L’assicurazione sulla vita versata a favore dell’ex moglie non può essere dedotta dal reddito complessivo dichiarato dal marito separato. La regola non cambia anche se è stato il Tribunale, in occasione della causa di divorzio, a disporre il pagamento.
Così ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 2236 del 31 gennaio.
Le risposte dei giudici
Il fatto
Un contribuente presentava ricorso alla Ctp per una cartella di pagamento emessa a causa del disconoscimento, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della deduzione effettuata, in occasione della dichiarazione dei redditi, del premio relativo alla polizza vita versata a favore della moglie divorziata.
Il ricorso veniva respinto, in prima battuta, dalla Commissione tributaria provinciale e, successivamente, anche dal giudice d’appello, che accoglieva le ragioni dell’Amministrazione finanziaria.
I motivi del ricorso
A questo punto il contribuente ricorreva alla Suprema Corte, sostenendo:
- l’illegittimità della cartella di pagamento, perché non emessa a seguito di rettifica dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi, ma per una diversa interpretazione della disciplina relativa agli oneri deducibili da parte del coniuge separato o divorziato. Di conseguenza, secondo il ricorrente, la “pretesa” del fisco non poteva scaturire da un controllo automatizzato svolto ai sensi dell’articolo 36-bis e l’iscrizione a ruolo non doveva prescindere da un accertamento preventivo
- la violazione e falsa applicazione dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del Tuir, oltre che insufficiente e/o contraddittoria motivazione. La norma in questione prevede la deducibilità degli assegni periodici corrisposti al coniuge divorziato o separato (esclusi quelli per il mantenimento dei figli) disposti dall’autorità giudiziaria.
Le risposte dei giudici
Inammissibile, secondo i giudici, il primo motivo di ricorso, perché nuova la motivazione presentata, “giacché non dedotta” nei precedenti gradi di merito. La questione, inoltre, precisano i magistrati della Cassazione, “è rimessa alla discrezionalità della parte, e quindi non rilevabile d’ufficio”.
In relazione, invece, alla presunta violazione e falsa applicazione dell’articolo 10 del Tuir, la Suprema corte ha ritenuto infondato il motivo del ricorso e ha confermato il giudizio espresso in appello, secondo il quale “la deducibilità è limitata agli oneri costituiti dall’assegno di mantenimento del coniuge divorziato, e il beneficio non si estende ai premi pagati per l’assicurazione sulla vita a favore della moglie, ancorché ciò fosse stabilito con la sentenza del tribunale”.
Il pagamento della polizza vita a favore della moglie divorziata, infatti, non è materia di giurisdizione tributaria, ma riguarda la regolamentazione dei rapporti tra gli ex coniugi sotto il profilo civilistico. La questione, in sostanza, precisa la sentenza, non può “rilevare ai fini fiscali, non essendo consentita un’interpretazione analogica della disciplina di favore in siffatta materia”.
I magistrati ribadiscono che la deduzione Irpef prevista dall’articolo 10 del Tuir è applicabile limitatamente all’assegno di mantenimento versato periodicamente, il beneficio viene meno se si effettua il pagamento in un’unica soluzione. No allo sconto fiscale, quindi, nell’ipotesi descritta nel ricorso, dove il premio è versato a un “terzo” (la società assicuratrice) e non direttamente al coniuge e, “presumibilmente”, con un solo versamento.
A rafforzare le decisione, l’ordinanza 383/2001 della Corte costituzionale, che ha considerato la scelta discrezionale del legislatore di differenziare le due tipologie di assegno “né irragionevole né in contrasto con il principio di capacità contributiva” (cfr Cassazione 16462/2002, 795/2000).
Bocciate, in conclusione, le ragioni del contribuente e respinto il ricorso.
Fonte: Anna Maria Badiali da nuovofiscooggi.it