilità dell’interruzione del rapporto alla volontà del datore di lavoro o del dipendente. Tale condizione si considera rispettata se in ciascun anno compreso nel periodo di sorveglianza viene conservato, in media annuale, l’incremento occupazionale rilevante realizzato nell’area svantaggiata. A tal fine, il datore di lavoro può sostituire il lavoratore "agevolato" con altro lavoratore a tempo indeterminato in possesso dei requisiti previsti dalla norma agevolativa.
Questi i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate contenuti nella risoluzione n. 105/E del 12 ottobre, emanata a seguito di un’istanza di interpello in cui il contribuente ha chiesto di conoscere l’esatta interpretazione della disposizione che condiziona il permanere del diritto al credito d’imposta alla "conservazione" degli stessi posti di lavoro creati per un periodo minimo, ciò allo scopo di stabilire, nelle ipotesi di interruzione "prematura" del rapporto di lavoro agevolato (nella fattispecie, per dimissioni volontarie), come opera la decadenza dall’agevolazione e in quali casi sia possibile consentire la continuazione della fruizione del beneficio.
Il documento di prassi propone in primo luogo una panoramica della normativa vigente in materia di credito d’imposta per l’incremento dell’occupazione, istituito dall’articolo 2, commi da 539 a 548, della legge finanziaria 2008. In proposito, si ricorda che il bonus, fruibile per gli anni 2008, 2009 e 2010, e pari a 333 euro per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese (416 euro in caso di lavoratrici rientranti nella definizione di "lavoratore svantaggiato"), spetta ai datori di lavoro che nel periodo 1° gennaio 2008 – 31 dicembre 2008 hanno incrementato le assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nelle "aree svantaggiate".
Ai fini della concreta fruizione del credito d’imposta, è stato emanato il decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 12 marzo 2008, nonché la circolare dell’Agenzia delle Entrate 48/2008. Di quest’ultimo documento la risoluzione evidenzia il paragrafo relativo alla determinazione del credito d’imposta, in cui si evince la definizione di "incremento occupazionale rilevante" che determina il diritto a fruire del credito d’imposta, vale a dire il minor valore tra l’incremento occupazionale realizzato e il numero dei lavoratori neo-assunti agevolabili (cfr paragrafo 5.3, punto 4, della circolare).
La risoluzione prosegue poi nell’esame specifico delle disposizioni che condizionano la fruizione del beneficio al rispetto di determinati obblighi e la conseguenza della loro inosservanza.
Tra le condizioni da rispettare per non incorrere nella decadenza dall’agevolazione è prevista la conservazione del posto di lavoro creato per un periodo minimo di tre anni nel caso di grandi imprese ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese (cfr comma 545, lettera b), articolo 2 della Finanziaria 2008 e articolo 7, comma 1, lettera b) del "decreto occupazione").
Il mancato rispetto della condizione comporta il divieto di fruizione del credito del credito d’imposta già maturato sino alla data in cui si verifica la decadenza, nonché l’eventuale recupero del credito d’imposta già utilizzato in precedenza, con l’applicazione delle relative sanzioni e interessi (cfr articolo 7, comma 3).
Inoltre, nella relazione di accompagnamento al decreto di attuazione si legge che gli incrementi occupazionali devono essere conservati all’interno della medesima "area svantaggiata" per il suddetto periodo minimo.
La disamina normativa porta l’Agenzia ad affermare che, sia con riguardo alle cause di interruzione del rapporto di lavoro agevolato (per motivi ascrivibili alla volontà del lavoratore o al datore di lavoro) sia con riguardo al profilo della continuità temporale, le disposizioni interne non prevedono alcuna eccezione all’obbligo di conservazione del posto di lavoro per il periodo minimo stabilito.
L’Amministrazione finanziaria fa presente, infatti, che tale condizione è stata mutuata dalla normativa dell’Unione europea (in particolare, dall’articolo 4, paragrafo 4, lettera b), del regolamento Ce 2204/2002).
In ambito comunitario, la normativa in materia di aiuti all’occupazione, con particolare riferimento al concetto di creazione e mantenimento di posti di lavoro, è stata oggetto di una pronuncia da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 2 aprile 2009, causa C-415/07).
Di questa sentenza l’Agenzia sposa il principio interpretativo: l’unico metodo che consente di rispondere "all’intento di favorire la stabilità o la continuità dell’occupazione", nonché di valutare ragionevolmente la condizione del mantenimento dei posti di lavoro creati per un periodo minimo è costituito dalla stima dell’effetto incrementativo prodotto dalla creazione del posto di lavoro. Detta stima viene effettuata ponendo a confronto dati omogenei, relativi a un periodo di un anno, mediante la comparazione dell’incremento del numero dei dipendenti a tempo indeterminato con la media di un periodo di riferimento.
Trasponendo alla fattispecie il principio affermato dalla Corte di giustizia, l’Agenzia ritiene che per "conservazione del posto di lavoro creato" debba intendersi conservazione "in media annuale" dell’incremento occupazionale rilevante realizzato nell’area svantaggiata, senza tenere conto delle vicende relative al lavoratore assunto per coprire il posto di lavoro creato.
In altre parole, per ognuno degli anni ricompresi nel biennio o nel triennio di sorveglianza, è necessario determinare la media degli "incrementi occupazionali rilevanti" realizzati per ciascuno dei 12 mesi solari. Tale computo decorre dal mese in cui è stato creato il posto di lavoro agevolato. Se il valore medio così determinato è pari o superiore all’"incremento occupazionale rilevante" realizzato nel mese in cui l’assunzione del lavoratore agevolato (in seguito dimissionario) ha determinato la maturazione del credito d’imposta, la condizione relativa alla conservazione del posto di lavoro si considera rispettata e, quindi, il datore di lavoro non incorre nella decadenza ab origine dal credito d’imposta.
Nel caso in cui la fuoriuscita del lavoratore agevolato che ha determinato la maturazione del credito d’imposta provochi un’effettiva diminuzione dell’incremento occupazionale, l’Agenzia ritiene possibile considerare ai fini della determinazione del valore medio annuale anche eventuali lavoratori a tempo indeterminato già assunti in possesso dei requisiti previsti dalla norma agevolativa (articolo 2, comma 543, lettera a), della Finanziaria 2008), ma che a suo tempo non hanno consentito la maturazione del credito d’imposta in quanto non hanno concorso alla realizzazione dell’"incremento occupazionale rilevante", oppure in quanto assunti dopo il 31 dicembre 2008.
Diversamente, nell’ipotesi in cui non siano presenti lavoratori già assunti, l’Agenzia ritiene che sia necessario ricostituire il posto di lavoro creato procedendo alla sostituzione del lavoratore fuoriuscito con l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori – sempre in possesso dei requisi
ti previsti dalla norma agevolativa – in numero tale da ristabilire l’incremento occupazionale rilevante necessario per la determinazione di un valore medio annuale non inferiore all’"incremento occupazionale rilevante" realizzato nel mese in cui l’assunzione del lavoratore agevolato dimissionario ha generato la maturazione del credito d’imposta.
In tal caso, si considerano come interamente coperti (e quindi il posto di lavoro come conservato) sia il mese in cui si è interrotto il rapporto di lavoro agevolato sia il mese in cui avviene la nuova assunzione.
La risoluzione puntualizza, infine, che il datore di lavoro matura il credito d’imposta mensile solamente quando il posto di lavoro agevolato viene ricostituito mediante la sostituzione, nei termini sopra precisati, del lavoratore fuoriuscito.