Con la sentenza n. 2030 del 28 gennaio 2009, la Corte di cassazione è intervenuta ancora una volta sul problema del rimborso Irap agli esercenti arti e professioni, e, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, ha stabilito che, ai fini dell’assoggettabilità a Irap, la circostanza che il titolare di uno studio associato dia un apporto fondamentale all’attività dello stesso non comporta il venire meno del requisito dell’"autonoma organizzazione" richiesto dall’articolo 2 del Dlgs 446/1997 ("presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi"). Il fatto che i suoi collaboratori non sarebbero in grado di mandare avanti l’attività non fa venir meno il requisito dell’autonoma organizzazione richiesto per il prelievo fiscale.
Il fatto
A seguito di sentenza di primo grado sfavorevole al contribuente, con la quale è stato respinto il ricorso di un professionista di uno studio associato, conseguente a impugnazione del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso dell’Irap versata e asseritamene non dovuta per un’annualità pregressa, la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello del contribuente, sulla scorta delle seguenti considerazioni:
che, per la verifica della sussistenza dell’autonoma organizzazione occorreva accertare "nella realtà se gli elementi patrimoniali e le prestazioni di lavoro dipendente, nonché di altri servizi dello studio sono di tale entità che la prestazione di quel professionista non è assolutamente indispensabile nello studio"
che, in relazione a tale premessa, dalla documentazione prodotta dalle parti non emergevano elementi tali da dimostrare l’esistenza di un’organizzazione autonoma rilevante agli effetti dell’Irap.
La sentenza di appello viene gravata dall’Amministrazione finanziaria con ricorso per cassazione in base a un unico motivo, con il quale si censura il giudicato sfavorevole per violazione della normativa sull’Irap, in quanto i giudici a quo avrebbero affermato – surrettiziamente – che l’esistenza dell’organizzazione autonoma doveva essere esclusa ogni qual volta l’attività non poteva essere svolta senza l’apporto personale del contribuente.
La Suprema corte ha accolto l’opposizione, cassando con rinvio la sentenza impugnata, sulla scorta di succinte ma lapidarie rilevazioni di seguito esposte.
La sentenza n. 2030/2009
Nel ritenere fondata la doglianza di parte pubblica, il giudice di legittimità fa leva su principi già precedentemente puntualizzati (sentenza 5011/2007), con i quali ha affermato che, in tema di Irap, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto impositivo degli esercenti arti o professioni, postula che l’attività abituale e autonoma del contribuente si avvalga di un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi e accresca la sua capacità produttiva, ma non è necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, né assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione del presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia "insostituibile" per ragioni giuridiche o perché la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità.
Infatti, secondo tali argomentazioni, lo scopo della pattuizione dell’esercizio associato di una professione intellettuale è anche quello di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, con l’effetto di escludere l’autonomia organizzativa meramente soggettiva e personale di qualsiasi esercente una professione intellettuale, e di configurare invece quell’autonoma organizzazione oggettiva dell’attività abitualmente esercitata, idonea a far presumere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, bensì di detta organizzazione associativa, costituita proprio per potenziare la produzione di ricchezza (Vap) a vantaggio degli associati, presupposto dell’Irap (sentenza 13570/2007).
Osservazioni
Con la pronuncia in commento, dunque, la Suprema corte disattende la trama argomentativa della Commissione regionale, la quale, al fine della verifica della ricorrenza del presupposto "fondante" dell’Irap, ha appuntato l’attenzione su seguenti postulati:
che non è stato accertato – dal giudice di prime cure – se gli elementi d’insieme (personali e materiali) offerti dallo studio associato siano di entità tale da rendere o meno "indispensabile" l’attività del professionista nello studio medesimo
che non è stata provata – dall’Amministrazione finanziaria – l’esistenza di una autonoma organizzazione d’impresa.
Ex adverso, il giudizio della Suprema corte rileva sotto un duplice profilo:
sotto il profilo di diritto, poiché appare evidente che il Collegio abbia ritenuta meritevole di censura l’affermazione del giudice dell’appello secondo cui l’attività dello studio non può prescindere dalla presenza indispensabile del professionista, che condizionerebbe sia l’elemento patrimoniale che quello personale (dipendenti), contrariamente all’assunto della sentenza impugnata che intende "autonomamente organizzata" (ex articolo 2, Dlgs 446/1997) un’attività professionale solo quando questa si materializza in una struttura capace di funzionare (e produrre redditi) anche e soprattutto in assenza del titolare. È evidente come simile impostazione porterebbe a escludere dall’ambito dell’Irap pressoché tutte le attività professionali e persino di lavoro autonomo (è assai frequente, infatti, che anche la scelta dell’artigiano avvenga intuitus personae), soluzione questa in contrasto con l’impalcatura della legge che sottopone a imposta coloro che esercitino arti e professioni (articolo 49, comma 1, del Tuir, richiamato dall’articolo 3 del Dlgs 446/1997). Il concetto di autonoma organizzazione accolta dalla sentenza di merito appare anche così in contrasto con la sentenza 156/2001 della Corte costituzionale, dal momento che la prevalenza del lavoro personale dell’esercente arti e professioni sulla componente produttiva patrimoniale (e quindi sui fattori produttivi materiali e personali eventualmente impiegati) è di natura ontologica. Per cui la Suprema corte, condividendo le conclusioni della Corte costituzionale, è giunta categoricamente ad affermare che si ha esercizio di "attività autonomamente organizzata" soggetta a Irap quando l’attività abituale e autonoma del contribuente dia luogo a un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi e accresca la capacità produttiva del contribuente stesso, a prescindere da quegli altri elementi valorizzati, nella specie, dalla Commissione regionale: struttura organizzata in grado di funzionare in assenza del titolare; apporto del titolare in maniera insostituibile, eccetera (sentenza 5011/2007)
sotto il profilo motivazionale, in quanto nella valutazione della ricorrenza nelle singole fattispecie del presupposto Irap, il giudice non può esimersi dall’apprezzare anche fatti specifici connessi all’impresa, quali i costi inerenti all’attività esercitata, i compensi a terzi per prestazioni afferenti l’attività produttiva, i beni strumentali impiegati, eccetera, a parte il personale dipendente (nella sentenza 29146//2008, la Corte ha stabilito – da ultimo – che è soggetto a Irap il professionista che si avvale anche di un solo assistente).
Principi ricorrenti
Si ricorda in conclusione che, secondo i principi elaborati in ma
teria dalla Suprema corte (ex multis, sentenze 3676-3675-3673-3672/2007 e 27959/2008), ricorre il requisito dell’"autonoma organizzazione", per gli esercenti arti e professioni, in presenza delle seguenti condizioni:
che il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse
che lo stesso impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Inoltre, l’onere di dimostrare il fatto costitutivo della domanda di rimborso di un tributo – nella specie di assenza di autonoma organizzazione – spetta al contribuente (sentenze 17146/2003 e 3594/2006).
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