La linea di confine che distingue i fabbricati dalle aree fabbricabili è sottile. Basta che gli immobili rientrino in un piano di recupero perché perdano la loro natura originaria di fabbricati per assumere quella di aree fabbricabili. La metamorfosi può avere risvolti interessanti per il Fisco, che classifica tra i redditi diversi le plusvalenze derivanti dall’eventuale cessione di beni utilizzabili a scopo edificatorio. Questi, comunque, possono essere oggetto di rivalutazione, entro il 31 ottobre prossimo, versando un’imposta sostitutiva del 4 per cento.
A fare il punto sul trattamento fiscale delle plusvalenze generate dalla compravendita di immobili è l’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 395/E del 22 ottobre.
Il documento risponde all’istanza di interpello presentata da un contribuente che possiede da oltre cinque anni, insieme al coniuge, due edifici: uno a uso industriale, accatastato come D/7, e uno adibito a civile abitazione, accatastato come A/3. Entrambi gli stabili, pur essendo ancora integri e agibili, sono stati inseriti dal Comune in un piano di recupero che include anche altri immobili e prevede la realizzazione di una serie di opere di trasformazione urbanistica con l’incremento delle cubature esistenti. A realizzare gli interventi edilizi sarà il costruttore che nel frattempo avrà acquistato i beni. Questa compravendita, a giudizio dell’interpellante, non comporta l’emersione di una plusvalenza in capo ai venditori. Al momento della vendita gli immobili ceduti conserverebbero, infatti, la natura di fabbricati integri nella struttura e utilizzabili in base alle loro specifiche caratteristiche.
Una convinzione, questa, che non coincide con quella espressa dai tecnici delle Entrate, secondo i quali invece l’inserimento degli immobili in un piano di recupero fa sì che oggetto della cessione non possano essere più considerati i fabbricati, ormai privi di un effettivo valore economico, ma l’area in cui essi si trovano, riqualificata in base alle nuove potenzialità edificatorie definite dal progetto.
A riprova di ciò, l’Agenzia sottolinea che lo schema di convenzione relativo al piano di recupero della zona stabilisce le cubature delle varie tipologie di locali realizzabili, che possono essere residenziali, produttivi e destinati a uffici e commercio. Dallo stesso documento è inoltre possibile desumere che le trasformazioni urbanistiche che interesseranno l’area saranno così radicali da richiedere preventivamente la demolizione degli edifici esistenti.
Tutte queste considerazioni spingono l’amministrazione fiscale a ritenere, al contrario di quanto affermato dal contribuente, che la cessione in esame riguardi terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. Vale dunque in questo caso il dettato dell’articolo 67, comma 1, lettera b, del Testo unico delle imposte sui redditi, che prevede da un lato l’imponibilità delle plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di fabbricati posseduti o costruiti da meno di cinque anni, dall’altro la tassazione delle plusvalenze conseguite grazie alla cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In quest’ultimo caso, il presupposto perché l’operazione sia considerata imponibile è la semplice destinazione edificatoria attribuita ai terreni in sede di pianificazione urbanistica, indipendentemente dall’esistenza o meno di un’attività di carattere speculativo.
Una conclusione che collima con la definizione normativa di area fabbricabile, intesa come superficie "utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo".
Resta infine da sottolineare che, trattandosi di area edificabile, è possibile procedere alla sua rivalutazione applicando l’imposta sostitutiva del 4 per cento sul valore periziato, a patto che la redazione e il giuramento della perizia e il versamento della prima o unica rata del tributo avvengano entro il 31 ottobre prossimo.
Laura Mingioni – Fisco Oggi