Studi di Settore: Importanza fondamentale del contraddittorio

Nuova mappa dettagliata alle strutture dell’Agenzia che gestiscono il contenzioso tributario relativo agli accertamenti basati sugli studi di settore. Le indicazioni, che arrivano con la circolare n. 19/E del 14 aprile, mettono in primo piano la centralità del contraddittorio con il contribuente, anche alla luce di quattro sentenze del 2009 delle sezioni unite della Cassazione (nn. 26635, 26636, 26637 e 26638), che confermano sostanzialmente l’orientamento dell’Agenzia già espresso in precedenti documenti di prassi (in particolare, nella circolare n. 5/2008).
In tutte le pronunce della Corte viene rilevato che solo dopo l’avvio della fase di “dialogo” è possibile legittimare l’accertamento derivante dalla verifica di uno scostamento della dichiarazione del contribuente dai valori “standard” elaborati dallo studio, in relazione all’attività svolta dal dichiarante.
In questa fase endoprocedimentale preliminare, si sottolinea nelle sentenze di legittimità, “i segnali emergenti dallo studio di settore (o dai parametri) devono essere "corretti", in contraddittorio con il contribuente, in modo da "fotografare" la specifica realtà economica della singola impresa la cui dichiarazione dell’ammontare dei ricavi abbia dimostrato una significativa "incoerenza" con la "normale redditività" delle imprese omogenee considerate nello studio di settore applicato”. Tutto ciò, nel rispetto del principio del giusto procedimento amministrativo.

Controversie pendenti, la parte del leone al contraddittorio

Tanto premesso, in caso di mancata attivazione del contraddittorio, gli avvisi d’accertamento relativi agli studi di settore risulteranno “viziati”, pertanto gli uffici dell’Agenzia abbandoneranno tutti i relativi contenziosi “sospesi”. Al contrario, dove si sia cercato il confronto con il contribuente e questo lo abbia rifiutato, si può andare avanti con la pretesa tributaria, sempre che la stessa sia giudicata sostenibile. È soltanto la prima delle istruzioni fornite con la circolare, ma è quella propedeutica a tutte le altre.

Dal “confronto” obbligatorio agli effetti sulla motivazione

L’omessa indicazione delle ragioni per cui non sono stati presi in considerazione gli elementi addotti dal contribuente a prova dell’inapplicabilità dello studio di settore alla propria realtà economica, non inficia la validità della motivazione dell’atto di accertamento, a condizione che le stesse ragioni siano esplicitate dall’ufficio in sede di contraddittorio e scritte nel relativo verbale consegnato al contribuente. È, infatti, sempre il dialogo a prevalere e a confermare il principio di cooperazione tra le parti stabilito dallo Statuto (legge 212/2000).
Nel caso in cui il contribuente invitato al contraddittorio non risponda affatto, la motivazione dell’atto di accertamento potrà basarsi solo sull’applicazione dello studio di settore, con riferimento allo standard applicato. La “reticenza” nell’affrontare il confronto con l’Amministrazione è, infatti, sintomo di presenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (articolo 39, comma 1, lettera d) del Dpr 600/1973 e articolo 54 del Dpr 633/1972), come ribadisce la Cassazione.

… e sull’onere della prova

Tra Fisco e contribuente, la dimostrazione delle rispettive tesi è equamente ripartita. In particolare, considerato che, in sede di contraddittorio, il contribuente può ribaltare le presunzioni semplici avanzate dall’Agenzia attraverso l’applicazione degli studi di settore (o i parametri), utilizzando tutti gli elementi in suo possesso, è naturale, in questo caso, che l’onere della prova sia a suo carico.
Da parte sua, l’Amministrazione finanziaria, è tenuta a dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento.
 
Fonte: Paola Pullella Lucano da nuovofiscooggi.it
 
 

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