La cessione di un appartamento da parte di cittadini italiani residenti all’estero, intervenuta entro il quinquennio dall’acquisto, produce plusvalenza imponibile, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir. La circostanza che i proprietari risiedano all’estero, infatti, non consente di considerare l’immobile posseduto in Italia abitazione principale, salvo che non sia stato adibito a dimora abituale dei familiari.
È quanto emerge dalla risoluzione n. 136/E dell’8 aprile.
La questione sottoposta all’esame dell’Agenzia riguarda due contribuenti residenti all’estero, i quali ritengono che non debba essere tassata la plusvalenza derivante dalla cessione di un appartamento intervenuta prima che siano passati cinque anni dall’acquisto, in quanto l’immobile è stato acquisito usufruendo del regime agevolato per la prima casa (articolo 1, tariffa, Dpr 131/1986).
I tecnici delle Entrate, in via preliminare, evidenziano che nel caso in esame si applicano le disposizioni concernenti la tassazione delle plusvalenze, alla stregua delle quali risulta irrilevante l’aver o meno usufruito, in relazione al bene che si cede, dei benefici "prima casa". Ai fini in questione, rileva invece la circostanza che l’immobile sia qualificabile come abitazione principale. In base all’articolo 67, comma 1, lettera b, del Tuir, vanno infatti assoggettate a Irpef le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, salvo che non si tratti di immobili che, per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto (o costruzione) e cessione, sono stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari; in tale evenienza, l’eventuale plusvalenza non va tassata.
La nozione di abitazione principale va desunta dall’articolo 10, comma 3-bis, del Tuir, che – al fine di stabilire per quali immobili spetta la deduzione dal reddito complessivo di un importo pari all’ammontare della rendita catastale – definisce tale "quella nella quale la persona fisica, che la possiede, a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente". Inoltre, l’articolo 15, comma 1, lettera b) – per stabilire la detrazione d’imposta spettante sugli interessi passivi relativi ai mutui per l’acquisto dell’abitazione principale – considera tale "quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente".
Per familiari, poi, devono intendersi il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado (articolo 5, ultimo comma, del Tuir).
Sulla base di tali considerazioni, la risoluzione 136/2008 chiarisce che, nel caso rappresentato, l’appartamento non può considerarsi abitazione principale, dal momento che il cedente, iscritto all’Aire e permanentemente residente all’estero, non può avere la dimora abituale in detto immobile. Né risulta che il bene sia stato adibito ad abitazione principale di un familiare.
Ne consegue che la plusvalenza derivante dalla vendita dell’immobile, che per la maggior parte del periodo compreso tra l’acquisto e la cessione non è stato adibito ad abitazione principale del proprietario o dei familiari, va assoggettata a Irpef.
La cessione intervenuta nel quinquennio dall’acquisto agevolato, inoltre, comporta la perdita dei benefici previsti per la prima casa in materia di imposte indirette (Iva o registro, ipotecarie e catastali), a meno che i cedenti non provvedano ad acquistarne un’altra.
Paola Cigliano – Fisco Oggi