Indeducibili i costi del carburante risultanti da una scheda incompleta

Non è deducibile dal reddito d’impresa il costo sostenuto per l’acquisto di carburanti per autotrazione, né è detraibile la relativa Iva, se vi è stata incompleta redazione delle schede carburante (Dpr 444/1997), in particolare, quando le schede non recano l’indicazione della percorrenza e del numero dei chilometri riportato dall’apposito misuratore del veicolo utilizzato per il trasporto.

 
Lo ha affermato la Corte di cassazione con la sentenza 3947del 18 febbraio.
 
La vicenda
Con gli avvisi di accertamento emessi ai fini Irpeg, Irap e Iva relativi agli anni di imposta 1998 e 1999 e notificati a una Srl, l’ufficio ha recuperato, tra gli altri, anche costi conseguenti alle “indebite deduzioni” operate in relazione al “conto carburante”, documentati con schede prive degli elementi prescritti dal decreto ministeriale del 7 giugno 1977.
 
Diversamente dai giudici di primo grado che, previa riunione, avevano respinto i ricorsi della società, la Ctr della Puglia ha accolto l’appello, poiché, nonostante alcune schede siano risultate “prive dei dati identificativi dell’automezzo, del numero dei km percorsi a fine mese e del numero dei km finali rilevabili dal contachilometri dell’automezzo utilizzato”, sono state “depositate in atti centinaia di schede carburante” con tali indicazioni.
 
L’Agenzia ha impugnato la pronuncia di secondo grado per il capo relativo ai costi per l’acquisto del carburante, denunziando “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 15, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, in relazione alla legge 21 febbraio 1977, n. 31, art. 2; al D.M. 7 giugno 1977; e al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444”.
In particolare, con riferimento al contenuto e alle modalità di compilazione delle schede carburante, l’Agenzia ha rilevato che la mancata annotazione, a fine mese, delle predette indicazioni rende il costo privo del requisito della determinabilità e dell’inerenza e, quindi, non deducibile.
 
Con la sentenza 3947, la Corte ha accolto il predetto motivo di ricorso “essendo erronea, in diritto, l’affermazione della Commissione Tributaria Regionale per la quale … i ‘costi carburante’ sarebbero deducibili, benché documentati da ‘schede prive dei dati identificativi dell’automezzo, del numero dei km percorsi a fine mese e del numero dei km finali rilevabili dal contachilometri’ (perché, si assume, ‘la ripetitività delle schede relative allo stesso automezzo, consente di ritenere deducibile il costo del carburante anche per quelle residuali schede che non contengono l’indicazione della percorrenza, in quanto…, una volta identificata l’appartenenza del bene alla società, risulta osservato il requisito dell’inerenza’)…”.
 
La sentenza
In generale, la giurisprudenza della Cassazione ha affermato che la possibilità di dedurre “… dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto dei carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa è subordinata al fatto che le … schede carburanti, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa …” (Cassazione, sentenze 26539/2008 e 21941/2007).
 
Nella fattispecie in esame, la Suprema corte, dopo aver indicato gli interventi legislativi in materia e le pronunce di legittimità in relazione alla mancanza di alcuni dei requisiti previsti, quale contenuto necessario delle schede carburante, si è pronunciata per la prima volta con riferimento all’assenza di indicazioni circa la percorrenza mensile e la conseguente rilevazione nel contachilometri del veicolo utilizzato (in tal senso, è di recente intervenuta anche la Ctp di Reggio Emilia, con la sentenza 9/1/2011). A seguito della previsione contenuta nell’articolo 2 della legge 31/1977, infatti, “il D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, ha dettato il ‘regolamento recante norme per la semplificazione delle annotazioni da apporre sulla documentazione relativa agli acquisti di carburanti per autotrazione’ e che tali “annotazioni … sono sostitutive della fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22, comma 3’ (art. 1, comma 2)”.
 
In relazione ai vizi di compilazione, la Corte si è già pronunciata negando sia la deducibilità dei costi, sia la detraibilità dell’Iva, con riferimento a schede prive:
  • della sottoscrizione dell’esercente l’impianto di distribuzione del carburante, che“avendo una funzione … di ‘convalida’ del rifornimento, ‘costituisce elemento essenziale senza del quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge’ (Cassazione, sentenze 21941/2007, 21942/1997 e 21943/2007; conforme 10799/2007)
  • del numero di targa, poiché verrebbe “… a mancare ogni garanzia circa l’identità del veicolo effettivamente rifornito …”(Cassazione 3947/2011 e, ivi, 21769/2005; conforme 19820/2008).
 
L’indispensabilità di tutte le indicazioni è stata ribadita con riferimento alla prova dell’inerenza e dell’effettività del costo relativo agli acquisti di carburante per autotrazione, effettuati presso impianti stradali di distribuzione, anche qualora il numero delle schede prive dei requisiti di legge sia limitato.
Nella fattispecie in esame, infatti, nonostante la copiosa documentazione depositata dalla società, la Corte ha affermato che per godere dei benefici fiscali della deducibilità dei costi e della detraibilità dell’Iva, è necessario che ogni scheda carburante sia completa di tutti i dati richiesti dal legislatore.
Due i passaggi della Corte.
 
La mancanza di uno solo dei dati necessari previsti dal Dpr 444/1997 (in particolare, l’articolo 4 prevede, per l’intestatario del mezzo di trasporto utilizzato nell’esercizio d’impresa, la registrazione dell’ammontare complessivo delle operazioni annotate su ciascuna scheda mensile o trimestrale, nonché l’annotazione sulla scheda del numero dei chilometri rilevabile, alla fine del mese o del trimestre, dall’apposito dispositivo esistente nel veicolo) non consentirebbe di riconoscere l’effettiva riferibilità del relativo costo all’attività di impresa. Ciò in quanto “… la natura ‘essenziale’ di tutti gli elementi richiesti nella normativa affinché ogni scheda carburanti possa ‘assolvere alla finalità prevista dalla legge’ – ovverosia rappresentare un costo deducibile, allo stesso modo e con gli stessi effetti di una fattura – deve essere ribadita essendo evidente la finalità antielusiva perseguita dal legislatore, nel senso (rilevante anche nella fattispecie) di consentire sempre una pronta verifica documentale… della riferibilità … ai quantitativi di carburante che si assumono acquistati in riferimento al concreto consumo di ogni automezzo, intuitivamente verificabile solo in base all’annotazione dei chilometri di percorrenza”.
 
Inoltre, nulla può fare il contribuente per sanare tale mancanza. Neppure può invocare il numero di schede ulteriori compilate correttamente, poiché “la correlazione posta (anche quoad sanzionabilità) dal legislatore (L. n. 31 del 1977, art. 2) tra il complessivo contenuto della ‘scheda carburante’ (‘tale documentazione’) e la ‘fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22’ esclude la giuridica utilizzabilità di qualsivoglia elemento equipollente di riferimento (come, in particolare, la ‘ripetitività’ considerata sufficiente dalla Commissione Tributaria Regionale)…”.
Secondo la Corte, l’adempimento della completa indicazione dei dati, infatti, vuole evitare artificiose ricostruzioni postume del contenuto di ciascuna scheda, la cui finalità è quella di “documentare la effettività (e non, come ritenuto dal giudice di appello, provare unicamente l’inerenza) del costo…”; finalità perseguita “… soltanto con la corretta compilazione, in ogni sua parte ed elemento, della scheda, allo stesso modo che per la ‘fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 art. 22’ (la quale deve contenere in sé sola tutti gli elementi probatori, quindi giustificativi, dell’operazione)…”.

Spetterà al giudice del rinvio, quindi, riesaminare la pronuncia di secondo grado annullata dalla sentenza 3947/2011 sulla scorta dei citati principi di diritto affermati dalla Corte suprema.

 
Fonte: Romina Morrone da nuovofiscooggi.it
 
 

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