La società che tramite fornitore italiano invia capi d’abbigliamento alla cliente sammarinese, in base a un contratto estimatorio, realizza un’operazione inquadrabile come esportazione non imponibile Iva solo al momento della rivendita delle merci al pubblico, e non all’atto di consegna dei beni.
Il reale passaggio di proprietà degli abiti tra commissionario nazionale e committente di San Marino slitta così nel tempo, condizionando, a monte, anche i rapporti tra società e fornitore nostrano. Questo differimento nel tempo del transito di proprietà dei beni vanifica, infatti, l’ipotesi di un’operazione triangolare, configurando così l’acquisto dei beni dal fornitore come una cessione nazionale imponibile, per cui si deve emettere fattura con addebito d’imposta.
Questo, in sintesi, il parere fornito dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 17 /E del 23 gennaio, in risposta all’interpello di una società, commerciante all’ingrosso d’abbigliamento, che compra i capi da un fornitore italiano e, tramite lo stesso, li invia alla cliente sammarinese.
Nel dettaglio, l’impresa vuole conoscere i corretti adempimenti fiscali da porre in essere.
I tecnici dell’Agenzia focalizzano l’attenzione sullo slittamento nel tempo degli effetti traslativi della proprietà. Infatti, è proprio la variabile temporale a condizionare il trattamento fiscale delle operazioni in gioco. Benché la disponibilità dei beni si sposti dalla società istante al cliente già al momento della consegna, il vero passaggio di testimone tra commissionario nazionale e committente sammarinese si realizza solo quando i beni sono rivenduti al pubblico oppure, per le merci non restituite, alla scadenza del termine pattuito e comunque dopo almeno un anno dalla loro spedizione, come previsto dal decreto Iva. Soltanto a questo punto, infatti, l’operazione è qualificabile come esportazione non imponibile.
Inoltre, l’Agenzia si sofferma sugli adempimenti che la società deve compiere nei confronti del cliente di San Marino e su come va emessa la fattura, ricordando quanto previsto dai decreti ministeriali 18 novembre 1976 e 24 dicembre 1993. Nel dettaglio, le fatture devono essere emesse in quattro esemplari, di cui tre vanno consegnati all’acquirente sammarinese e uno è trattenuto dal cedente. Uno dei tre esemplari spediti al cliente deve essere restituito con marca apposta dall’ufficio tributario di San Marino. Le fatture devono poi recare il numero di identificazione fiscale del cliente sammarinese e vanno annotate nel registro ad hoc (articolo 23 del Dpr n. 633/1972).
Sempre sul versante delle procedure, i tecnici delle Entrate pongono l’accento su tre punti. In primis, l’operatore italiano deve avere con sé la fattura restituita dall’operatore sammarinese con la marca e il timbro dell’ufficio tributario della Repubblica di San Marino. Lo stesso esemplare di fattura va allegato al documento di trasporto. Si deve poi annotare, a margine delle scritture effettuate nel registro delle vendite, l’avvenuto ricevimento della fattura. Dopo di che, le operazioni vanno indicate nell’elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie dei beni.
Infine, sul piano dei rapporti tra società istante e fornitore italiano, non essendoci un immediato effetto traslativo della proprietà dei beni, non si può essere di fronte a un’operazione triangolare. A riprova del differimento nel tempo del passaggio di proprietà tra le parti, l’Agenzia sottolinea anche la previsione nel contratto estimatorio che il cliente sammarinese possa restituire i beni rimasti invenduti, trascorsi almeno sei mesi dalla consegna. Ne deriva che quella tra istante e fornitore è una cessione nazionale imponibile, per cui va emessa fattura con addebito d’imposta.
Giulia Marconi – Nuovo Fisco Oggi