La sentenza della Corte di cassazione che ha confermato la condanna di un commercialista a pagare metà della sanzione applicata dall’amministrazione al cliente per una serie di irregolarità fiscali riporta l’attenzione sul delicato rapporto fra professionista, assistito e sistema fiscale. Al di là del caso preso in considerazione dai giudici, infatti, la lettura della sentenza della Cassazione alimenta la nostalgia per un paese in grado di gestire il rapporto fra cittadini e fisco in modo meno problematico e, a volte, isterico, di come avviene in Italia. Un paese dove aliquote sopportabili rendono l’appuntamento con il fisco più accettabile di quanto lo sia oggi. Un paese dove, certo, a quasi nessuno piace pagare le tasse ma si cerca di muoversi nella complessità del sistema tributario per individuare come pagare meno, senza cedere alla tentazione dell’elusione o dell’evasione. E dove tutti i protagonisti del sistema compiono le proprie scelte, sapendo che la furbizia non paga e che c’è, comunque, un interesse comune a muoversi nella legalità. La domanda sorge spontanea: basterà una riforma?
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