Il chiarimento è arrivato con la risoluzione n. 106/E del 13 ottobre.
L’intervento dell’Agenzia delle Entrate fa seguito a una querelle sorta fra una Spa e un notaio suo cliente, con quest’ultimo uscito vittorioso da un contenzioso civile da lui stesso promosso. Il disaccordo fra le parti è continuato dal momento che la società, quale sostituto d’imposta, ha applicato la ritenuta d’acconto sull’intero importo liquidato in sentenza dal giudice a favore del professionista e, cioè, sia sulla somma disposta a titolo di "mancati guadagni professionali" sia sulla parte relativa alle spese processuali (spese, diritti e onorari).
Se nessun dubbio v’era a proposito dell’assoggettamento a ritenuta della parte relativa al risarcimento del danno vero e proprio, da inquadrare come reddito di lavoro autonomo (per l’articolo 6 del Tuir "I proventi conseguiti in sostituzione di redditi … e le indennità conseguite, anche … a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi … costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti"), la risoluzione ha attratto nello stesso anche il rimborso delle spese processuali. Un’attrazione diretta conseguenza dell’inerenza all’attività professionale – e, quindi, della deducibilità – delle stesse. Deducibilità a cui, per simmetria, non può che corrispondere tassabilità.
E se il notaio non aveva effettivamente dedotto a suo tempo le spese processuali sostenute? La risoluzione dà risposta anche ciò, indicando nella dichiarazione integrativa o nell’istanza di rimborso le strade per il recupero della maggiore imposta versata.