Studio super tecnologico: il titolare paga l’IRAP

Il professionista che impiega beni strumentali sofisticati e tecnologicamente avanzati e che utilizza prestazioni fornite da terzi diventa soggetto passivo ai fini dell’imposta sul reddito delle attività produttive: lo ha sancito la Corte di cassazione con l’ordinanza 5320 del 3 aprile, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria.

Il fatto
A fronte dell’istanza di rimborso presentata per il recupero dell’Irap versata da un libero professionista, l’Agenzia delle Entrate rispondeva con diniego.
Il successivo ricorso del contribuente era accolto sia in sede di primo grado sia in appello: la Commissione tributaria regionale, in particolare, affermava il diritto del professionista alla restituzione dell’imposta versata, giustificando insussistente il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

L’Agenzia delle Entrate, a sua volta, si rivolgeva alla Cassazione contro la decisione dei giudici di merito, fondando il ricorso su due motivi.
Con il primo motivo l’ufficio denunciava violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 del Dlgs 446/1997, avendo i giudici di secondo grado negato che l’attività professionale del contribuente presentasse i requisiti dell’autonoma organizzazione, sebbene venisse svolta con l’utilizzo di macchinari sofisticati e tecnologicamente avanzati avvalendosi, altresì, di prestazioni fornite da terzi, a fronte delle quali il contribuente corrispondeva compensi in misura rilevante.

Con il secondo motivo lamentava il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione in merito al punto decisivo della controversia, ossia, la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione: a tale scopo, i giudici della Ctr non avrebbero dato conto dei rilievi posti a fondamento dell’appello circa il rilevante valore dei beni ammortizzabili utilizzati dal professionista, regolarmente dichiarati, e il cospicuo ammontare dei compensi relativi ai servizi esternalizzati.

I giudici della Corte suprema, giudicando fondati i motivi di ricorso, hanno cassato la sentenza impugnata rinviando la causa alla Commissione tributaria regionale competente in diversa composizione ai fini del riesame.

La decisione
Con la pronuncia in commento, la Corte di cassazione torna a esprimersi in tema di assoggettabilità all’Irap del reddito prodotto dagli esercenti arti e professioni, chiarendo ulteriormente il concetto di "autonoma organizzazione" dell’attività professionale posto alla base della debenza dell’imposta.
Come enunciato dall’articolo 2 del Dlgs 446/1997, il presupposto impositivo è costituito dall’esercizio "abituale di una attività diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi".
La Corte costituzionale, con la sentenza 165 del 2001, ha precisato che costituisce materia imponibile "il valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale"; se ne deduce, pertanto, che è il requisito dell’autonoma organizzazione a determinare l’assoggettamento impositivo del plus di ricchezza prodotto dall’esercizio dell’attività d’impresa o professionale.

Ma, se da un lato l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione di attività d’impresa, lo stesso non può dirsi con riferimento all’attività professionale, perché in tal caso è pur sempre ipotizzabile un’attività esercitata in assenza di un’autonoma organizzazione, il che renderebbe non applicabile l’imposta.
In mancanza di specifiche disposizioni normative, l’accertamento di tale condizione costituisce questione di fatto da verificare caso per caso da parte del giudice di merito e il suo giudizio "è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato".

La Corte suprema, riprendendo l’interpretazione costituzionalmente fornita con la sentenza 165/2001, ha più volte ribadito che, in tema di Irap "l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce presupposto dell’imposta soltanto quando si tratti di attività autonomamente organizzata" (cfr sentenze nn. 3672/2007, 12108/2009, 10240/2010, 21122/2010 e 8556/2011). Peraltro, tale interpretazione è perfettamente in linea con le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 45/2008.

Proseguendo nell’iter logico-giuridico fornito dai giudici di legittimità, il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: "a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che … costituiscono il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui".

In altre parole, sussiste un’autonoma organizzazione quando ricorrono i seguenti presupposti, da valutare caso per caso:

  1. impiego, "in modo non occasionale, di lavoro altrui", da intendersi quale affidamento a terzi di incombenze tipiche dell’attività professionale, normalmente svolte all’interno dello studio
  2. utilizzo di beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, le necessità minime per l’esercizio dell’attività, anche qualora non vengano acquisiti direttamente, ma siano forniti da terzi, a qualunque titolo (così la circolare 45/2008).

L’onere di dar prova dell’assenza delle predette condizioni spetta al contribuente in sede di richiesta di rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta. In altri termini, sul contribuente che agisce per il rimborso ricade l’onere di descrivere l’organizzazione della sua attività e provare l’assenza dei presupposti per l’assoggettamento all’imposta, in coerenza con le scritture contabili tenute e con le dichiarazioni presentate (cfr Cassazione, sentenze nn. 3673, 3676, 3677, 3680 e 5012 del 2007 e 1414/2008).

Alla stregua di tali consolidati principi giurisprudenziali, si può ben affermare che, in caso di esercente arti o professioni, il requisito dell’autonoma organizzazione non si realizza soltanto nell’ipotesi in cui il contribuente si doti di una struttura, formalmente costituita, posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale attraverso l’impiego di personale dipendente o di terzi sulla base di contratti di fornitura.
Infatti, pur in assenza di una formale struttura organizzativa, l’utilizzo di attrezzature di rilevante valore e l’impiego non occasionale di lavoro altrui, anche se non prestate nelle forme del contratto di lavoro dipendente, costituiscono elementi integrativi del requisito dell’autonoma organizzazione (cfr Cassazione, sentenza 10151/2010).

Nel caso in esame erano ravvisabili entrambi gli elementi, derivandone la legittima assoggettabilità del reddito professionale all’Irap. Infatti, l’utilizzo di beni sofisticati e tecnologicamente avanzati e l’esistenza di collaboratori terzi, a fronte dei quali il professionista corrispondeva compensi, costituiscono condizioni tali da realizzare un’autonoma organizzazione, secondo l’accezione fornita dalla giurisprudenza di legittimità e dalla stessa Amministrazione finanziaria.

Fonte: Emiliano Marvulli da nuovofiscooggi.it
 
 

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