Per il bonus investimenti un recupero di forma. E di sostanza

L’articolo 62, comma 1, lettera a), della legge 289/2002, che impone la presentazione di un modello per la richiesta del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate con effetti retroattivi sulla spettanza del bonus, non è illegittimo perché contrario allo Statuto del contribuente. E’ partita da qui la Ctr di Firenze per risolvere la "partita" in favore delle tesi erariali.

Un atteggiamento, quello dei giudici fiorentini, diverso da quello tenuto, più di una volta, dalle Commissioni tributarie che, saltando a piè pari l’esame delle ragioni sostanziali del recupero del bonus, hanno dato ragione ai contribuenti per motivi esclusivamente formali (cfr, la Ctr della Campania, sezione 17, sentenza n. 163/2007). 

Il processo
Il recupero del credito d’imposta spettante per il 2001, per gli investimenti effettuati nelle aree svantaggiate, era scaturito dal fatto che una società non aveva presentato l’apposita istanza entro i termini perentori previsti dall’articolo 62 della legge 289/2002 (vale a dire, entro il 28/2/2003).
Nell’atto notificato, inoltre, veniva specificato che l’importo del credito esposto non era in ogni caso congruo, non essendo state detratte dal valore dell’investimento netto le quote di ammortamento effettive e figurative.

La società aveva eccepito nei motivi di ricorso che:

all’ufficio era inibito il potere di accertamento in virtù della presentazione della domanda di condono tombale
la previsione della presentazione di una comunicazione per la spettanza del credito con effetti retroattivi si poneva in contrasto con lo Statuto del contribuente
i contratti di leasing contestati dall’Agenzia erano relativi non a beni d’investimento, ma a "mobilia e arredamento" e, quindi, le relative quote di ammortamento non andavano decurtate dagli acquisti per la determinazione del valore dell’investimento netto realizzato.
La Commissione provinciale aveva accolto il ricorso ritenendo, con decisione assorbente la questione di merito, da una parte, che lo Statuto del contribuente fosse prevalente sul mancato rispetto del termine per la presentazione della comunicazione e che, quindi, il legislatore non potesse imporre ai contribuenti, per la spettanza del credito, un adempimento con effetti retroattivi e, dall’altra, che il condono tombale inibisse qualsiasi potere di accertamento.

L’Agenzia appellava la sentenza sia sul piano formale delle questioni preliminari, sia su quello sostanziale dell’errata quantificazione del credito; la società resisteva chiedendo, in via principale, la conferma della sentenza impugnata e, in subordine, la legittimità del recupero solo per la somma derivante dalla rideterminazione del valore dell’investimento netto fatto nell’atto di recupero.

La motivazione
La Ctr ha accolto l’appello dell’Amministrazione su tutti gli aspetti, pronunciandosi anche sulla questione di merito, la quale avrebbe potuto essere tralasciata in base alla risoluzione delle questioni preliminari.
Infatti, dal punto di vista sostanziale, essi hanno osservato che i beni oggetto di locazione finanziaria (rappresentati da "armadi, scrivanie, comodini, sedie, comò, portavaligie, tavolini bistrot, piatti girevoli per tv, mobili minibar e testate per letti matrimoniali"), per una società che ha come attività la "gestione di hotel", vanno ricondotti alla categoria dei beni strumentali e non, come ritenuto dalla controparte, a quella di "mobili o macchine ordinarie d’ufficio".

Sulla questione principale dell’illegittimità dell’articolo 62 della legge 289/2002 rispetto all’articolo 3, comma 2, dello Statuto del contribuente ("le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dall’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti"), in pieno ossequio a quanto affermato dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 180/2007 (vedi "Bonus investimenti, il modello Cvs supera l’esame" di Mauro Farina in FISCOoggi dell’ 8/10/2007), i giudici hanno osservato che "le esigenze di assicurare una corretta applicazione delle disposizioni in materia di agevolazioni per gli investimenti nonché di favorire la prevenzione di comportamenti elusivi sono risultati un’effettiva causa giustificatrice costituzionalmente non sanzionabile".

Infine, sempre in aderenza dell’orientamento della Consulta (ordinanza n. 340/2005), il collegio ha rilevato che "il condono non rende incontestabili i crediti vantati dai contribuenti con la conseguenza che le agenzie fiscali mantengono integre le proprie possibilità di contestazione e difesa con riguardo alle richieste di rimborso".

Considerazioni
La sentenza appare molto interessante, in primo luogo, per la questione dei rapporti tra una legge tributaria ordinaria e lo Statuto del contribuente.
Infatti, se è vero che per l’interpretazione della Consulta, adottata nel caso in esame, l’articolo 62 della legge 289/2002 risulta prevalente dal punto di vista costituzionale rispetto alle disposizioni dello Statuto del contribuente, va anche osservato che la stessa Corte costituzionale ha addirittura evidenziato, con l’ordinanza n. 41 del 27/2/2008, che le norme dello Statuto, avendo valore di legge ordinaria, possono essere abrogate implicitamente da una legge ordinaria successiva di interpretazione autentica (rectius, usando gli stessi termini della Consulta, "il comma 2 dell’art. 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti dei contribuenti), secondo cui -l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica- … può essere abrogato da … una valida norma di interpretazione autentica, ancorché priva di una espressa autoqualificazione in tal senso").

Va rilevato, tuttavia, come quest’ultima ordinanza abbia generato forti critiche in quella parte della dottrina che ritiene lo Statuto del contribuente una legge di rango superiore rispetto alle leggi tributarie ordinarie.

In secondo luogo, come già anticipato, si ispira alla linea seguita dalla Consulta anche la decisione dei giudici fiorentini sul legittimo esercizio del potere di accertamento della spettanza dei crediti in presenza di condono tombale.
A tal proposito, va evidenziato che l’interpretazione dei giudici costituzionali ha trovato piena adesione anche in seno alla giurisprudenza di legittimità.
Infatti, sia la Cassazione penale (sentenza 21491/2006) sia quella civile (sentenza 25240/2007) hanno ritenuto che "il condono non influisce di per sé sull’ammontare delle somme chieste a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all’erario di accogliere tali richieste, allorché la pretesa al rimborso sia riscontrata fondata; non impedisce l’accertamento dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti" (così, la citata sentenza n. 25240/2007).

Paolo Napolitano – Fisco Oggi

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