Il contribuente non può imputare un componente negativo di reddito a un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come “di competenza”.
E’ questo il principio espresso dalla Suprema corte con la sentenza n. 23987, depositata il 24 settembre 2008.
Nel ricorso in Cassazione, il contribuente, soccombente sia in primo sia in secondo grado, lamentava come la mancanza del requisito della competenza non legittimasse il recupero effettuato dall’ufficio, dal momento che le spese “incriminate” erano state effettivamente sostenute. In più si era trattato di un mero errore temporale.
La normativa
Il comma 1 dell’articolo 109 del Tuir (che sancisce il principio della competenza temporale dei componenti positivi e negativi di reddito) dispone che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, tranne nel caso in cui sia lo stesso legislatore a disporre diversamente.
La norma prevede, sostanzialmente, che (per i soggetti esercenti attività d’impresa) le componenti reddituali concorrono alla formazione del reddito nel periodo d’imposta in cui si verificano i presupposti di fatto e di diritto cui si ricollegano, a prescindere dal momento in cui avviene il relativo pagamento, che costituisce mero evento finanziario senza alcuna rilevanza reddituale.
Il principio di competenza temporale viene mutuato dalla disciplina civilistica e, in particolare, dall’articolo 2423-bis, punto 3), del codice civile, in base al quale, ai fini della redazione del bilancio, si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento.
Ciò significa che i costi, in quanto remunerazione di fattori produttivi, sono di competenza del periodo nel quale i medesimi fattori della produzione sono utilizzati per conseguire i ricavi di vendita dei prodotti e dei servizi, indipendentemente dalla loro “relativa manifestazione numeraria”.
Pertanto, nell’ipotesi di vendita di beni con pagamento differito nel tempo, il corrispettivo costituirà ricavo per il venditore e costo per l’acquirente nell’esercizio in cui è avvenuta l’operazione economica; non in quello in cui interviene l’evento finanziario dell’incasso o del pagamento.
Giova, inoltre, evidenziare che l’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione 52/1998, ha precisato che il principio di competenza deve essere inteso nel senso che i costi seguono i ricavi e non viceversa (principio di correlazione costi/ricavi).
In altre parole, una volta stabilito l’esercizio di competenza dei ricavi, i costi relativi sono deducibili nello stesso esercizio, anche se sostenuti in esercizi precedenti.
Occorre precisare, altresì, che il legislatore fiscale (il quale per ovvi motivi di prudenza fissa limiti più rigidi rispetto alla disciplina civilistica) ha stabilito che i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui non sia ancora certa l’esistenza nell’esercizio di competenza (cioè, nel caso in cui non si sia ancora realizzato il presupposto di fatto – ad esempio, l’ultimazione della prestazione – o di diritto -ad esempio, la stipula dell’atto – che ai fini fiscali danno rilevanza alla componente reddituale), ovvero di cui non sia determinabile in modo obiettivo l’ammontare, concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni, ossia nell’esercizio in cui tali componenti positivi e negativi saranno certi nell’an e nel quantum.
In sostanza, se i componenti (negativi e positivi) sono “incerti”, questi assumono rilevanza fiscale nell’esercizio in cui si verifica la certezza e l’obiettiva determinabilità.
La sentenza
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso presentato dal contribuente, affermando che, in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito, dettate in via generale dall’articolo 109, primo comma del Tuir, sono tassative e inderogabili, non essendo consentita al contribuente la scelta del periodo d’imposta in cui sarebbe più vantaggioso operare la deducibilità del costo, in quanto, se così fosse, si snaturerebbe la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta, invece, criterio inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa.
Francesca La Face – Fisco Oggi