Dal canto suo, l’ufficio finanziario, che riceve l’istanza di rimborso, non si limita a calcolare l’esatta somma da restituire sulla base delle errate ritenute operate a monte dal sostituto d’imposta, bensì si muove in un contesto più generale, andando a riliquidare il reddito complessivo di ciascun anno in cui le ritenute sono state effettuate in misura superiore a quella prevista dalle norme.
Questo precisa la risoluzione n. 93/E del 24 settembre, questa la procedura alla quale dovranno uniformarsi gli uffici dell’Agenzia.
Una puntualizzazione che arriva, sotto forma di consulenza giuridica, in soccorso di una direzione regionale che ha chiesto chiarimenti in relazione alle modalità di calcolo delle somme da restituire. La questione, in particolare, si riferisce alle prestazioni pensionistiche periodiche rese dai fondi integrativi di previdenza, nel caso specifico dall’Inps, maturate fino al 31 dicembre 2000, che "costituiscono reddito per l’87,5 per cento dell’ammontare lordo corrisposto" (articolo 52, comma 1, lettera d), del Tuir). Pertanto, il reddito originariamente dichiarato deve essere opportunamente ridotto della quota di pensione "detassata", quel 12,5%, e l’imposta, naturalmente, rideterminata.
Stabilito il perdurare del diritto a riavere quanto versato in più e il metodo di calcolo della somma in questione, il percorso argomentativo della risoluzione si sposta sui termini, temporali e formali, entro i quali esercitare tale diritto. Nel documento si legge, infatti, che, nel caso in cui il contribuente non abbia effettuato la correzione a suo favore entro il termine (articolo 2, comma 8-bis, Dpr 322/1998) per presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta successivo, può inoltrate un’istanza di rimborso, attenendosi alla tempistica prevista dall’articolo 38 del Dpr 602/1973, vale a dire 48 mesi dalla data del versamento o da quella in cui è stata operata la ritenuta, nell’ipotesi si tratti di importi soggetti appunto a ritenuta.
La via del rimborso è percorribile anche quando non esiste alcuna dichiarazione perché il pensionato rientra in uno dei casi di esonero dall’adempimento elencati nell’articolo 1, comma 4, del Dpr 600/1973. Pertanto, il diritto al recupero dell’indebito è sganciato dall’avvenuta presentazione della dichiarazione. In tale ipotesi, il termine di 48 mesi decorre a partire da quello previsto per il saldo delle imposte relative all’anno nel corso del quale è stata operata la maggiore ritenuta.
Né i "vizi" letterali dell’istanza possono pregiudicare il buon fine della vicenda. Questo poiché il Fisco non perde di vista la buona fede del contribuente, in queste ipotesi spesso ignaro e, anzi, è tenuto a informarlo "di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito …" (articolo 6, comma 2, legge 212/2000).