Una recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze, la n. 8/6/09 del 27 gennaio 2009, ha stabilito importanti principi in materia di (non) spettanza delle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 33, comma 3, della legge 388/2000.
Nel caso in questione, l’ufficio aveva contestato al contribuente la decadenza dall’agevolazione relativa all’acquisto, avvenuto il 23 luglio 2001, di un terreno edificabile inserito in un piano particolareggiato.
Gli step della vicenda
La società richiedeva e applicava le agevolazioni fiscali previste dalla legge 388/2000 (imposta di registro all’1% e imposte ipotecaria e catastale in misura fissa).
Su tale terreno veniva quindi rilasciata dal Comune di Lastra a Signa la concessione edilizia n. 47/2004 per la realizzazione di otto unità immobiliari.
Il 19 gennaio 2005 il terreno in oggetto, prima cioè dello scadere del quinquennio, prima della prevista realizzazione edificatoria e comunque prima di aver costruito un edificio significativo dal punto di vista urbanistico (cioè un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità immobiliari e con copertura completata), veniva ceduto ad altra società.
Peraltro, anche al 23 luglio 2006, cioè al compimento del quinquennio, l’intervento edilizio (da parte del successivo acquirente) non era stato realizzato (il contribuente stesso ammetteva che era stato realizzato solo in parte, nella misura del 65%).
La società opponeva ricorso, sostenendo in particolare che, comunque, la norma di legge non richiedeva che l’utilizzazione edificatoria dovesse essere realizzata dal primo acquirente, potendo invece essere portata a termine anche da un successivo proprietario.
Secondo il contribuente, infatti, la legge non stabiliva la quantità di opere da eseguire per considerare realizzato l’intervento edilizio e, nel caso di specie, non vi era stato un mero, figurativo, inizio dei lavori, ma la realizzazione di un manufatto significativo.
L’ufficio invece sosteneva che la decadenza dalle agevolazioni derivava dal fatto che, contrariarmente all’espresso disposto normativo, l’utilizzazione edificatoria non era avvenuta entro cinque anni dal trasferimento e comunque l’immobile era stato ceduto prima di aver costruito un edificio significativo, almeno dal punto di vista urbanistico.
In sostanza, quindi, l’intervento edilizio era stato concluso nel corso del 2007, dopo più di sei anni e peraltro da contribuente diverso rispetto a quello che aveva usufruito dell’agevolazione fiscale.
La sola cosa certa era dunque che, al trascorerre della condizione richiesta dalla legge (cinque anni), l’intervento edilizio non era stato realizzato.
La base normativa
La disposizione richiamata (articolo 33, comma 3, della legge 388/2000) dispone del resto, chiaramente, che "I trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento".
Che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento rappresenta dunque una condizione (risolutiva) di legge per la concessione del particolare trattamento tributario, come peraltro, è naturale che tale condizione debba essere realizzata non da chiunque, ma da chi ha chiesto l’agevolazione e soprattutto ne usufruisce (non si può infatti ritenere possibile demandare a un terzo l’attuazione o meno della condizione che consente la spettanza dell’agevolazione).
Né i rigidi presupposti normativi per usufruire dell’agevolazione possono essere oggetto di interpretazione estensiva.
Del resto, anche la dottrina più "aperta", a prescindere da se, nel frattempo, sia cambiato o meno il soggetto che ha concretamente edificato, non ha mai messo in dubbio che la decadenza debba comunque intervenire nell’ipotesi in cui, decorsi i cinque anni dal primo acquisto, l’edificazione non sia avvenuta.
Nel caso in esame, dunque, mancava sia il presupposto soggettivo (richiedente l’agevolazione diverso dall’attuatore dell’edificazione), sia, soprattutto, quello oggettivo (edificazione entro i cinque anni).
Se, poi, interpretazione del concetto di compiuta edificazione vi doveva essere, questa doveva essere almeno conforme alle correlate norme di legge, laddove, perché si possa integrare l’ipotesi di utilizzazione edificatoria dell’area, non è sufficiente che i lavori siano stati solo iniziati, ma, come ribadito dall’articolo 2645-bis, comma 6, del codice civile, occorre, invece, che esista (almeno) un edificio significativo dal punto di vista urbanistico, cioè che "sia stato eseguito un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura".
Infine, un’ultima considerazione.
A propria difesa, il ricorrente affermava che, comunque, egli non era tenuto a effettuare alcuna comunicazione sulla mancata utilizzazione edificatoria.
Anche questo, in realtà, non è esatto.
Infatti, se è vero che, a differenza di quanto prescritto, in passato, dall’articolo 6, comma 1, del Dl 1150/1967, convertito con modificazioni, dalla legge 26/1968, non esiste una norma specifica che prescrive all’acquirente di denunciare all’ufficio il fatto dell’avvenuto completamento dell’intervento edilizio, tuttavia esiste l’obbligo di denuncia della mancata o completa edificazione nei termini, quale "evento che dà luogo ad ulteriore liquidazione d’imposta" (articolo 19, Dpr 131/1986).
Tale vincolo sussiste indubbiamente in relazione a quegli eventi che non constano, all’ufficio, da dati in suo possesso.
Di conseguenza, il semplice fatto della mancata edificazione nel quinquennio, non risultando all’ufficio altrimenti che dalla dichiarazione del contribuente, deve costituire oggetto di denuncia ex articolo 19, entro venti giorni dal compimento del quinquennio.
Anche tale obbligo, in questo caso, non era stato rispettato e dunque la relativa mancanza andava sanzionata.
La sentenza
La Commissione tributaria provinciale di Firenze ha accolto in pieno le tesi dell’ufficio, condannando il contribuente anche al pagamento delle spese di giudizio.
I giudici hanno in particolare evidenziato che "le agevolazioni fiscali previste dall’art. 33 della L. 388/200 sono subordinate alla condizione risolutiva che l’utilizzazione edificatoria avvenga entro 5 anni dal trasferimento", e che peraltro era "di oggettiva evidenza che, nel caso di specie, il passaggio di proprietà è avvenuto prima del quinquennio".
La Commissione ha ribadito poi che "è inoltre evidente che, se la legge concede una agevolazione fiscale, questa debba essere usufruita solo da chi la richiede, realizzando la condizione richiesta e cioè la costruzione di un edificio" e ha concluso affermando che "quanto precede, compresa l’affermazione della ricorrente di non essere tenuta a denunciare all’Ufficio la mancata costruzione nel quinquennio, dovuta invece a norma dell’art. 19 del DPR 131/86, conferma la pretestuosità dei motivi del ricorso".
Nuovo Fisco Oggi