Notifiche delle sentenze più semplici, concordati più “leggeri” e definizioni delle controversie pendenti in Cassazione e in Commissione tributaria centrale. Erano i principali obiettivi del legislatore – trasfusi nell’articolo 3 del Dl 40/2010 (rubricato, appunto, “deflazione del contenzioso e razionalizzazione della riscossione”) – e costituiscono l’oggetto della circolare n. 37/E del 21 giugno, con cui l’Agenzia delle Entrate interviene a illustrare le modifiche normative.
Modifiche che, in parte, recepiscono orientamenti di prassi e di giurisprudenza già consolidati; come, ad esempio, nel caso della preventiva autorizzazione all’appello da parte della direzione regionale, la cui non necessità è ora sancita per legge, sulla scia delle indicazioni della Cassazione che in diverse occasione aveva già evidenziato, di fatto, la non operatività dell’articolo 52, comma 2, del Dlgs 546/1992 (“Gli Uffici periferici del Dipartimento delle entrate devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione regionale delle entrate”), una volta “scese in campo” le Agenzie fiscali.
Più strade per le notifiche delle sentenze
L’ufficiale giudiziario perde l’esclusiva. Per la notifica delle sentenze, ai fini della decorrenza del termine breve, ci si può, infatti, avvalere delle stesse modalità previste per gli altri atti del processo tributario (articolo 16, Dlgs 546/1992). In sintesi,
- per il contribuente: ufficiale giudiziario, servizio postale (mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento) o consegna diretta dell’atto all’ufficio
- per l’Amministrazione: ufficiale giudiziario, servizio postale (mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento), messi comunali o autorizzati dalla stessa.
La modifica normativa trova applicazione a partire dal 26 marzo 2010, anche in relazione a sentenze a tale data già depositate.
Conciliazione giudiziale, accertamento con adesione e acquiescenza meno onerosi
L’articolo 3, comma 1, lettera b), del Dl 40/2010 ha fissato un’asticella per le garanzie che devono accompagnare la conciliazione giudiziale, l’accertamento con adesione e, per rinvio, l’acquiescenza, “pagate” a rate. Polizze fideiussorie, fideiussioni bancarie o rilasciate dai “Confidi” entrano, cioè, in scena solo se le rate successive alla prima risultano di importo complessivo superiore a 50mila euro.
Riguardo alla novità normativa – partorita con il chiaro intento di “alleggerire” il contribuente nelle situazioni in cui il debito rateizzato è non particolarmente rilevante -, l’Agenzia delle Entrate osserva che la stessa, fissato il termine di entrata in vigore al 26 marzo 2010 (data di pubblicazione del decreto-legge in Gazzetta Ufficiale):
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trova immediata applicazione per le proposte di conciliazione giudiziale relative a controversie pendenti al 26 marzo scorso; ciò a meno che non si sia già svolta la prima udienza di trattazione della causa in Ctp (non rinviata ai sensi dell’articolo 48, comma 4, del Dlgs 546/1992)
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non trova applicazione per i procedimenti di conciliazione giudiziale o accertamento con adesione, a tale data già perfezionati (versamento della prima rata).
Effetti delle decisioni della Commissione tributaria centrale
Si diceva, all’inizio, che, in parte dei suoi interventi, il legislatore aveva “certificato” orientamenti, di fatto, già consolidati. Come quello relativo agli effetti, sulla riscossione, delle decisioni della Ctc, a cui si applicano le stesse regole dettate per le sentenze delle Commissioni regionali. Si ricorda, in proposito, che, ai sensi dell’articolo 68 del Dlgs 546/1992: “1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.
Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto. 2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza”.
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.
Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto. 2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza”.
Definizione delle controversie pendenti in Ctc e Cassazione
La strada indirizzata al decongestionamento delle aule della Commissione tributaria centrale e della Suprema corte è percorribile per i ricorsi iscritti a ruolo (vale a dire, depositati presso la segreteria della Ctp, come attestato dalla relativa ricevuta), nel primo grado di giudizio, entro e non oltre il 25 maggio 2000, in riferimento ai quali l’Amministrazione finanziaria dello Stato sia risultata integralmente soccombente in Ctp e Ctr (e, se la pronuncia è già intervenuta, in Ctc per le definizioni in Cassazione).
Sulla novità normativa (che opera con modalità differenti in Ctc e in Cassazione – automatica nel primo caso, a richiesta, con pagamento del 5% del valore della controversia nel secondo), l’Agenzia delle Entrate ha precisato, in particolare, che:
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non sono definibili le controversie in materia di aiuti di Stato dichiarati illegittimi con decisione della Commissione europea ovvero di riscossione di crediti tributari esteri, nonché quelle in cui sia parte resistente un ente non riconducibile all’Amministrazione dello Stato (come, ad esempio, un ente locale). Possono, invece, essere chiuse le controversie nelle quali sia parte del giudizio l’agente della riscossione, quando l’ente titolare della pretesa tributaria è comunque l’Amministrazione finanziaria dello Stato
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controversia pendente è quella per cui al 26 maggio 2010 non vi sia già stato il deposito del dispositivo della decisione presso la segreteria (per i ricorsi in Ctc) o della sentenza nella cancelleria del giudice (per i ricorsi in Cassazione)
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non sono definibili i giudizi “aventi ad oggetto le istanze di rimborso”, compresi quelli relativi a controversie incentrate sul diritto a una determinata agevolazione tributaria. Agevolazioni tributarie che aprono, al contrario, le porte alla definizione nei casi in cui l’Amministrazione finanziaria – oltre a negarne il diritto – abbia altresì provveduto all’accertamento del tributo o maggior tributo e/o abbia irrogato le relative sanzioni
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contro il decreto che dichiara l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere in conseguenza dell’intervenuta definizione (in Ctc) è possibile proporre reclamo al Collegio entro 60 giorni dalla sua comunicazione
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l’istanza per attivare la definizione in Cassazione – che il contribuente può presentare, entro il 24 agosto 2010, sia alla cancelleria della Suprema corte sia presso la segreteria della Commissione tributaria che ha emanato la sentenza poi impugnata in sede di legittimità – deve contenere la rinuncia a ogni pretesa di equa riparazione e, in allegato, l’attestazione delle somme dovute. A tal proposito, nel valore della lite non rientrano interessi, indennità di mora e sanzioni collegate al tributo. Se il contribuente ha pagato il tributo richiesto, contestando in primo grado le sole sanzioni, queste rappresenteranno il valore della controversia.
Da ultimo va evidenziato che proprio per consentire il pagamento necessario per la definizione delle controversie in Corte di cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha istituito, con la risoluzione n. 53/E del 21 giugno, il codice tributo 8109”, denominato “Definizione delle liti fiscali pendenti ai sensi dell’articolo 3, comma 2-bis, lettera b), del decreto-legge del 25 marzo 2010, n. 40”; codice che va esposto nella sezione “Erario ed altro” dell’F24-Versamenti con elementi identificativi, completato con le indicazioni “R” nel campo “tipo” e “DLF” in quello “elementi identificativi”.
Fonte: r.fo. da nuovofiscooggi.it