In tema di accertamento analitico-induttivo, il riscontro di una significativa riduzione della redditività della società, rispetto agli anni precedenti, benché in presenza di aumento del volume d’affari e di radicale rinnovamento tecnologico, legittima la rettifica del reddito in quanto elementi gravi, precisi e concordanti. E’ quanto ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 4170 del 20 febbraio 2009.
La controversia inizia negli anni novanta, quando una società (una tipolitografia) riceveva tre avvisi di accertamento ai fini Irpef e Ilor, oltre a sanzioni e interessi, con i quali, oltre a recuperare tassazione indebite deduzioni, si contestavano maggiori redditi di partecipazione dei soci, in relazione all’accertamento condotto nei confronti della società.
La società fava ricorso, e la Commissione tributaria di primo grado lo accoglieva.
Di segno opposto la Ctr, che sottolineava: "pur in presenza di un incremento delle prestazioni di terzi, di un utile influenzato positivamente da un contributo provinciale di lire 107.735.215, di un volume crescente di affari rispetto ai due anni precedenti, dell’acquisto di una nuova macchina per la stampa del costo di 147.717.515 – il rapporto costi-ricavi, nell’anno 1990, era stato inopinatamente del 5,76%, a fronte del 12% del 1989 e del 22% del 1988".
I giudici di appello, quindi, sostenevano che la rilevata discrasia, che è un idoneo elemento presuntivo, risultava contrastata dalla società soltanto da "semplici dichiarazioni difensive e semplici ed apodittiche affermazioni". Era, inoltre, da ritenersi congrua, ai fini della determinazione dei ricavi non dichiarati, l’applicazione del rapporto d’incidenza costi-ricavi risultanti dalle dichiarazioni degli anni precedenti.
La società decideva di proseguire il contenzioso, lamentando in Cassazione la mancanza dei presupposti che legittimano un ricorso alla ricostruzione induttiva, e sostenendo l’illegittimità degli avvisi basati sulla sola discrepanza della percentuale costi-ricavi, risultante dalla dichiarazione dell’anno contestato rispetto a quella degli anni precedenti, in presenza di una contabilità regolare.
Dopo una breve panoramica sulle diverse metodologie di accertamento, dai giudici del Palazzaccio è arrivata un’ulteriore conferma: il "contestato accertamento – si legge si legge nella sentenza n. 4170/2009 – risulta legittimamente effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, giacché è scaturito dal riscontro della forte riduzione della redditività della società, rispetto a quella degli anni precedenti, benché in presenza di aumento del volume d’affari e di radicale rinnovamento tecnologico pressoché totalmente finanziato da contributo della Provincia Autonoma di…". E, "diversamente da quanto prospettato dai contribuenti…la giurisprudenza della Suprema Corte ha reiteratamente puntualizzato che l’accertamento in rettifica è consentito, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, anche in presenza di contabilità formalmente regolare, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata".
In altre parole, anche la nuova pronuncia di legittimità non fa che confermare l’operato dell’Amministrazione finanziaria, rilevando come, per rettificare il reddito, gravità, precisione e concordanza risultino integrati in presenza di elementi quali la discordanza tra costi-ricavi, il decremento di redditività negli anni a fronte di un aumento del volume d’affari e l’espansione economica.
Nuovo Fisco Oggi